NELL'ESTASI CON EMILY di Mirella Appiotti

NELL'ESTASI CON EMILY NELL'ESTASI CON EMILY Una vita nuova della Dickinson LA VITA DI EMILY DICKINSON Barbara Lanati Feltrinelli pp. 192 L. 25.000 questa Emily Dickinson. Quella che scrive: «... la spiaggia è più sicura, ma a me piace battermi con il mare - qui dove sono, in acque tranquille, posso contare naufragi amari e sentire i venti che sussurrano, ma il pericolo, lo amo!...». Ha vent'anni, non è ancora «la monaca ribelle», quel «mito» perennemente vestito di bianco (stanchezza di immagini abusate) che passerà un quarto di secolo della sua non lunga vita da invisibile Queen Recluse come la chiamava Samuel Bowles, uno dei suoi non del tutto ipotetici amanti, a discorrere con i rarissimi visitatori attraverso una porta socchiusa nella casa-reggia paterna della raffinata e soffocante Amherst, «piccola Boston» di campagna, debolmente lambita dal trascendentalismo di Emerson quanto impermeabile al libertarismo di Margaret Fuller e William Lloyd mentre Melville ha già concluso la sua caccia alla balena. Quasi del tutto sconosciuta, sino alla morte, «se la l'ama mi appartenesse, non riuscirei a sfuggirle - in caso contrario il giorno più lungo mi sorpasserebbe mentre me ne vado a caccia - e l'approvazione del mio Cane mi abbandonerebbe - dunque - preferisco la mia Condizione scalza», ma già grandissima con la sua poesia, «assertiva, lucida, dura, la cui dizione guard "l" gp, da "altrove"» e che «si dispiega ancora oggi ai nostri occhi come mi reperto misterioso, dissonante rispetto ai tempi cui teoricamente risale, difficilmente avvicinabile. Esattamente come "inawicinabile" fu lei...»: così Barbara Lanati, come tutti i precedenti esegeti di colei che ha reso le parole «lame affilate», quando nel '96 presenta l'ultima edizione dei Silenzi. Ma poi l'indomita dickinsoniana non si arrende all'irraggiungibilità di quello «Scricciolo» che in un solo incontro esaurisce a tal punto i nervi di Thomas Higginson, suo critico-confidente-inadempiente (sino a che lei è di questa terra) da fargli dire: «Sono felice di non viverle vicino...» ed ecco ora, a poca distanza e in certo modo in parallelo con l'imponente lavoro compiuto da Marisa Bulgheroni per tutta l'opera poetica di Emily nel lodatissimo meridiano Mondadori, il frutto di un'immersione appassionata quanto vigile nell'universo della «filatrice dell'inesprimibile» (secondo la perfetta sintesi di Ceronetti ben più calzante di quella di Montale che aveva definito la Dickinson una «Christina Rossetti del New England») tanto che la Vita di Emily Dickinson, ovvero L'alfabeto dell'estasi, viene presentata, e non senza ragione, come una sfida: da parte di una donna di oggi, una studiosa che «pretende» di entrare nel mistero di una più che mai contemporanea compagna di strada perché la ragazza che si chiude «in una silenziosa Circonferenza infuocata» e quotidianamente incrocia i ferri con Dio è in grado di esprimere, come ci suggerisce anche Alessandra Cernii nel suo recente Cercando Emily Dickinson per Archinto, «l'angoscia cosmica che solo l'uomo del nostro tempo, proiettato verso gli spazi, può provare». E non si tratta della rimozione di Emily dal ruolo di «zitella» dell'America puritana, già avvenuta, né di mettere in crisi la sua immagine di «mistica blasfema» così suggestivamente vicina a una santa scomoda come Teresa dAvila. Il «nuovo» di questo saggio-romanzo è nella vitalità, e nella vita che la Lanati ci trasmette muovendosi con estrema delicatezza, tra citazioni, testimonianze, stralci di epistolario, diari che assembla da par suo, dal 1830 al 1886, il tempo terreno concesso alla poetessa, in quell'esiguo angolo di New England formato dalle case dei Dickinson (dove Emily tutt'altro che astrattamente prepara dolci, è così brava a fare il pane da vincere un premio, si occupa del ménage, perfino delle odiate pulizie), e dai loro giardini che l'autoreclusa cura personalmente, fiori, i giacinti, il gelsomino selvatico. E ai quali si affaccia dalla sua stanza al primo piano, dove nascono le sue quasi duemila poesie (365 nel «miracoloso» 1862) e partono, diventando fatti, eventi, gioie o dolori tangibili, legami strettissimi proprio con il mondo ripudiato, le migliaia di lettere, intense, allusive, piene di erotismo (o autoerotismo) agli amici, ai «finti» maestri, agli amori lontani, il reverendo Wadsworth è il primo, il giudice Lord è l'ultimo, e agli amori giusto al di là degli alberi, i più divoranti, un'omosessualità forse dichiarata, forse appena accarezzata, mai comunque ipocritamente velata o negata, che si chiamano Hellen, Kate, soprattutto Susan, irresistibile moglie dell'amato fratello Austin, destinataria dei versi più sfrenati. Sino a che sul palcoscenico della vittoriana Homestead non si comincerà a celebrare il ménage à trois della coppia. «Emily vede e non commenta» ma poi scende in campo, parteggia e appoggia l'«intrusa», proprio quella Mabel Todd che per prima lavorerà e darà alle stampe la sua opera dopo la sua morte. Tanto permissiva? Una donna che «crede nell'amore anche extraconiugale»? 0 una specie di veggente, la «strega» che, mentre invoca «sottraetemi tutto, tranne l'Estasi» punta diritto alla gloria futura? «Quel che è innegabile è che molto accade nella quieta, elegante e composta Amherst...». Mirella Appiotti La poetessa Emily Dickinson LA VITA DI EMILY DICKINSON Barbara Lanati Feltrinelli pp. 192 L. 25.000

Luoghi citati: America, Boston