Quella voglia di Anni 70 di Raffaella Silipo

Quella voglia di Anni 70 Amarcord tra leader di sinistra: «si stava meglio», «eravamo giovani» Quella voglia di Anni 70 SARA' la nostalgia, sarà l'effetto Battisti. Certo Fabio Fazio non è il solo, di questi tempi, a celebrare l'anima dei caldissimi Anni Settanta. A rimpiangerli, pur nell'austera cornice di un vertice dì maggioranza sulla Finanziaria a Palazzo Chigi, è Fausto Bertinotti, per cui restano una sorta di età dell'oro: «Negli Anni Settanta si stava meglio», dice in toni quasi sognanti. Massimo D'Alema lo riporta sulla terra: «Forse si stava meglio perché tutti noi eravamo molto, molto più giovani...». Formidabili quegli anni, per dirla con Mario Capanna. Anni di pantaloni a zampa d'elefante, capelli lunghi, contestazione giovanile. Massimo D'Alema, classe 1949, è un ventenne serio, preparatissimo e in camera. Già si vede che punta in alto, molto in alto. Figlio di un deputato comunista, si butta a capofitto nella protesta studentesca, alla Nonnaie di Pisa, tra blocchi ferroviari e manifestazioni contro il presidente Usa. Ma mette in fretta la testa a posto e scala i primi gradini della carriera comunista: segretario di sezione, segretario cittadino. Prima che faccia in tempo ad espugnare la federazione pisana, Enrico Berlinguer lo sceglie a 26 anni, come segretario nazionale Fgci. Almi difficili, perché arriva, per il pei, la sberla del movimento del Settantasette. D'Alema però è di pelle dura: sopravvive e viene in- viato a dirigere la Puglia, nave scuola di tanti capi comunisti. Non lo fermerà più nessuno. Più romantici sono i Settanta di Fausto Bertinotti, classe 1940. Picchetti, volantini, scioperi. E quei cortei, che - il leader di Rifondazione ha confessato di recente - ancor lo riempiono di allegria. All'epoca lui è mi giovane padre di trent'anni, sindacalista nella Cgil, area socialista. Cresciuto sul ballatoio di un vecchio edificio di Sesto San Giovanni, grande curiosità intellettuale, letture disordmate e studi mcompleti (sociologia a Trento ma senza lau¬ rea), trapiantato a Torino, diventa segretario responsabile della Cgil piemontese nel 1975. Sono anni di lotte e di Lanicci, di chitarra e ristorantini in collina con i compagni. «E' la Torino della speranza, della rivolta - ricorderà poi -, delle due figure sociali protagoniste in tutto il mondo: lo studente eli massa e l'operaio comune. La nostra lotta aveva una cattedrale: Miraliori». «Manifausto», così è chiamato, perché volentieri affida le sue opinioni al manifesto, è amatissimo dalla base dei consigli di fabbrica, meno dai leader. Di lui, guarda caso, dicono: «E' sempre contro. Non ha mai firmato un contratto in vita sua, perché per lui un contratto è buono solo se la controparte accetta totalmente la piattaforma sindacale». Non sono poi cos'i cambiati, D'Alema e Bertinotti, lo stratega e il combattente, da quegli anni. Anni davvero formidabili, comunque, se ancora gettano le loro potentissime ombre sul presente, creano (o ricreano) legami trasversali, al di là di strategie di governo e voti finanziari. E infatti il piccolo scambio di vedute non ùnpedisce a Bertinotti di «dare uno strappo» a D'Alema al termine della riunione: chissà se in omaggio ai vecchi tempi. Chiamatele, se volete, emozioni. Raffaella Silipo Massimo, allora ventenne scalava i primi gradini della carriera comunista Fausto era un sindacalista trentenne che amava picchetti e cortei

Luoghi citati: Puglia, Sesto San Giovanni, Torino, Trento, Usa