Esami chimici per San Gennaro

Esami chimici per San Gennaro IL MIRACOLO RICORRENTE Esami chimici per San Gennaro Lo scioglimento del sangue in laboratorio LA Chiesa permette alcuni culti di reliquie e manifestazioni di fede in certi miracoli per i valori spirituali a essi collegati, pur non pronunciandosi sulla loro autenticità. E' il caso della liquefazione del sangue di San Gennaro a Napoli: Famiglia Christiana ricordava già una ventina d'anni fa che la Chiesa non ha su quel fenomeno una posizione esplicita. Gennaro, vescovo di Benevento, fu decapitato il 19 settembre del 305. Le ampolle col sangue, all'inizio conservate a parte, furono unite alle ossa del martire - si narra nel quinto secolo. La prima liquefazione documentata risale al 1389: prima d'allora il fenomeno sembra sconosciuto. E' quanto notano sia Rino Cammilleri («San Gennaro», Piemme, 1996) sia il chimico Luigi Garlaschelli dell'Università di Pavia. Una cronaca napoletana del 1382 nomina il santo più volte, ma mai il miracolo e neppure le ampolle. Nulla di strano, dunque, che qualcuno possa dubitare dell'autenticità della reliquia. Per chi non è disposto a credere nei miracoli, il fenomeno misterioso è davvero difficile da accettare, soprattutto nel suo ripetersi. Un coagulo di sangue, purché non disidratato, può essere riportato allo stato fluido con un qualunque attrezzo che rompa meccanicamente il reticolo di fibrina; ma in seguito non si potrà rapprendere una seconda volta, perché il reticolo stesso non ha possibilità naturali di riformarsi. Il ritorno allo stato solido, sorprende dunque ancor più della liquefazione precedente. C'è chi ha pensato a qualcosa capace di fondere alla luce e risolidificarsi al buio: ma la scienza non conosce materiali del genere. Altri immaginano la crescita di microrganismi imprecisati: anch'essa improbabile nel suo andamento periodico, visto che il contenitore è sigillato. Lo stesso argomento esclude la possibilità che nelle ampolle ci sia una sostanza deliquescente, cioè capace di sciogliersi nell'umidità assorbita dall'aria. Ne esistono molti esempi, tra cui il cloruro di calcio (noto a chi vive nelle zone fredde, dove viene usato d'inverno per sghiacciare le strade), ma fra l'altro il prosciugamento successivo, che per evaporazione dell'acqua dovrebbe ridare un solido, può avvenire solo a temperature molto alte. Un po' più sensata sarebbe l'idea che nelle ampolle vi fosse una mistura basso-fondente, cioè solida nel locale fresco dove viene riposta, ma liquida al tepore emanato dalle candele e dalla folla. Niente da fare: il trucco non funzionerebbe in una qualunque stagione dell'anno; ricordiamo che il fenomeno si verifica invece in maggio, settembre e dicembre, quando l'aria dell'ambiente ha temperature molto differenti. Nel 1991 Garlaschelli insieme con altri pubblicò sulla rivista britannica Nature la ricetta d'una miscela cosiddetta tissotropica, che cioè può fluidificarsi quand'è agitata, e risolidificarsi pian piano a riposo. Se nelle ampolle di San Gennaro ci fosse qualcosa del genere, non ci sarebbe da stupirsi nel vederlo liquefarsi quando il reliquiario viene ripetutamente capovolto per controllare se il miracolo è avvenuto; di fatto, nel corso dei secoli ci sono state liquefazioni fuori delle date tradizionali, quando il reliquiario stesso è stato maneggiato per restauri. Spiega il chimico pavese che la ricetta messa a punto da lui e dai suoi colleghi si basa su materiali esponibili a mi alchimista dell'epoca: cloruro ferrico sotto forma d'un minerale rintracciabile presso i vulcani attivi (quindi intorno al Vesuvio), calce o c.enere di legno, pergamena come membrana dializzatrice. Anche uno dei molti pittori che nel Trecento facevano esperimenti per ottenere nuove tinte avrebbe potuto preparare una miscela del genere. L'aver prodotto qualcosa che si comporta in modo analogo alla reliquia non basta tuttavia a dimostrare che abbia davvero la stessa natura. Sul quotidiano Avvenire Mariano Del Preite, responsabile dell'ufficio stampa della curia napoletana, faceva notare in giugno che, a differenza di quanto ci si potrebbe attendere per una miscela tissotropica, la liquefazione è tutt'altro che riproducibile: qualche volta il solido resta tale anche dopo molti giorni di movimento del reliquiario, qualche altra è già fluido all'apertura della cassaforte. Chi ha ragione? Dobbiamo ri¬ conoscere comunque a Garlaschelli il merito di stimolare la ricerca della verità. Se si potessero aprire le ampolle, le analisi chimiche e biologiche indicherebbero chiaramente se davvero vi è contenuto sangue: non si spinse fino a richiedere un in tervento del genere il celebre anatomista Gastone Lambertini; però, in mancanza di quelle analisi, già nel 1964 egli evitava di dare il proprio responso. Vo lendo lasciare intatte le ampol le, si dovrebbe - suggerisce Garlaschelli - fare ricorso a spettrometri moderni, che darebbero un'indicazione più affidabile sulla presenza di emoglobina. Gianni Fochi Scuola Normale di Pisa Il 19 settembre a Napoli si ripete il rito, la scienza ha una spiegazione razionale Il rituale della liquefazione del sangue di San Gennaro, dal quale i napoletani traggono anche indizi sul futuro

Persone citate: Garlaschelli, Gastone Lambertini, Gianni Fochi, Luigi Garlaschelli, Mariano Del Preite, Rino Cammilleri

Luoghi citati: Benevento, Napoli