«Ho visto sparare Scattone e Ferraro»

«Ho visto sparare Scattone e Ferraro» La supertestimone: c'è stato un bagliore, quasi un tonfo. E il ricercatore si è messo le mani nei capelli «Ho visto sparare Scattone e Ferraro» La Alletto: ero nell'aula 6, sono loro i killer di Marta ROMA. Era iniziata bene la giornata nera della difesa di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, i due assistenti accusati di omicidio della studentessa Marta Russo. L'avvocato Vincenzo Siniscalchi aveva chiesto la revoca della custodia cautelare e, dunque, la concessione degli arresti domiciliari nei confronti del suo cliente, Salvatore Ferraro. L'intera difesa si è unita nella richiesta di prendere visione della cassetta relativa alla conversazione fra la supertestimone Gabriella Alletto e il cognato Gino Di Mauro, intercettata dagli inquirenti. L'accusa ha risposto trasmettendo alla Corte un'informativa della Digos da cui risulta che Domenico Condemi, teste della difesa, è indagato per tentato omicidio e «persona legata a clan camorristici e alla 'ndrangheta». La Corte ha recepito il documento e - dopo mezz'ora - annunciato la propria decisione: entrambe le richieste della difesa venivano respinte. «La corte - ha concluso il suo presidente Amato non ravvisa idonei motivi per posticipare l'esame della Alletto». Mancavano pochi minuti all'una, il momento che la difesa aveva con ogni mezzo tentato di ritardare, era giunto. Un pacchetto di fazzoletti di carta fra le mani, Gabriella Alletto prendeva posto per un drammatico interrogatorio culminato con la riconferma delle accuse nei confronti dei due assistenti. Pm Carlo Lasperanza: Signora Alletto aveva intenzione di presentarsi prima dell'appello rivolto dal presidente della Corte? «Sì». Signora Alletto, lei ha parlato di un «lavaggio del cervello» ricevuto in quei giorni. A che cosa si riferiva? «Se andavo in istituto e facevo le prime cose della mattina, veniva il professore Romano e diceva: "Che cosa sono queste cose? Noi non c'entriamo nulla". Oppure telefonava». Signora Alletto, qualcuno l'ha costretta a non parlare? «No. L'ho deciso da sola». Poi, quando ha deciso di parlare, ha detto la verità? «Sì». Le è stato offerto del denaro? «No e non avrei accettato nemmeno 5 lire». Ci può ripetere quanto è accaduto la mattina del 9 maggio? «Dovevo consegnare delle fotocopie alla dottoressa Lipari. Con queste fotocopie andavo per il cor¬ ridoio alla ricerca della dottoressa. L'unico posto dove potevo trovarla era l'aula 6. Sono entrata. Ho notato innanzitutto Francesco Liparota, e mi sono rivolta verso di lui per chiedergli dove era la Lipari. Liparota era a sinistra. Nel girarmi, ho visto Ferraro davanti alla scrivania e Scattone accanto alla finestra, dietro la tendina. In quel momento c'è stato come un bagliore, quasi un tonfo. Un secondo o due dopo, ho visto Ferraro mettersi le mani nei capelli. Tutte e due le mani». Come lo ha visto? «Non aveva la faccia rivolta verso di me e portava i capelli all'indietro, non come li porta ora». Dunque si portava le mani alla nuca? «Sì, si portava le mani alla nuca. Scattone, invece, con la mano sinistra spostava le doghe della tenda e con la destra ritraeva la pistola». C'è stato un rimprovero di Ferraro a Scattone? «Nessuno ha detto nulla. Quasi contemporaneamente è entrata la dottoressa Lipari. C'era il gelo assoluto e nessuno ha parlato». Ha visto la pistola? «Sì, Scattone la ritraeva dalla finestra. Suppongo fosse nera. Di circa 25-30 centimetri. L'ha messa in una borsa sulla scrivania. Scattone è uscito per primo, poi Ferraro con la borsa». Qualcuno ha salutato la Lipari? «Direi Scattone. Ho sentito bisbigliare qualcosa. Poi si è diretto verso la sala cataloghi». Ha visto dove è stata depositata la borsa? «No». Ha visto dove è andato Ferraro? «No». Ha visto Scattone, Ferraro o Liparota nei gionù seguenti? «Scattone non l'ho più visto. Ferraro veniva sporadicamente. Solo con Liparota ho parlato in modo sommario dell'episodio. Dicevamo ì che era una disgrazia gravissima, ma chi si è permesso? Scattone è venuto una volta il 12 giugno, ma non so se interessa...». Certo, dica. «Il !2 giugno, quando fu arrestato il professor Romano, si decise tutti assieme di scrivere una lettera di solidarietà. Liparota voleva assolutamente contattare il fratello per sapere se avrebbe dovuto firmare. Ferraro disse che bisognava vedere se anche la Lipari intendeva firmare il documento. A quel punto Scattone intervenne e disse: me ne occupo io, ha delegato me a mettere la firma». Non ha parlato con nessuno di quanto era accaduto? «Io aspettavo gli eventi. Non ho mai parlato con nessuno, per la riservatezza della cosa, per tutte le conseguenze...». Quali conseguenze? «Per tutte le responsabilità che poi mi sono portata appresso». Pm Italo Ormanni: Non ha sentito il bisogno di confidarsi nemmeno con suo cognato? «Io sono stata nove anni nell'istituto di Filosofia del Diritto e li c'è una forma di indottrinamento. Non è facile vivere in un ambiente cosi. E' un nucleo a sé, un mondo a sé stante. Le persone sono solidali tra loro ma al momento di dare un aiuto si sfalda, si sgretola tutto. Pensavo di ricevere da loro un supporto, almeno marginale. Invece è stata una catastrofe tre- | menda». Era usuale la presenza di Liparota nell'aula 6? «Sarebbe stata usuale se avesse fatto qualcosa. Avrebbe dovuto aprire uno sportello, non stare fermo». Prima del 9 maggio era accaduta una cosa strana... «Sì. Dovevo andare a prendere dei soldi per le piccole spese nella cassaforte. Non riuscivo a infilare la chiave nella toppa. C'erano persone dentro. Poi si è aperta la porta. E' uscito Liparota con due persone, una delle quali avevo visto alcune volte in istituto. Sono andati via e sono rimasta stupita: nessuno si chiude nelle stanze. Tanto più strano perché era la stanza del professor Calcatemi». Luca Petrucci, avvocato di parte civile: La porta dell'aula 6 era chiusa a chiave? «No. Ricordo che nel frattempo che io entravo, era uscito qualcuno, ma non sono riuscita a memorizzare la sua immagine, non so dire neppure se l'osse una persona che conoscevo oppure no». Perché non ha parlato prima? ((Volevo proteggermi, non volevo essere coinvolta. Ma messa alle strette ho dovuto parlare». Flavia Amabile SCATTONE «Era accanto alla finestra, dietro la tendina, nella destra aveva una pistola nera» FERRARO «Era davanti alla scrivania, portava i capelli alì'indietro E si toccò la nuca» LIPAROTA «Soltanto con lui nei giorni seguenti ho parlato in modo sommario del fatto» LIPARI «E' entrata quasi contemporaneamente al delitto. Nell'aula c'era il gelo assoluto» «Non ho parlato prima perché volevo proteggermi, non essere coinvolta in questa storia» Dall'alto Francesco Liparota e Maria Chiara Lipari entrambi presenti nell'aula 6 Dall'alto, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro imputati per la morte di Marta Russo Gabriella Alletto durante la deposizione nella quale ha ricostruito la mattina del 9 maggio

Luoghi citati: Lipari, Roma