MAGGIANI VERSO L'EDEN

MAGGIANI VERSO L'EDEN MAGGIANI VERSO L'EDEN «La regina disadorna»: dal porlo di Genova a un atollo del Pacifico, un sacerdote ateo alla ricerca di un posto tanto grande da farci stare Dio HI ha voglia di immergersi in un romanzo di lungo corso, pieno di storie ramificate e di personaggi scolpiti, si faccia sotto. Provvede Maurizio Maggiani con «La regina disadorna», in cui viene fuori tutta la sua voglia di narrare, l'ingordigia nel cogliere ogni occasione o pretesto per mettersi sull'usta, e smemorarsi. La trama, quella che forse gli è venuta in mente la prima volta, sarebbe di per sé abbastanza lineare. Paride è la sua donna Sascia sono quanto di più bello e nobile possa generare, per segrete decantazioni, una qualsiasi comunità. Nel caso, sono due «principi pezzenti» che sembrano passare incorrotti attraverso la povertà e il degrado. Lui, scaricatore di antica schiatta nel porto di Genova, portatore di una inconsapevole dignità; lei cucitrice, ma capace di ingegnarsi sulle proposte che escono dal fondaco di un rigattiere: confeziona bustine di zafferano adulterato restau che escono dal fondaco di un rzafferano adulterato, restaura quadri falsi. Quando passa nei vichi irraggia una placida forza, di sposa e poi di madre, che sembra sostanziarsi alchemicamente di bellezza. A differenza del suo uomo, è capace di riflessione e la passione della vita non le concede illusioni: da quando la madre è stata massacrata, giù al porto, da un elefante imbizzarrito. Sa che in ogni momento può affacciarsi, a lacerare i fondali, una bestia furiosa. E' puramente accidentale che il figlio di questi esseri inusuali, mitemente anarchici, diventi prete. Giacomo è andato in seminario per trovarvi riparo al tempo dell'occupazione tedesca, da una finestra della scuola ha visto morire suo padre partigiano. Resta inspiegabile il perché della sua chiamata. Più del bagaglio dottrinale conta per lui la copia di un Ecce Homo di Antonello da Messina (ritoccata dalla madre) che porta sempre con sé. La stessa immagine dolorosa compariva in un santino tenuto in tasca da Paride. Giacomo sa soltanto che sta cercando un posto abbastanza grande «per farci stare Die», che spieghi forse con la sua incommensurabilità l'apparente noncuranza per le sue creature. E parte come missionario per uno sperduto atollo del Pacifico. Un posto piccolissimo, circondato però da un mare grandissimo. Il figlio di Sascia è un «sacerdote ateo», e prendiamolo per buono sulla parola di Maggiani, senza badare a inverosimiglianze fattuali e svirgolature concettuali. E' infatti la creatura più preziosa nata dal corpo a corpo dell'autore con i propri personaggi, dalla volontà di foggiarli sulla propria taglia, quanto meno di prenderli dalla realtà e immetterli, così incarnati, in un mondo di favola. Preservando la loro malinconia vitale in un contesto ghiribizzoso e perfino allegro. La verità è che Maggiani ha bisogno di costruirsi ogni volta un precario Eden, l'Apuania nativa (vedi «Il coraggio del pettirosso») o la Genova speziata di traffici o la Polinesia, fa lo stesso. Il suo prete, che si risolve a custodire appena un culto sincretistico, è catturato dai pochi nativi felicemente dimenticati da tutti. Si contentano di appagare bisogni elementari. Realizza un capolavoro convincendoli alla costruzione di una strada che non serve a niente, che do¬ vrebbe finire in cima a una montagna da cui la vista spazia sull'oceano. Ma il sogno cade a pezzi quando il governo francese si ricorda dell'isola per i suoi esperimenti nucleari e deporta la popolazione. Giacomo, che alla morte del re polinesiano è stato costretto a sostituirlo sposandone la figlia, torna a Genova. La fanciulla lo segue illibata e devota come in una laica fuga in Egitto. E là si conclude drammaticamente, ai piedi della madre, il suo aggrovigliato destino. La storia ritorna dunque circolarmente a Genova, al suo porto votato al culto indiscusso della Merce, pieno di frastuoni e odori: dopo la vivida parentesi esotica di paesaggi marini e selvosi. Abbiamo incontrato per via figure di sicuro rilievo: la Combattuta, torbida e sapiente regina del meretricio; il Giaguaro, già scorridore di mari e in¬ ventore di una lingua resa trasparente dalla sola inflessione di voce; il rigattiere Trafegun, che si trasforma in Duca quando, ripulito e agghindato, dirige la claque al Carlo Felice; il re di Mcku Iti, bonariamente autoritario e oppresso da presentimenti di sconfitta, la figlia dal canto ammaliante che «sgorgava alla superficie con la grazia perfetta e la forza crudele di una murena che sale dall'abisso». L'autore affida al suo entusia¬ smo digressivo e lenticolare insieme, alla sua lingua colorita, che sa essere precisa ed emozionalmente partecipe, la persuasione che la vita, nonostante tutto, è «grande», che gli uomini, «dopo tante sventure e disastri, sono ancora lì a stupire l'universo». E naturalmente il primo a esserne stupito, a vantaggio del lettore, è Maurizio Maggiani. Lorenzo Mondo La storia circolare del figlio dì due principi pezzeitlL il camallo Ibride e la moglie Sascia, la persuasione che la vita nonostante tutto è grande LA REGINA DISADORNA Maurizio Maggiani Feltrinelli pp. 399. L 30.000 Da domani in libreria Qui sotto, i «t allo scarico de presso una ca porto di Gene di G. B. Costa (Genova; Civii d'Arte Moder Il porto con i è uno degli se del romanzo c Maggiani (a sir in uscita da Fc

Persone citate: Antonello Da Messina, Carlo Felice, Lorenzo Mondo, Maggiani, Maurizio Maggiani, Moder

Luoghi citati: Egitto, Genova