La nuova Italia che deluse Croce
La nuova Italia che deluse Croce Sorprendente carteggio con Pannunzio La nuova Italia che deluse Croce Y~\ TORINO E delusioni del Senatore, I | potrebbe intitolarsi un cu! I ri oso libriccino pubblicato 9+1 dal Centro Pannunzio sotto il più prosaico titolo Carteggio Croce - Pannunzio 1945 1952, a cura di Pier Franco Quaglieni, direttore del centro medesimo, e di Luisa Cavallo. Il volumetto raccoglie quattro lettere inedite del filosofo e una quarantina di messaggi del direttore del Mondo, la bibliografia completa della collaborazione di Croce l alla famosa rivista, imo dei suoi articoli, La città del dio ateo, su George Orwell, e un denso saggio di Guglielmo Gallino su Croce educatore. Perché delusioni? Perché questo è il contenuto di fondo delle quattro lettere rh Benedetto Croce che, guardandosi attorno nell'Italia liberata, sembra vedersi in mi mondo estraneo, che invece di ripristinare quello d l antecedente la parentesi fascista dava l'impressione di essere soprattutto un aggiornamento e una ripulitura della società del regime. Insomma il ritorno alla libertà non era riuscito a produrre una trasformazione degli italiani, tanto che il filosofo tende a mostrarsi ritirato e isolato: «Rifuggo ora il pili possmile dalla polemica politica», scrive nella prima di queste lettere, datata Napoli 6 dicembre 1946. Gli dava fastidio innanzi tutto il clima culturale. Nella stessa lettera confidava infatti a Mario Pannunzio, che ''U'epoca dirigeva Risorgi mento liberale, il suo disamore per le correnti in voga: «Circa la letteratura, io non amo la poesia decadente, ermetica, ecc. e la conelativa critica stilistica e simile». E quindi: «Speravo che, restituita la libertà, si sarebbe ripresa in arte la tradizione di Carducci e in critica quella di De Sanctis: ma vedo che le cose non sono andate, e non vanno, così. Pazienza. Protesterò io col ragionamento, con l'esempio e con la satira. Incomberò sol io, per dirla tragicamente con Leopardi». Alche la politica era motivo di dispiacere per il senatore. Nell'aprile de! 1950, invitato da Pannunzio a un convegno sulla Resistenza, così si schermiva: «Io ho difficoltà a unirmi a voialtri per la implicita protesta che volete fare per il nuovo tentativo comunista di confiscare a proprio vantaggio tutto quanto si è compiuto da chiunque di opere generose per l'Italia». Non voleva essere preso in mezzo fra liberali e comunisti. Nella stessa lettera si doleva di essere stato chiamato pretorie da «uno sciocco scrittore comunista», replicando di non aver mai avuto nulla «né del prete e neppure del filosofo solenne». In realtà Croce garantì al Mondo, nato nel 1949, un'assidua collaborazione. Le lettere con cui Pannunzio invocava i suoi articoli starebbero a dimostrare, secondo le pagine di presentazione di Quaglieni, il fondamentale crocianesimo della rivista. In realtà dimostrano soprattutto l'abilità dello stesso Pannunzio a corteggiare Croce e a tenere in bilico la sua barca fra l'onda salveminiana e quella crociana. Al liberismo crociano lo stesso Quaglieni farebbe risalire anche un severissimo e ingeneroso giudizio pronunciato nei confronti di A**, mi intellettuale ex liberale: «ambizioso e vuoto» è la secca etichetta appiccicata da Croce a ernesto ex amico che «abbandono poi il Partito per un viaggio in varie tappe verso il comunismo». Quaglieni ritiene di identificare A*" con Franco Antonicelli, già presidente de! Chi Piemonte. Se fosse cosi, sarebbe una conferma di come le disillusioni avessero indurito il vecchio filo sofo, che di Antonicelli era stato, a Pollone negli Anni Trenta, buon frequentatore [a. p.], Benedetto Croce
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