Casa Ricordi, l'inarrestabile agonia
Casa Ricordi, l'inarrestabile agonia Anche l'amministratore delegato Mimma Guastoni, ultimo punto di riferimento, getta la spugna Casa Ricordi, l'inarrestabile agonia Petrassi: musica senza futuro 0MILANO RMAI sembra essere soltanto questione di tempo e di modi, garbati o bruschi. — Casa Ricordi, il principale editore musicale italiano, acquistato nel 1994 dal Bertelsmann Music Group (Bmg), multinazionale del disco e della tecnologia per la riproduzione del suono, vive il periodo più critico della sua storia, cominciata a Milano nel 1808. Mimma Guastoni lascia l'incarico di amministratore delegato del settore classico e, dal prossimo gennaio, verrà a dirigere e coordinare la programmazione del nuovo Auditorium disegnato a Roma da Renzo Piano, che inizierà a riempirsi di musica dal settembre 1999. Dopo la perdita di Luca Ronconi e Sergio Escobar che, tra avvelenati sorrisi, hanno abbandonato il Teatro Argentina e l'Opera di Roma per guidare il Nuovo Piccolo di Teatro di Milano, la capitale strappa a Milano la persona che è stata l'interlocutore, il costante riferimento per gli oltre cento compositori italiani che Casa Ricordi tutela. Ma il rischio è proprio questo: che la vicenda venga banalizzata come una dispettosa lotta di campanile. Se la Guastoni ha deciso di lasciare, dopo una dedizione che le è costata molte battaglie e qualche bella vittoria, è evidente che nel palazzo di via-Berchet l'aria si era fatta pesante, le frustrazioni frequenti. «L'assenza di una strategia, di una politica di sviluppo culturale era ormai evidente», dice Giorgio Battistelli, dodici opere liriche in catalogo, tra i più rappresentati autori dell'ultima generazione. E aggiunge: «L'abbandono della Guastoni non è un normale avvicendamento, ma un colpo per tutti noi, un'ipoteca nerissima sul futuro». Le opinioni sono univoche: «Una casa editrice deve seminare oggi per raccogliere domani. Penso proprio che Ricordi non lo farà più», commenta Goffredo Petrassi, mentre Luciano Berio, rappresentato da Ricordi per i propri lavori di teatro musicale, non nasconde una profonda preoccupazione. «L'entusiasmo della Guastoni riusciva a superare l'indifferenza di una proprietà distratta. Evidentemente, non aveva più margini», dice Azio Corghi. Per Matteo D'Amico «bisognerà forse cominciare ad usare il passato: Ricordi era una firma, una tradizione, un cappello formale sulla testa dei musicisti. Altri editori così, in Italia, non ne esistono». «Le multinazionali entrate in Italia in campo musicale non sembrano capaci di inventare politiche intellettuali, ma al massimo di imporre una linea che con più o meno successo guarda al profitto immediato», ha scritto Duilio Courir sul numero di settembre di Amadeus. Problema centrato: «Cost saving, more profit» è stato il ritornello di questi anni nei corridoi milanesi della Bmg, mentre la vendita del settore Arti Grafiche seguiva a quella dei negozi, ceduti alla Feltrinelli, e il personale addetto alla discografia scendeva di circa cento unità. Eppure non è bastato: (Abbiamo sempre rispettato i budget che ci erano assegnati», commenta non senza amarezza la Guastoni. Le altre «case» intemazionali che contano - le inglesi Boosey and Hawkes e Faber and Faber, la tedesca Schott, l'austriaca Universal hanno ormai una presenza sul mercato più aggressiva, una forte capacità di promozione e persuasione, un dialogo con le istituzioni musicali che contano di ben altra caratura. Il successo di autori come Alfred Schnittke, John Adams, Tan Dun, il compositore cinese protagonista questi giorni a Settembre Musica, è figlio anche di un editore intelligente. Il tramonto della Ricordi ha alle spalle una programmazione musicale italiana tetragona al nuovo, scelte artistiche raramente coraggiose: l'ultima novità all'Opera di Roma è stato il Gilgamesh di Battiato, sei anni fa, e non è un caso isolato. Fuori dai grandi enti musicali, e non senza difficoltà, un lavoro di documentazione e promozione del nuovo è svolto ancora da Radio-Rai, mentre RaiSat ha iniziato delle produzioni musicali pensate per il mezzo televisivo. La critica gioca a fare il dandy: preferisce parlare per la centesima volta dell'esecuzione delle sinfonie di Beethoven piuttosto che sforzarsi di capire se è oro o princisbecco quello che luccica nelle partiture nuove, e si condanna così ad un ruolo culturale sempre più marginale, autoreferenziale. Da ottobre successore della Guastoni sarà Tino Cerniamo, italiano, 41 anni, una lunga esperienza manageriale alla Walt Disney Video, poi amministratore delegato di Rai-Trade. Dovrà sovraintendere la parte gestionale del gruppo per la musica leggera e il settore classico, che perde così la sua autonomia. Su quali siano le intenzioni dei proprietari, la Guastoni non ha certezze: «Comunque non vedo nessun gruppo italiano interessato ad un eventuale acquisto». Poi, prova a rassicurare i compositori: «Lascio dei dirigenti di grande responsabilità e competenza». All'economia della cultura italiana, il destino dell'editore di Verdi e Puccini non interessa troppo. Bottino troppo misero per ingolosire: 40-60 miliardi di fatturato annuo, rispetto ai 24.000 eh tutto il gruppo Bmg. Dimensioni economiche irrisorie, di cui è difficile far compren¬ dere il valore strategico. Se all'inizio del secolo la Universal avesse ragionato così, oggi Schoenberg, Berg e Webem sarebbero senza editore. Proseguiranno - dicono in via Berchet - le edizioni critiche delle grandi opere liriche del passato, ma chi si occuperà del famoso caveau, colmo di partiture originali, di documenti, cimeli, di una storia centenaria e nostra? Nessuno sarà accusato di nazionalismo se ne pretenderà la tutela scientifica, la disponibilità pubblica. Il destino di Casa Ricordi, se ancora è possibile individuarne uno da viva, non è risolvibile nel rapporto cost-prolit. Sandro Cappelletto Dopo l'acquisto da parte dei tedeschi non si sono realizzate le promesse di rilancio. Con il tramonto dell'editore di Verdi e Puccini, Berio e Corghi, prospettive nere per i nostri giovani compositori Qui accanto Luciano Berio, a destra Mimma Guastoni che lascia la Ricordi per andare a dirigere il nuovo Auditorium di Roma Giulio Ricordi, protagonista della dinastia che ha fatto grande l'opera italiana
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