Silvio, il gran fustigatore di Filippo Ceccarelli

Silvio, il gran fustigatore Berlusconi striglia i parlamentari azzurri: non mi aiutate Silvio, il gran fustigatore RIMA, solenne e i'ragoroIJ sa lavata di capo di Berlu- sconi ai gruppi parlameli tari di Forza Italia che hanno molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni. Li\ massima colpa dei senatori e deputati «azzurri» - da quel che s'è capito l'in dietro la porta della sala in cui s'e svolto l'incontro - è il loro reiterato comportameli! o da pelandroni e infingardi. A far da miccia per la sfuriata, l'abbondanza di assenze nell'aula di Montecitorio, l'altroieri, per il voto sul prolungamento dell'obbligo scolastico «Abbiamo finito male con il voto sugli italiani all'estero - è partito il Cavaliere - e ieri abbiamo iniziato altrettanto male sulla scuola. Non si può parlare di opposizione dura e poi non essere presenti in aula». Che non si trattasse esattamente di una sollecitazione critica d'inizio stagione, e nemmeno di un ordinario rimprovero, i giornalisti l'hanno capito dal tono della voce berlusconiana che s'impennava, attraversando perfino il legno delle porte della sala. «Io ho passato un'estate che non vi dico, con il pericolo che mi sequestrassero il patrimonio per la storia della mafia, e voi niente. Io sto rischiando la mia libertà, le mie imprese, il mio matrimonio e da questo gruppo non ho ricevuto solidarietà. Nemmeno quando ci sono state le sentenze di condanna» - e qui il pensiero correva alle tiepidissime manifestazioni di luglio dopo il pronunciamento All Iberian, quando in pratica insorse solo Ardara, un Comune di 800 anime in provincia di Nuoro. «I sondaggi - ha continuato Berlusconi - premiano la mia persona, ma poi mi dicono che dovrei chiudervi tutti in una stanza. Io metto il mio tempo, il mio lavoro e il mio denaro a disposizione e pretendo - lo pre-ten-do! - che chi fa parte di questo movimento, e prende anche dei soldi, deve stare qui a fare il me- Silvio stiere dell'eletto dal popolo». Insomma, un'inedita e autentica sgridata nel silenzio dell'uditorio. Nemmeno la classica mosca che volava; un lungo, invisibile e anche un po' fantozziano codone di paglia, semmai, che s'attorcigliava alle sedie rosse della sala nel palazzo dei gruppi quando Berlusconi, ancora piuttosto nervosetto, ha affrontato l'andazzo delle dichiarazioni imprudenti o non concordate: «Basta. Prima di farne occorre sempre valutare se nuociono al movimento o se possono aumentare i consensi». «E' da quando è nata Forza Italia che ci chiamano il partito-azienda. Magari lo fossimo - e a questo punto la romanzina s'è fatta addirittura paradossale - magari funzionassimo come un'azienda». Di qui, probabilmente, il mandato ai direttivi di conteggia¬ atore re, d'ora in poi, le assenze dei parlamentari in vista di provvedimenti esemplari. «A chi è sotto una certa percentuale - è stata la promessa - chiederò io stesso di presentare le dimissioni». Fine della paternale ai gruppi. Occhi bassi e aria mortificata. Nessuno che potesse rispondergli. Né, francamente, il resto del discorso del Cavaliere - con i soliti sondaggi che vanno benissimo, o l'invito a costituire al più presto 117 cori polifonici per cantare l'inno - pare in grado di oscurare l'accusa del fondatore ai suoi parlamentari di essere, come si dice, dei «mangiapane a tradimento». Accuse del genere, c'è da aggiungere, non hanno molti precedenti. Certamente c'è quello di Mussolini, che se la prendeva con i «panciafichisti»; forse ogni tanto Craxi (che però poi al dunque se ne fregava); una volta De Mita si prese il lusso di esternare la sua «nausea» nei confronti dell'oligarchia democristiana (che tuttavia gliela fece passare, la nausea, di lì a qualche tempo togliendogli la poltrona). Più in qua nel tempo, è certo che Bossi maltratta spesso e volentieri i suoi: fa parte del suo stile di comando, forse è venerato (o temuto) anche per questa sua ruvidezza, fatta pesare tuttavia sempre in nome degli ideali. Berlusconi, invece, è l'unico capo che in un certo senso può legittimamente imporre a Forza Italia i propri sfoghi: non solo dal punto di vista dell'impegno, del rischio e del sacrificio personale, ma anche per dire - sul piano dei quattrini (due anni fa gli toccò di ripianare i debiti). Tanto più la leadership è carismatica, tanto più aumenta la distanza dalla dirigenza; tanto più il leader è irritabile, tanto più i dirigenti perdono il loro (indispensabile) decoro. Filippo Ceccarelli «lo rischio la mia libertà, le imprese, il matrimonio, ma non ho solidarietà» Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi

Persone citate: Berlusconi, Bossi, Craxi, De Mita, Mussolini, Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Ardara, Nuoro