E Bertinotti prende tempo di Antonella Rampino

E Bertinotti prende tempo E Bertinotti prende tempo Pressing di D'Alema e Marini durante una cena da Violante ROMA. Un Fausto Bertinotti in atteggiamento interlocutorio, bene attento a non assumere posizioni nette, un Fausto Bertinotti al proprio meglio, sia pure in quella che è già una lunga carriera di trattativista: così è sembrato ieri il segretario politico di Rifondazione. E non solo nel corso di una riunione di segreteria nella quale si doveva discutere la posizione da tenere con il governo, dopo il vertice della maggioranza tenutosi il giorno prima. Bertinotti è sembrato così, anzi di più, è sembrato perfino sfuggente anche a Massimo D'Alema e Franco Marmi, che subito dopo il vertice si sono presi l'incarico di continuare il pressing su Bertinotti a cena, a casa del presidente della Camera Violante. Caro Fausto, hanno detto i due azionisti di maggioranza del governo, non t'illudere che se rompi non succeda nulla, che si possa percorrere la via di una rottura concordata, o quella di un rimpasto di governo. No, se tu ti sfili dalla maggioranza, non faremo con te accordi neppure per l'elezione del capo dello Stato, e tantomeno le elezioni politiche. Niente più desistenza: come dire, ti spunteremo le unghie. In pubblico, con i giornalisti, D'Alema ha affermato di non sentire vento di crisi, «non c'è la condizione oggettiva per una rottura con Rifondazione», sottolineando che tutto si può dire di questa Finanziaria, che è la prima «di spesa» e non solo di tagli, tranne «che non segni un'inversione di tendenza». Ma, nonostante questo, il segretario di Rifondazione continua il proprio attacco. Duplice. Una sfida alla maggioranza, «non credo proprio che le elezioni siano alle viste», ha ribattuto a mezzo agenzia di stampa: una frase dalla quale sarebbe arduo dedurre un segnale di apertura al governo, perché da tempo Bertinotti va ripetendo che «il semestre bianco è già in corso». Ovvero, il segretario di Rifondazione non ritiene plausibile che Scalfaro mandi il paese alle urne alla vigilia dell'inizio del semestre bianco, il momento in cui è tecnicamente impossibUe sciogliere le Camere. E poi, la sfida nel partito, di cui il rapporto con la maggioranza di governo è solo una tappa. Nella riunione di segreteria di ieri, l'at teggiamento di Bertinotti è stato tutto un «così non va, non va proprio, la svolta non c'è», e poi mi «ma vediamo, trattiamo». At teggiamento sostenuto da due Bertinottiani a denominazione controllata, quali Graziella Ma scia e Franco Giordano, mentre gli altri, i colonnelli dell'ala dura, Crippa, Ferrerò e Grassi, spinge vano per la rottura col governo. Da fuori, in quella direzione faceva il proprio pressing anche uno dei due leader della minoranza, Marco Ferrando, il quale continua a mandare a Bertinotti un messaggio che si può riassumere in un «se rompi subito, Fausto, puoi contare sui miei voti al prossimo comitato politico». Ma l'atteggiamento di sfida di Bertinotti è stato raccolto con la consueta durezza da Cossutta: «Mi pare che ci siano state, da parte del governo, indicazioni significative che vanno prese in considerazione», perché «una crisi di governo porterebbe senz'altro al potere una coalizione più a destra dell'attuale, e che certamente non opererebbe a favore delle masse popolari». Un invito palese, per dirla con le parole di Oliviero Diliberto, che però in segreteria ha taciuto, «a trovare una doverosa intesa con il governo». Alla fine, la decisione presa è che Bertinotti scriverà un documento, poi ci sarà, la prossima settimana, una riunione della direzione che lo discuterà. Difficile dire cosa farà davvero Bertinotti. Rifondazione continua ad essere agitata soprattutto dallo scontro interno. Lo stesso Bertinotti ha parlato ieri di «divergenti valutazioni», di «diverse opinioni sulla strategia». Fausto il Rosso non si scopre, né con gli altri segretari della maggioranza, né all'interno del proprio partito. E ir suo atteggiamento potrebbe così essere sia di chi si appresta al gran rifiuto, sia di chi sta per firmare «un accordicchio». Teme quest'ultima eventualità soprattutto il trozkista Marco Ferrando, che sa bene come i suoi voti in sede di assemblea del partito potrebbero essere determinanti. La temono meno i cossuttiani, che continuano a sperare che Fausto non faccia pazzie. Il problema, naturalmente, è squisitamente politico. Il disegno di Bertinotti di spostare l'asse politico del partito è evidentissimo, e si muove anche di piccoli passi ogni giorno. Una volta la destituzione del capo ufficio stampa Gianni Montesano, sospettato di «cossuttianesimo», che Bertinotti stesso ha minimizzato in segreteria, un'altra volta la richiesta di riaprire i termini per ulteriori licenziamenti a Liberazione. Mentre tornano a circolare voci che sia in atto un vero e proprio tentativo di liquidare il quotidiano del partito, o di «spegnerlo» lentamente. E sarebbero, si mormora in Transatlantico, almeno una cinquantina i potenziali «nuovi» candidati di Rifondazione, in caso di elezioni. Antonella Rampino

Luoghi citati: Rifondazione, Roma