E il Cavaliere diventa «signor no» di Augusto Minzolini

E il Cavaliere diventa «signor no» E il Cavaliere diventa «signor no» Ma i sondaggi potrebbero essere un autogol CERTO la situazione non è l'esatta fotografia di quella di quattro anni fa. Berlusconi non è isolato e può contare sui non pochi elementi di divisione che minano il campo avverso. Il governo Prodi - per ammissione dello stesso Scalfaro - è tutto tranne che popolare. In più la maggioranza deve fare i conti con l'altro fattore «B», Bertinotti, e la sua tattica delle docce fredde e calde. Ieri, ad esempio, era la volta dell'acqua gelata: tutti, da Prodi a Marini, al capo della minoranza di sinistra di Rifondazione, Ferrando, davano per scontata la «rottura». Non basta. Anche su argomenti delicati come la Commissione d'inchiesta per Tangentopoli, cavallo di battaglia del Polo, l'Ulivo è diviso. E, sempre per enunciare gli argomenti favorevoli al Cavaliere, non bisogna dimenticare che almeno sul «no» alle riforme, Berlusconi può contare su Francesco Cossiga che, pensando al Quirinale (chi non ci pensa in questi mesi?), continua a sbandierare l'ipotesi di un'assemblea Costituente. Fin qui le note buone, ma il fondatore di Forza Italia farebbe bene a non contarci troppo. L'esperienza insegna, infatti, che gli altri, in un modo o nell'altro, un accordo lo trovano. Ad esempio, anche se Bertinotti continua ad agitarsi sul governo, D'Alema non si allarma: «Non c'è nulla di drammatico», come se fosse il custode di un'intesa con il leader di Rifondazione. E anche se questa fosse solo un'illusione, l'altro capo dei neo-comunisti, Armando Cossutta, non esclude di poter dare una mano al governo infischiandosene di Bertinotti. Anzi. «Sarà un'operazione difficile - ripete però...». Stesso discorso si può fare per la Commissione d'inchiesta su Tangentopoli. Con la strategia del «no» su tutto, degli slogan del tipo «le riforme le faremo noi dopo aver vinto le elezioni», Berlusconi rischia di ricompattare il campo avverso. Se fino all'altro ieri D'Alema non era affatto contrario alla Commissione, adesso che Berlusconi ha interrotto ogni dialogo non è più così: «Io quello non lo sopporto più», ripete da qualche giorno il segretario della Quercia. Il «muro contro muro» dal Cavaliere potrebbe far cambiare idea anche alle frange della maggioranza favorevoli alla Commissione. Tra i diniani, infatti, comincia a sorgere qualche dub¬ bio. E lo stesso si può dire dei socialisti di Boselli: se Giovanni Crema tiene la posizione («noi voteremo per la Commissione»), Roberto Viiletti comincia a parlare di un voto di «astensione». Rimane Cossiga, ma Berlusconi è il primo a sapere quanto è volubile l'ex capo dello Sta¬ to: oggi la pensa in un modo, domani in un altro, oggi è a colazione con il Cavaliere, domani è sul palco degli invitati alla Festa dell'Unità. Ecco perché Berlusconi farebbe bene a ripassarsi le cronache di quei primi mesi del '95 per non ripetere gli stessi errori. Gli altri, infat¬ ti, stanno riproponendo la stessa strategia di allora e lui - come allora - riesce solo a contrapporre dei no. Seguito, come nel '95, dai suoi alleati, a cominciare da Fini. C'è la stessa presunzione basata sugli stessi sondaggi, la stessa sottovalutazione degli altri. Se, ad esempio, la maggioranza riuscisse a portare nelle aule parlamentari una sua proposta di elezione diretta del capo dello Stato, Alleanza nazionale si troverebbe in grandi ambasce. Fini continua a dichiarare ai quattro venti che in ogni caso An voterà «no», ma quando sarà chiamato a farlo dovrà rinunciare a quarant'anni di storia del suo partito. Un'operazione difficile, che la scontata diatriba sui poteri del presidente non renderebbe più semplice. Ne sono consapevoli molti dei suoi uomini che non per nulla nutrono qualche dubbio in merito. «Se D'Alema - osserva Domenico Nania - riuscisse a portare una buona proposta di presidenzialismo in aula, sarebbe un grande leader. Se noi voteremo contro anche in quel caso? Vedremo...... «Nessuno - spiega il direttore del Secolo, Gennaro Malgieri - può essere all'opposizione di se stesso: noi da quarant'anni predi¬ chiamo il presidenzialismo. Eppoi, che cosa facciamo se quella proposta passa a maggioranza? Andiamo al referendum con l'Ulivo che sposa il presidenzialismo e noi diciamo no? Ecco perche credo che se la cosa arriverà in Parlamento noi non potremo non appoggiarla». Eh sì, come nel '95 il Cavaliere la fa troppo facile, Quel tirarsi fuori, quel rinunciare ad ogni trattativa, quel rispondere sempre «no» confidando nei sondaggi del momento, non sempre paga. E qualche Cassandra di Forza Italia comincia a criticare l'ottimismo del capo. «Lui ripete in ogni riunione - confida Lucio Colletti - che siamo sopra al 50%. Ma è una fregnaccia dato che oggi non si vota. Né noi possiamo stare fermi in attesa di andare alle urne, mentre gli altri giocano. Invece, lui è sicuro, baldanzoso. Forse ha sniffato sondaggi...». Augusto Minzolini Il leader del Polo Silvio Berlusconi e il segretario del Pds Massimo D'Alema