La Busi: non me ne vado
La Busi: non me ne vado La Busi: non me ne vado «La mia fabbrica ancora assaltata» ROMA. «Non me ne parli, sono fuori della grazia di Dio. Mi hanno di nuovo invaso lo stabilimento. Io mi trovavo all'estero, appena l'ho saputo sono rientrata di corsa ed ora sono all'aeroporto di Fiumicino e sto cercando di trovare un aereo privato per domattina, per raggiungere Tirana il più presto possibile». Cristina Busi è l'imprenditrice italiana che ha messo su lo stabilimento della Coca Cola a cinque chilometri da Tirana. La nostra conversazione telefonica è continuamente interrotta dalle chiamate che le arrivano dall'Albania, per comunicarle le ultime notizie. «Signora ma lo sa che è pericoloso? - le chiedo -. Ho appena chiamato l'ambasciata d'Italia a Tirana e non sono riuscito a parlare con nessuno: "Sono tutti nascosti", mi ha detto la centralinista». La signora ha un diavolo per capello, ma una grinta da generale in battaglia: «Ah si? - mi fa - E lo credo, con quello che sta succedendo!». Signora Busi, qual è la si¬ tuazione al suo stabilimento? «Sono entrati i contadini, esattamente come l'anno scorso, l'hanno invaso perché non erano stati pagati dal governo, questi delinquenti!». Scusi, quali contadini? «Sono gli ex proprietari della terra su cui sorge lo stabilimento, il governo li ha messi come azionisti nella joint-venture, ma non li ha mai pagati: di fatto sono stati espropriati. Io l'anno scorso, quando la situazione si è calmata, ho cercato di fare qualcosa per loro, ma la verità è che sono stati turlupinati da ogni governo, è chiaro che ora ce l'hanno con noi». Mentre parliamo arriva la telefonata di un certo Luca, la Busi esclama: «Il trìtolo? Per la...» Poi riprendiamo l'intervista. Cos'è successo, hanno minato lo stabilimento? «Hanno tentato di minarlo con il tritolo, i poliziotti sono riusciti ad arrivare in tempo e li hanno disarmati. Evidentemente però sono molto organizzati, e ricominceranno presto. Adesso l'importante è che io riesca ad andare giù il più presto possibile, mi porto dietro i para italiani...». Come i para italiani? «Si, io ho sei ragazzi, dei professionisti, che hanno il brevetto di paracadutisti, il porto d'armi e tutto il resto. Per fortuna prevedendo qualcosa ne avevo mandati giù altri due l'altro giorno, e ora sto cercando di trovarne altri otto da portar giù con me domattina, ma non è mica facile sa?». Ha anche guardie private albanesi? «Sì, abbiamo anche delle guardie albanesi, che controllano soprattutto il perimetro esterno, ma sono armati alla bell'e meglio, poveretti. Certo non possiamo mica contare sulla polizia albanese: è inesistente!». Senta, immagino che lei abbia investito parecchi soldi, ma l'Albania continua a somigUare ad un vulcano in continua eruzione. Ne vale- va la pena? «In che senso, scusi?». Voglio dire, vale la pena di continuare a cercare di fare impresa in Albania? «E dei miei uomini che ne faccio? Li abbandono? Guardi che io ho più di duecento lavoratori nello stabilimento, poi ci sono i trasportatori e l'indotto. In tutto diamo lavoro ad almeno 350 famiglie. Io i miei uomini non li abbandono di certo. Adesso però mi scusi, devo cercare di raggiungerli». [f. sq.] iWÀ - L'imprenditrice Cristina Busi
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