Blitz della Gendarmerie, Pelli trasferito a Marsiglia di Cesare Martinetti

 Blitz della Gendarmerie, Pelli trasferito a Marsiglia Tiratori scelti appostati sui tetti, quattro auto della polizia, un elicottero militare per il trasporto da Nizza Blitz della Gendarmerie, Pelli trasferito a Marsiglia E dall'ospedale annuncia nuova battaglia contro Vestradizione in Italia NIZZA DAt NOSTRO INVIATO Un paio di tiratori sciiti appostati sui tetti, quattro monumentali motociclisti, due auto con le teste di cuoio del Gigen (il «gruppo di intervento» della Gendarmerie), altre due auto della polizia, l'autista dell'ambulanza col giubbotto antiproiettile e la faccia cattiva. Il fantasma di Licio Gelli se ne va in un risucchio di sirene e di pneumatici che stridono. All'aeroporto di Nizza lo infilano su un elicottero militare, un «Puma SA330». Lo assiste un medico militare. Decolla quasi subito, direzione Marsiglia. Sono le 14,05. Una messinscena per occultare la vera traduzione di Gelli avvenuta un'ora più tardi? Pare di sì. Depistaggio dei giornalisti e cautela per le minacce piovute su Nizza. Comunque sia, alle 17 Didier Durand, procuratore di Nizza, s'è lasciato andare: «Ora mi sento molto più sollevato. Per noi è una storia chiusa». Per il Venerabile Maestro si apre invece un altro capitolo della sua leggenda. Ieri mattina si aspettava un colpo di scena, che accettasse l'estradizione in Italia. E invece il vecchio maestro massone ha fatto sapere di voler ancora combattere: no all'estradizione, no al governo che vuole fargli scontare gli otto anni che gli toccano per il crack dell'Ambrosiano: 1157 miliardi. E forse non per caso, perché in questa storia la scansione delle notizie ha la sua importanza - ieri mattina la Cassazione ha reso pubbliche le motivazioni della condanna. Gelli - si legge nella sentenza che gli è stata recapitata con sollecita cortesia nel «santuario» di villa Wanda (unica persona presente la governante) - ebbe un ruolo di ispiratore e organizzatore delle operazioni che portarono al crack, messe a punto sfruttando la sua carica di capo della P2, «una delle più insidiose organizzazioni affaristiche». Il vecchio Gelli, ha 79 anni, ammalato di cuore e forse non soltanto (si parla di un male all'intestino), con la sua barba bianca, con quell'arrogante ironia che lo ha portato a definirsi ai giudici francesi come un «semplice scrittore stanco e malato», è ora nel reparto detenuti dell'ospedale (pubblico) Santa Margherita di Marsiglia. Più lontano dall'Italia, ma più vicino ad Aix-enProvence, dove si deciderà del suo ritorno. Da detenuto. Della sua numerosa famiglia che volteggia intorno alla sua barella e al suo patrimonio, ieri s'è vista sol¬ tanto Gabriela Vasile, la romena, la compagna che abitava con lui nel residence di Cannes dove Gelli ha trascorso i suoi ultimi giorni da uomo libero. La signora, piccola e bionda, è arrivata quasi schiacciata sul sedile posteriore di una Peugeot guidata da un gendarme. Aveva una borsa di indumenti per lui. Non ha potuto avvicinarlo, s'è voltata di scatto quando l'abbiamo chiamata per nome, non ha detto una parola. Ha seguito con l'aria afflitta la messinscena. Il vecchio «scrittore» Gelli se ne è andato lasciando alla polizia francese i suoi libri e le sue carte su cui si incomincia a favoleggiare. Il de¬ putato di An Gramazio, per esempio, ha ieri rivolto un'interrogazione a Flick e Prodi per sapere se nell'alloggio di Cannes sia stato trova- ' to un curriculum dell'amnùnistratore delegato delle Ferrovie Gian Carlo Cimoli. Se in uno dei faldoni dell'archivio portatile del Venerabile ci fossero «appunti e segnalazioni» sul contenzioso tra imprese e Ferrovie per i lavori della linea ad alta velocità Roma-Napoli. Gramazio vuole che tutti i documenti sequestrati vengano trasmessi al Parlamento. I soliti velenucci che si alzano ogni volta che appare Gelli. Nomi, insinuazioni, sospetti. Quello che si sa è che i francesi hanno sequestrato tutto sospettando contagiati anch'essi dalla patologia gelliana - che anche negli scritti «letterari» del Venerabile si nascondano messaggi e reati. C'è insomma intorno a quel letto d'ospedale - fino a ieri il Pasteur di Nizza, ora il Sainte-Marguerite di Marsiglia - un lavorio incessante. Figli, nuore, nipoti. Avvocati, fran¬ cesi e italiani, un barnum in azione. L'altro giorno s'è scoperto che nel pacchetto di mischia dei difensori c'è anche Vincenzo Mavilla, condannato in aprile a Milano a 16 anni per partecipazione all'«associazione mafiosa 'ndrangheta». Il difensore sedicente «autentico» di Gelli, Michele Gentiloni, ha provveduto a far sapere che «Mavilla non era mai stato legale» del Venerabile. Di qualche parente? «Non lo escludo». Ma lo stesso Gentiloni spalleggiato dall'avvocato nizzardo Maxim Gorra ieri s'è prodotto in un grottesco depistaggio dei giornalisti concluso con un appuntamento al quale non si è mai presentato. Il fronte dei difensori è spaccato: da una parte quelli del Venerabile, dall' altra quelli dei figli che hanno trasmesso un messaggio più bellicoso: «Siamo pronti a bloccare il suo rientro in Italia». La tragica farsa di Licio Gelli continua. Cesare Martinetti Interrogazione del deputato Gramazio (An) : il Venerabile coinvolto nel caso-Cimoli? Scontro tra i difensori E spunta Vincenzo Mavilla condannato per 'ndrangheta JlfS L'ambulnnza scortata dalle auto della polizia francese con cui Licio Gelh è stato trasferito all'ospedale Santa Margherita di Marsiglia