Fini sfida Prodi: hai la pistola scarica di Guido Tiberga

Fini sfida Prodi: hai la pistola scarica Fini sfida Prodi: hai la pistola scarica «Siete divisi, non farete le riforme a maggioranza » BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO Un momento di imbarazzo, uno solo. Gianfranco Fini, accolto alla Festa dell'Unità dall'ovazione degli ultras di An in trasferta, subisce in silenzio l'attacco di Cesare Salvi. Il capo dei senatori della Quercia vuol fargli dire che il «no» alla proposta di far ripartire le riforme dall'elezione diretta del Presidente è tutta colpa di Berlusconi: «Fini e Casini trattengono il Cavaliere quando le spara troppo grosse - dice -, ma poi finiscono sempre per seguirlo...». La folla che assiste alla tavola rotonda sul futuro delle riforme applaude. Pierferdinando Casim e Leopoldo Elia tacciono. Ma Fini, seduto ai piedi di un enorme simbolo dei ds, para la stoccata e lancia il suo contropiede: «La battaglia della Bicamerale l'abbiamo persa insieme - contrattacca -. Adesso non crediate di poter vincere la guerra dividendo il Polo. Non illudetevi di riaprire la Bicamerale soltanto perché ci offrite l'elezione diretta del Presidente. Non basta più: i compromessi io li accetto quando c'è un'apertura. Altrimenti ritorno ai miei princìpi: elezione diretta del Capo dello Stato con poteri analoghi a quelli del sistema francese...». La «curva» di Alleanza Nazionale riprende coraggio, e Fini lancia il suo contropiede: «Ho già espresso il mio rammarico per il fallimento della Bicamerale - insiste -, e non ho affatto cambiato idea. Ma la politica si fa con il realismo: senza Forza Italia le riforme in Parlamento non si possono fare. E allora, visto che di bicamerali ne sono già affondate tre, bisogna sperimentare una via diversa: l'assemblea costituente...». Le parole di Fini sembrano alzare un muro sul sentiero delle riforme. Il leader di An scarica non soltanto la Bicamerale, ma anche la via dell'articolo 138, «pistola scarica agitata da Prodi». Sulla Costituente, Casini frena: fa l'avvocato di Berlusconi dicendo che l'affermazione sulle «riforme che si possono fare soltanto con il Polo al potere» era «mia battuta». Insiste dicendo che il Cavaliere «sa bene» che le riforme si possono fare insieme. Si becca la sua razione di scherno quando butta lì che «è stata la sinistra» a bloccare la Bicamerale, ma è quando il match finisce sul terreno pesante della giustizia che il gioco si fa duro. I fischi contro Casini che definisce Berlusconi «un perseguitato dalla politica» costringono a mi paio di sospensioni. Si torna a parlare della commissione d'inchiesta su Tangentopoli. L'uomo del Ccd è sommerso dalle proteste. Salvi vede l'avversario in difficoltà e ritenta l'affondo: «Mi stupisce tutto questa urgenza di sapere la verità su Tangentopoli attacca -. Nel '94 eravate al governo, perché non l'avete chiesta allora la commissione? Perché non l'avete chiesta all'inizio di questa legislatura, quando la bicamerale muoveva i primi passi?». Salvi si risponde da solo: «C'è una strana coincidenza temporale - sorride l'urgenza del Polo è nata con il rinvio a giudizio del Cavaliere...». I battimani diventano un'ovazione. Casini tace, ed è Fini a salvare la partita: «Come fa la sinistra a dire che la commissione serve soltanto a salvare Berlusconi quando su questa proposta la maggioranza è divisa?». Fùii veste i panni del moderato: «Se volessi far contenti i miei tifosi - sorride - direi che la sinistra non vuole la commissione perché ha qualcosa da nascondere». In effetti gli applausi arrivano, ma il leader di An li ferma: «Queste cose vanno bene per la propaganda - insiste -. E quando si batte il tasto della propaganda è perché si è in obiettiva difficoltà politica». Sono gli ultimi lampi, poi la partita si incarta nella logica del muro contro muro: tutti in difesa, arroccati sulle proprie posizioni. Un applauso di qua e uno di là, e alla fine il pareggio accontenta tutti. Soprattutto Fini, che giocava in trasferta. Guido Tiberga

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