L' illusione del buon vicinato al tavolo verde di Palestina di Fiamma Nirenstein

L' illusione del buon vicinato al tavolo verde di Palestina Inaugurato l'«Oasis»: roulette, marmi e cristalli, belle ragazze scollacciate, «gorilla» arabi ed ebrei. E Hamas tuona: è la casa di Satana L' illusione del buon vicinato al tavolo verde di Palestina AL CASINO' DI GERICO TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Rosso, nero, pari, dispari e rìen ne va plus. «Oasis», il casinò di Arafat, pardon, della società Casinos Austria, costa quel che costa, ovvero la bellezza di 50 milioni di dollari; ma ce l'ha fatta a incamerare tutti quanti i paradossi del Medio Oriente nel perimetro di un capannone ben ornato di marmi, neon e cristalli scuri. Un bel record. In mezzo alla piana desertica, prima che inizino le palme di Gerico, 400 metri sotto il livello del mare, la notte è bollente; ma l'aria condizionata del locale è americana, sotto il livello della sopportazione umana. I camerieri palestinesi, i numerosissimi uomini della sicurezza, misti palestinesi e israeliani, ex terroristi dell'antica Fatali ed ex 007 del Mossad, belle ragazze molto molto scollate, posteggiatori con bastoni traslucenti che graffiano la notte senza luna, tutti quanti si smascellano dai sorrisi verso il visitatore. Perché tu, tutto suggerisce appena si entra nell'area piatta dell'Oasis, tu, visitatore israeliano, sei il Messiah di Gerico, anzi, dell'Autonomia Palestinese; tu devi strappare agli agenti delle tasse israehani mascherati da clienti che si aggirano tra i 35 tavoli da roulette e black-jack e le varie centinaia di slot-machine, quel mazzo di milioni di dollari che dopo aver ricompensato l'investimento iniziale austriaco daranno all'Autorità Palestinese una percentuale di guadagni del 30% circa del totale ogni anno. L'Autonomia nega. Nega anche che Arafat stesso abbia concluso l'affare durante una visita in Austria, e che il suo uomo al casinò sia il suo personale consigliere economico, Khaled Salaam, che siede anche al tavolo del processo di pace. Ma e chiaro che Arafat e anche il capo della sua polizia, Jibril Rajub, sono due personaggi che sanno bene quanto vale un pezzo di deserto trasformato in paradiso a venti minuti da Gerusalemme, dove la legge la lamio loro. Sanno anche quanto è pronto a pagare il borghese israeliano per poter fingere di vivere in un Paese normale, dove hai dei vicini invece che dei nemici, dove passi in Svizzera invece che in Palestina. Buoni vicini che lo invitano a divertirsi con le cose proibite dai rabbini. Arafat sa anche che la malattia nazionale di Israele è l'ansia e il senso di colpa. Per curarla, niente di meglio che giocare, puntare, vantarsi con le ragazze di aver vinto, vinto qualcosa, qualsiasi cosa. Mentre il croupier palestinese seguita a sorridere fino alle orecchie per farti piacere. Arafat sa che molti israehani, da quando lasciano l'esercito, la notte si rigirano fra le coperte con un senso di infinita preoccupazione, d'ansia, per non dir di paura, di nostalgia per un mondo lontano, già perduto dai loro genitori. E' un grande esorcismo e quindi mi business sicuro il largo sorriso dei palestinesi, tutta questa sicurezza sia pure artificiale in una zona do¬ ve (per esempio, poco più eh un anno fa al Wadi Kelt) sono frequenti gli assassinii di israeliani da parte di Hamas; tutta quella bienne nudità delle fanciulle a due passi dagli uomini di Hamas e dalle loro donne, è una fata morgana degna di essere vissuta fino al mattino. E' anche un colpo di bacchetta magica il semplice potei' tornare alla leggera nella città che 0 trattato di Oslo consegnò per prima ai palestinesi nonostante le pesanti orme del passato ebraico (il grande mito delle mura che caddero al suono del corno di Giosuè)... Durante la serata d'inaugurazione, se l'estraniazione non fosse ancora sufficiente, si serve soltanto sushi, secondo la moda più mo¬ derna di Tel Aviv. Il cronista viene coperto di regalini, fiori giapponesi, penne di mogano, swatch rossi e neri... Alcune stangone austriache sorvegliano i palestinesi che dietro le vetrine cambiano in gettoni gli shekel israehani, e insegnano il mestiere ai croupier ancora incerti. Tanti si sentono come in un film. Le ragazze israeliane siedono sul bordo dei tavoli con le gambe ben hi vista fuori dagli spaccili, un fidanzato butterato che giuoca solo fiches rosa sul nero della roulette ne cinge una per la vita mentre vince. Il leader di Hamas, lo sceicco Yassin, quello che gli israehani misero fuori dalla galera pensando che fosse tanto malato e che si sarebbe ritirato a vita quasi priva ta, ha suonato da Gaza la tomba della vendetta contro il casinò. Ac cartocciata sulla sua sedia a rotelle, tutto biancovestito come i mar tiri, la voce chioccia con cui chiama agh attentati, ha letteralmente detto che «il casinò è la casa di Satana, la casa della feccia e del tradimento, dei degenerati senza leg ge». «Qua - ha aggiunto Hamas essi berranno il sangue dei martiri che non si è ancora seccato e dan zeranno al suono dei lamenti dei prigionieri e dei feriti...». L'augu rio di Hamas arriva come il muggito di un toro infuriato. Bennis Ross, l'inviato america no, mentre gira la roulette dell'Oa sis, passa di notte dalla casa di Ne tanyahu a quella di Arafat, da quella di Arafat a quella di Netan yahu. E' tardi, la notte mediorien tale non si rinfresca. Il Mar Morto è mi posto maledetto, dove si re spira aria e sale, e l'aria è troppo densa. Il casinò è nell'area dei campi profughi di Akbat Jabbar. Di notte non lo si vede. Le indossatrici israeliane che ora ridono contente con qualche uomo d'affari arabo al tavolo dove rìen ne va plus possono immaginarsi di essere a Las Vegas. Fiamma Nirenstein Gli israeliani accorrono a divertirsi con il gioco proibito dai rabbini Un ragazzo davanti a una fila di slot-machines e clienti israeliani e arabi fianco a fianco a un tavolo di jackpot nel nuovo Casinò di Gerico