Sentinelle del deserto

Sentinelle del deserto I SURICATI DEL KALANARI Sentinelle del deserto Con una ferrea organizzazione sociale CHI si è spinto quest'estate fino all'Africa sudorientale, avrà certo avuto occasione di assistere allo spettacolo. Alle prime luci dell'alba un'agile figurina emerge dalle dune del Kalahari, l'immenso deserto africano che va dalla Provincia del Capo al Botswana, dalla Namibia all'Angola e allo Zaire, per oltre due milioni di chilometri quadrati. E' la silhouette di un piccolo suricato (Suricata suricatta) che si staglia nitida sullo sfondo del cielo. La bestiola se ne sta eretta sulle zampe posteriori. Per sentirsi più saldo sulle zampe, il suricato si appoggia anche sulla coda che fa da terzo piede. Resta immobile. Si muovono soltanto gli occhietti vivacissimi che scrutano attentamente l'orizzonte. Poi altri compagni l'affiancano. Sono ancora insonnoliti, dopo la notte trascorsa nella tana sotterranea. Alcuni rimangono in posizione eretta a far da sentinella, gli altri si dedicano al rito irrinunciabile della mattina. Dapprima una minuziosa toilette personale. Non è che si lavino la faccia. Non c'è né acqua, né saliva da sprecare nel clima arido del Kalahari. Si limitano ad asportare con i denti le particelle di sudiciume e di terriccio che imbrattano la pelliccia. Poi incominciano i convenevoli a base di carezze, di leccate, di «grooming», la classica pulizia reciproca del pelo. E' bello crogiolarsi al sole nelle mattinate invernali, quando la temperatura notturna scende a dieci o più gradi sotto zero. Quindi ci si rilassa con un lungo sbadiglio. E' il segnale della partenza. Via! Ci si muove per la caccia. Si parte in gruppo, ma poi ci si sparpaglia nel territorio, per setacciarlo meglio, centimetro per centimetro. Con tutto ciò non viene mai • meno la coesione del branco. I singoli individui, anche se si trovano a un centinaio di metri l'uno dall'altro, si tengono in contatto tra loro lanciandosi conti¬ nui gridolini di richiamo, che significano pressappoco; «Non vi preoccupate. Sono qui». Il menu è molto vario. I suricati sono carnivori, come vuole la tradizione di famiglia (quella dei viverridi, a cui appartengono anche le manguste). Mangiano voracemente tutto quello che trovano: lucertole, rane, rospi, uova di uccelli, scorpioni e perfino serpenti, al cui veleno sono evidentemente immuni. Ma sono ghiotti soprattutto di lombrichi e di larve d'insetti. Per scovarli scavano il terreno con una perizia davvero sorprendente. Usano a mo' di zappe e di pale le forti unghie delle zampe anteriori. E se con il finissimo olfatto sentono l'odore di una preda particolarmente allettante nascosta sotto terra, scavano con ritmo addirittura frenetico. Nel corso di una mattinata un solo individuo è capace di praticare anche quattrocento buchi nel terreno, spostando una quantità di sabbia pari a cinquanta volte il suo peso corporeo e percor¬ rendo all'incirca un chilometro. Ma l'animaletto, che vive in un mondo ostile, popolato da temibili predatori (sciacalli, iene, leoni, aquile, avvoltoi), combattuto com'è tra la fame e la paura, non riuscirebbe certo a sopravvivere se non si fosse dato una perfetta organizzazione di gruppo, in cui ogni individuo assolve un compito preciso. Fondamentale è il ruolo di sentinella che viene ricoperto a turno da tutti i membri della società. Solo le femmine che hanno appena partorito ne vengono esentate. Ci si rende conto che devono andarsi a rifocillare per rimettersi in forze dopo lo stress del parto e in vista dell'allattamento dei cuccioli. Fare la vedetta è un lavoro decisamente gravoso. Specie d'estate, quando il termometro sale a oltre settanta gradi e un sole cocente arroventa la sabbia. Eppure i fragili suricati, queste deliziose bestioline alte solo una trentina di centimetri, che pesano circa settecento grammi, re¬ sistono stoicamente. E non battono ciglio nemmeno sotto le sferzate dei venti impetuosi o durante le tempeste di sabbia che spesso imperversano sul deserto. Ligi al dovere, se ne stanno impalati per tutto il turno di guardia che dura in media un'ora. La consegna è ferrea. Vietato muoversi fino che non giunge il compagno a dargli il cambio. Non c'è nulla che possa distrarre un suricato mentre è in servizio. Rimane impassibile anche se gli passa sotto il naso un'appetitosa lucertola che sarebbe tanto bello poter acchiappare e mangiare. Ma «noblesse oblige». Fa finta di non vederla. Si limita a lanciare ogni tanto un mugolio, come per dire ai compagni: «Mangiate pure tranquillamente. La situazione è sotto controllo». Ogni tanto però succede che la sentinella lanci l'allarme. Con il suo occhio di lince ha avvistato un'aquila o un avvoltoio quando sono ancora un lontano puntolino nel cielo. Appena si leva nell'aria il suo grido, tutti si precipitano nelle tane sotterranee, che sono parecchie. Perché i furbi animaletti, oltre a scavare una grande tana collettiva, che fa da dormitorio, da sala parto e da nursery, preparano anche un buon numero di tane di emergenza, sparpagliate nel territorio. Così, in caso di allarme, ciascuno trova scampo immediato nella tana più vicina. Saggi anche nelle faccende d'amore, i suricati. I maschi pensano che non valga la pena di accapigliarsi per contendersi le grazie delle femmine. Ciascuno si sceglie una compagna, l'abbraccia con le zampette anteriori e se la tiene ben stretta durante il rapporto. Lei di solito lascia fare, ma se per caso oppone resistenza, lui adotta il sistema in uso tra i viverridi, la morde energicamente alla nuca. E così la bisbetica è domata. Dopo undici settimane, nel segreto della Lana, ha luogo il lieto evento. La femmina partorisce generalmente quattro piccoli. Sono teneri t'agottini di carne con gli occhi ancora chiusi. La madre li allatta, cambiando spesso posizione, perché ciascuno trovi alla sua portata un capezzolo da succhiare. Dopo quattordici giorni i piccoli, precocissimi, sono già in grado di uscire all'aperto e di unirsi agli adulti. E da questo momento diventano il centro dell'interesse generale. Tutti i suricati si fanno in quattro per leccarli, accarezzarli e cospargerli delle loro secrezioni odorose. In questo modo appongono ai piccoli il marchio di famiglia, che rivelerà la loro appartenenza al clan. Incomincia allora per i cuccioli un lungo periodo di apprendistato. Ma, stranamente, non ò la madre che si occupa di loro. Sono altre femmine che fanno da baby sitter e insegnano le tecniche e i segreti della caccia. Ultima curiosità: pur vivendo nel Kalahari, il deserto che nella lingua del Botswana si chiama «la terra della grande sete», i suricati non bevono mai. Si accontentano dei liquidi che ricavano dalle prede. Altro adattamento straordinario di queste creature a uno dei climi più inospitali della Terra. Isabella Lattea Coifmann a% sulle e rori cato ardia nco i e essuna ne, che orso a esta bbia Ogni tanto però succede che la sentinella lanci l'allarme. Con il suo occhio di lince ha avvistato un'aquila o un avvoltoio quando sono ancora un lontano puntolino nel cielo. di sabbia Ritto sulle zampe posterori il suricato di guardia al branco non si muove per nessuna ragione, neanche nel corso di una tempesta di sabbia

Persone citate: Coifmann

Luoghi citati: Angola, Botswana, Zaire