Un giorno di guerra civile a Tirana

Un giorno di guerra civile a Tirana La sommossa dopo l'uccisione del leader democratico Hajdari, un morto tra i manifestanti Un giorno di guerra civile a Tirana Gli uomini di Berisha assaltano il palazzo del governo TIRANA. L'assalto è stato improvviso e repentina la ritirata. Invaso il palazzo di fianco alla piramide che doveva essere il mausoleo di Enver Hoxa e di fronte al Block, che fu il quartiere proibito. Insomma, il cuore di Tirana che vuol dire il cuore del cuore dell'Albania è stato sul punto di scoppiare. Nel palazzo, di un orrendo stile socialismo reale, era riunito il Consiglio dei ministri e gli assalitori in qualche modo volevano vendicare l'assassinio di Azem Hajdari, che era un satrapo del vecchio regime e che da quando Sali Berisha, battuto alle elezioni, era passato all'opposizione, veniva indicato come «il numero due» del partito democratico. Ma forse questa era un'esagerazione, forse lui era soltanto il braccio armato dei democratici, utile per minacciare i soclialisti al governo. Grida, spari, un'infinità di spari, e fiamme. Sembrava che il palazzo, difeso dai soldati della guardia repubblicana, dovesse cadere. A fuoco 0 piano terreno e fuori venivano incendiate le auto del governo, quelle con la targa verde. Dozzine di kalashnikov rovesciavano per le strade di Tirana non soltanto piombo ma anche fantasmi. I manifestanti sparavano e sparavano quelli della guardia repubblicana: morto un manifestante, ucciso dal piombo dei soldati, tuonano i democratici; forse abbattuto da un proiettile vagante, si ribatte. Feriti un ufficiale della guardia e una ragazza di 15 anni. A un passo dal caos, quindi, con la gente in piazza: non le migliaia di persone, poche centinaia. Ma determinate. E oggi ci sono i funerali. Dal balcone della sede del partito VSALI BEcoalizione ccoalizioPRODOTP democratico, Sali Berisha tuonava che i socialisti devono andarsene e primo fra tutti, Fatos Nano, che è a capo del governo. Non dovessero i socialisti ascoltare la supplica, si avrebbe una nuova stagione di violenza per colpa, naturalmente, di chi non vuol rinunciare al potere. «Noi non siamo terroristi, ma Fatos Nano deve dimettersi entro 24 ore, altrimenti se ne assumerà le conseguenze». Poi Berisha ha corretto il tiro e lanciato un appello alla calma. Ma il punto è che per lui non esistono dubbi: ad assassinare il suo pretoriano sono stati coloro che oggi hanno in mano il potere. Cioè i socialisti. E ci sono scontri a Tropoja, che è lassù fra le gole del profondo Nord, non lontano dalla frontiera del Kosovo, e che è la città nella quale è nato Berisha. E a Skutari, roccaforte dei democratici. La gente per strada rovescia i pullman, e un po' ovunque sono ricomparsi i kalashnikov, quelli razziati nei giorni della sommossa di oltre un anno fa e che nessuno si è preoccupato di recuperare. Kavaja, 50 chilometri a Sud-òvest di Tirana, ha sempre considerato amico Berisha e gruppi armati hanno occupato per mezz'ora il comando di polizia. Quando ieri il palazzo del governo, lì al centro di Tirana, ha dato l'impressione di essere sul punto di cadere, gli assalitori hanno rinunciato. E nessuno sa dire che cosa abbia soffocato quello che stava per diventare un rogo: forse un ordine, gettato in mezzo alla mischia dopo essere arri¬ vati a un passo soltanto dal baratro; certo non il ritorno al buon senso. Ma che cosa è successo? Sembra una storia di ordinaria follia collettiva, o un gioco d'azzardo irresponsabile. Il fatto è che sfuggono i veri motivi per i quali qualcuno ha deciso che sia giunto il momento di tentare di incendiare il Paese. «A chi giova tutto questo? E chi c'è dietro?», si chiede Patrizio Ciu, presidente della Fondazione Scanderbeg, che raggruppa molti giovani e che già durante la sommossa dello scorso anno professava la non violenza. E' così che si allunga pure l'ombra della crisi nel Kosovo, il braccio di ferro con i serbi, l'ipotesi che da oltrefrontiera qualcuno abbia deciso di dare una spinta decisiva. 