Storie di Città

Storie di Città Storie di Città TANTI cari saluti dal basso Piemonte, in questi luminosissimi giorni del primo autunno, territorio ideale per memorabili safari eno cultural gastronomici. Se avete forza e salute potete inseguire sagre, fiere, festeggiamenti fino alla fine di novembre senza mancare un giorno, trovate mappe e calendari su TorinoSette. Nei fine settimana bisognerebbe correre di qua e di là come matti per non perdersi niente. Il sabato e la domenica però le strade di campagna sono percorse in tutte le direzioni da cortei di auto che portano uno speciale contrassegno; hanno, legato all'antenna della radio o al supporto dello specchietto retrovisore un fiocchetto bianco che sta a significare: «Stiamo andando a festeggiare un matrimonio e faremo una strippata che tu neanche te l'immagini». E' una pia illusione: j cortei vagano ore alla ricerca del ristorante, poi disperati s'intrufolano in un altro matrimonio chiedendo per carità un pezzo di pane e un bicchiere d'acqua. Va di moda fra i giovani festeggiare le nozze in ristoranti introvabili, meglio se è un agriturismo la cui ubicazione è indicata da un solo cartello di 4 centimetri per 3 nascosto da una siepe di more. Consapevoli delle difficoltà che incontreranno gli invitati, gli sposi uniscono all'invito una cartina del luogo che è ingannevolmente semplice perché si limita a disegnare il percorso ignorando tutte le altre strade che disgraziatamente incrociano quella giusta. Tanto quelle non servono e fanno solo confusione. Per venire incontro a quelli che essi ritengono i più gnunu fra gli invitati, lo sposo e i suoi amici il giorno prima attaccano con lo scotch lungo il percorso dei fogli scritti col pennarello: Fabio e Luciana, Anna e Federico, Ivan e Deborah. Ma tanto per cominciare li mettono sulle paline segnaletiche coprendo l'indicazione che sarebbe preziosa per svoltare al momento giusto a chi ha la disgrazia di non essere un invitato; poi in questi giorni si sposano in tanti e quelle paline assomigliano alle bacheche aziendali sulle quali i dipendenti attaccano una foresta di bigliettini: Vendo scarponi da sci come nuovi numero 52, Cerco mongolfiera di seconda mano, Regalo gattini. Davanti a ognuna di queste paline tappezzate di nomi di coppie l'autista dell'auto prima della fila inchioda rischiando un tamponamento, scende, legge pazientemente tutti i biglietti e poi comunica a gesti il risultato alla carovana che si rimette in moto. Domenica scorsa la strada da Saluzzo a Cavour era martellata da grida di dolore: Marco, pensaci bene!, Marco sei sicuro di quello che fai?, Marco pentiti, sei ancora un tempo a tornare indietro! Vorrei porgere i miei più calorosi e sinceri auguri alla ragazza che il 6 settembre ha sposato Marco. Qualcosa mi dice che ne avrà bisogno. Tornando al nostro safari, se fossi capace di farlo intonerei un inno di ringraziamento ai volontari delle prò loco dei paesi delle Langhe, del Roero e del Monferrato che offrono con grazia e civiltà ai visitatori assaggi di vino, formaggi e salumi uno più buono dell'altro. Ditemi, dove li trovate in giro per il mondo dei posti così accoglienti? Il guaio per noi è che sono troppo vicini, troppo a portata di mano; se questi paesi avessero la fortuna di trovarsi sul confine fra Polonia e Lituania correremmo a visitarli per raccontarlo agli amici. Prendiamo la città di Carmagnola; per me era il nome di uno snodo stradale che si coniugava in due modi soltanto per consigliare un percorso: «Conviene passare da Carmagnola» oppure «Non conviene passare da Carmagnola, allunghi un po' la strada ma fai prima». Poi, attirato dalla sagra del peperone, ho scoperto una città affascinante, nei portici, nelle piazze, nelle chiese; attorno a Casa Cavassa hanno restaurato un fregio che rappresen¬ ta in bianco e nero un misterioso corteo medioevale dove è raffigurata una coppia di elefanti dallo sguardo umano che sorreggono sulla schiena una città fortificata. Ripenso al fascino di Carmagnola mentre, seduto in cucina, mi scotto le mani per pelare dieci chili di peperoni al forno. Sono troppo belli, non puoi prenderne meno di una cassetta e se li peli quando sono ancora caldi il lavoro viene meglio: sì, ma le mani sono le mie. Però quando senti al tatto quella polpa spessa, carnosa, morbida e compatta, che sembra seta ti vengono in mente mondi colorati. Il peperone, questo regalo di Cristoforo Colombo, racchiude un intero universo. Per l'esattezza Colombo scoprì il peperoncino a Hispaniola, l'attuale Haiti, e scrisse nel suo diario di bordo alla data del 15 gennaio 1493: «Se ne possono riempire in quella Hispaniola cinquanta caravelle ogni anno». L'ha appena assaggiato e già pensa al carico. E qualcuno ha il coraggio di sostenere che Colombo non era genovese! Hanno fatto bene i carmagnolesi ha puntare tutto sul peperone; hanno invitato 44 artisti figurativi a esercitarsi su questo tema e gli ottimi risultati di questa ricerca si possono ammirare a Palazzo Lomellini; hanno avuto anche la fortuna che fra questi 44 ci fosse Coco Cano, un pittore uruguayano che vive a Carmagnola, il quale ha dipinto un peperone a tempera che è diventato il logo della manifestazione; l'avessero commissionato a uno studio pubblicitario avrebbero speso centinaia di milioni e non sarebbe venuto fuori così bello.

Persone citate: Cavour, Coco Cano, Cristoforo Colombo

Luoghi citati: Carmagnola, Casa Cavassa, Haiti, Lituania, Piemonte, Polonia