Preso Troia, viceré di Cosa Nostra

Preso Troia, viceré di Cosa Nostra Si nascondeva in una villetta alle porte di Palermo. Sorpreso in camera da letto con la moglie del padrone di casa Preso Troia, viceré di Cosa Nostra Era ospite di una famiglia insospettabile PALERMO. La fuga di Mariano Tullio Troia, già luogotenente di Totò Ri ina, è finita all'alba di ieri in ima casa a schiera, tipica architettura arrangiata di borgata, a Tommaso Natale, frazione a un tiro di schioppo dal suo «regno», il quartiere San Lorenzo di Palermo, perii aria Nord. Sorpreso dall'arresto, molto provato, Mariano Tullio Troia non ha offerto ai poliziotti che lo hanno catturato l'immagine tradizionale del capomafia, duro e deciso. Al contrario, il boss (capelli corti bianchi e una certa pinguedine rispetto alle segnaletiche) ha balbettato frasi dispiaciute, quasi si rammaricasse che per causa sua i coniugi che lo ospitavano siano finiti in carcere. Infatti sono stati arrestati per favoreggiamento Calogero Miceli, fabbro, e la moglie Angela Giammanco. Pare che al momento del blitz Troia fosse in compagnia della domia, nella sua camera da letto. Il marito della donna, Calogero Miceli, riposava invece in una stanza a piano terra. Uno scenario boccaccesco? Per il momento alla polizia nessuno si sbilancia. Le indagini dovranno chiarire se vi sia stato un «triangolo», o se in un disperato, inutile tentativo di evitare l'arresto, Troia abbia chiesto alla donna di salire al primo piano cercando di farsi passare per il padrone di casa. Troia è considerato uomo frugalo, «puparo», saggio e discreto con il compito di svelenire i guasti provocati dalle politiche troppo «interventistiche» dei caporioni più intransigenti. Il suo ritratto si arricchisce di frammenti esemplari: come il l'atto che la figlia dodicenne degli ospiti di Troia si rivolga a lui con l'affettuoso appellativo di «nonno». Troia è stato condotto nei locali del commissariato di San Lorenzo, guidato dal commissario Saverio Montalbano, per le procedure di identificazione di rito. Lì si sono recati anche i sostituti procuratori Gaetano Paci, Nico Gozzo e Vittorio Tercsi, quest'ultimo titolare delle indagini sulla cosca mafiosa del quartiere. Saverio Montalhano, che per ironia della sorte ha lo stesso cognome del personaggio letterario dello scrittore Camilleri, ha un passato di investigatore di primo piano contro la mafia fin dagli Anni 80, quando si distinse nel Trapanese nella risoluzione di molti casi, compreso l'individuazione e l'arresto dei presunti esecutori dell'attentato all'allora magistrato Carlo Palermo. Nella conferenza stampa, che s'è svolta ieri alla presenza del procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli, ò emerso tra l'altro che per sottrarsi alla cattura, Mariano Tullio Troia potrebbe aver utilizzato in passato gli elicotteri del soccorso sanitario dislocati nell'ospedale Corvello di Palermo (il nosocomio è contiguo al territorio sul quale sovrintende Troia) e un motoscafo ancorato nel porticciolo della borgata marinara dell'Arenella. Lo hanno scoperto i militari della sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza impegnati, negli anni scorsi, nella cattura del superlatitan- te di San Lorenzo, seguendo le tracce di un assegno e avvalendosi anche delle rivelazioni di una donna, la compagna del pentito Alberto Lo Cicero. Gli elementi raccolti dalle Fiamme Gialle sulla base di una notizia confidenziale non hanno tuttavia consentito di dare corpo ai sospetti investigativi. Latitante dal marzo del '93, Troia è stato uno dei boss più ricercati e per più lungo tempo dalle forze dell'ordine e se, alla fine, la partita è stata chiusa da parte della polizia, il tutto si deve anche al valido contributo dei carabinieri e della Guardia di Finanza. I finanzieri scoprirono che da un cimicolo attraverso un gruppo di case si sarebbe potuti arrivare al mare, dove ci sarebbe sempre stato un motoscafo pronto per partire in perfetta efficienza. Ma neanche in questo caso si riuscì a stalire con cortezza se il mozzo fosse stato utilizzato dal boss. Furono invece i carabinieri, utilizzando le indicazioni del pentito Lo Cicero, a scoprire che Troia poteva aver trascorso parte della latitanza in Sud Africa. «In Sud Africa si sono trasferiti Pietro Nicoletti, fratello di Mario, reggente della famiglia di Pallavicino (quartiere limitrofo a San Lorenzo) e cugino di Mariano Troia: Nicolstti possiede una piantagione di caffè in società con un certo Morettine, e con loro c'è anche Franco Bonanno. E' probabile che anche i figli di Armando Bonanno (superkiller inghiottito dalla lupara bianca) si possano trasferire in Sud Africa». E dal Sud Africa sembra che Troia fosse rientrato da due anni dopo una lunga permanenza e dopo essersi addirittura anche sposato. Il suo ritorno sarebbe da mettere in relazione con la ricomposizione in corso all'interno di Cosa nostra. «Troia - ha osservato il procuratore aggiimto di Palermo, Guido Lo Forte - è da sempre una figura carismatica e controlla un'area vitale per Cosa nostra: quella di San LorenzoPartanna-Mondello, in mano a una cosca che gestisce le estorsio¬ ni nel mondo imprenditoriale e commerciale del capoluogo siciliano». Troia sarebbe legato al gruppo dei «moderati» guidato dall'ultimo grande latitante, Bernardo Provenzano. Ma la definizione di «moderati», ha osservato il questore di Palermo, Manganelli, è fuorviarne perché, come dimostrano le accuse pesantissime nei suoi confronti, Troia non può certo essere considerato tout court mi «pacifista». Giancarlo Mirane In passato avrebbe usato elicotteri Usi per scappare Durante la latitanza sarebbe stato in Sud Africa '■■ ■' .. '■ - TX. ©LI2W Mariano Tullio Troia ieri tra i poliziotti che lo hanno arrestato A fianco la casa del quartiere San Lorenzo di Palermo in cui si era rifugiato