0 una coltellata alla schiena. Perché Hajdari? Perché uccidere quello che, quando vennero spazzati via i comunisti, fu indicato come il leader degli studenti, l'eroe della breve primavera albanese? Un eroe un po' ammaccato, por la verità, uno che, secondo i suoi nemici? rebbe infilato le sue solide mani in affari opachi: narcotraffico, per dire. Un agguato studiato nei dettagli. Hajdari, che era sempre scortato, è stato fatto uscire dalla sedo del partito democratico, un palazzo non finito di tre piani, di fianco al Parlamento e pochi passi dal ministero degli Interni. Qualcuno gli ha telefonato che sua moglie, in attesa del quarto figlio, era stata portata in ospedale. Quando lui è uscito in strada, da un'auto gli hanno sparato con un kalashnikov. Freddato come una guardia del corpo, Besim Cera, che aveva tentato di proteggerlo. A poche decine di metri dal luogo dell'attentato, ieri hanno trovato un mitra e una pistola con silenziatore. E anche questo è un rompicapo, perché, dicono a Tirana, nessuno abbandona le anni dopo un agguato. Ammenoché non voglia lasciare un messaggio. E allora la spiegazione dell'omicidio può essere del tutto differente, si azzarda l'ipotesi della vendetta. Cosi, fra mille ovvie difficoltà, la polizia cerca di ricostruire gli episodi che hanno scandito l'ultimo capitolo della vita di Hajdari. Comproso l'attentato che aveva subito proprio a Tropoja, qualche tempo fa. Lui aveva chiesto protezione ma il capo della polizia aveva risposto picche. E c'era stato uno scontro, sembra soltanto verbale. Ma anche le parole possono essere offese sanguinose. Per questo il primo poliziotto di Tropoja è stato interrogato. Il governo ha lanciato un appello al partito democratico perché blocchi «le persone armate» e ha messo una taglia di 100 mila dollari sugli assassini. Qggi arriverà la prima risposta. Nella notte si è svolto nel palazzo della presidenza a Tirana un incontro politico riservato tra il capo dello Stato Rexhep Meidani, il premier Fatos Nano, l'ambasciatore d'Italia Marcello Spatafora e l'ambasciatrice americana Marisa Lino. Vincenzo Tessandori PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: REXHEP MEIDANI (Partito socialista, Pss) PRIMO MINISTRO: FATOS NANO (Pss) PRESIDENTE DEL PARLAMENTO ALBANESE: SKENDERGJINUSI (capo del partito socialdemocratico) In parlamento la sinistra ha 113 seggi su 155 VICE PRESIDENTE DELL'ASSEMBLEA LEGISLATIVA: NAMIK DOKLE (socialista) LEADER DEL PARTITO DEMOCRATICO: SALI BERISHA (ex capo dello Stato), oggi capo dell'opposizione ALLEANZA PER LO STATO: coalizione che riunisce i S partiti al potere con in testa quello socialista UNIONE DELLA DEMOCRAZIA: coalizione dell'opposizione capeggiata dal partito democratico PRODOTTO NAZIONALE LORDO PER ABITANTE: 670 Dollari Usa PROFUGHI ALBANESI ARRIVATI IN ITALIA NEL 1997: 16.579 di cui hanno richiesto asilo politico 1685 L'ex capo di Stato minaccia «Nano deve andarsene entro 24 ore o peggio per lui» Nella notte gli ambasciatori di Italia e Usa convocati al palazzo presidenziale