E la Comit restò sola di Valeria Sacchi

E la Comit restò sola E la Comit restò sola Le banche crescono, ma non basta MILANO. Con il battesimo del nocciolo duro a tre Bilbao-Ina-Vicentina per la Bnl in via di privatizzazione, officiato dal ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, nasce in Italia un altro superpolo bancario, che si affianca a Imi-San Paolo, Banca Intesa e Unicredito. Quarto a vedere la luce nonostante sia stato il primo, in ordine di tempo, a essere «immaginato». E anzi, col senno di poi, si può affermare che fu proprio la decisione dell'Ina di farsi carico del Banco di Napoli (novembre '96) a mettere in moto quel processo che, nel giro di due anni, ha visto il sistema creditizio del nostro Paese completamente ribaltato. Quattro sono ora i supergruppi ma altri scalpitano per partire e che la febbre sia alta lo dimostra l'offerta avanzata due giorni or sono da quel giocatore «solitario» che è il Monte dei Paschi di Siena alla Agricola Mantovana. E' il segna¬ le che ormai «chi si ferma è perduto». Del resto la «cover story» di Business Week ora in edicola, una lunga carrellata sui guai e sui problemi delle banche europee, afferma che «l'Euro cambierà in modo profondo il sistema bancario europeo» e prevede che, entro dieci anni, sopravviveranno solo una dozzina di mammuth, nei quali saranno compresi gruppi assicurativi come la tedesca Allianz, la svizzera Zurigo e la francese Axa-Uap. E questo non tanto per manie di grandezza ma perché l'Euro, indipendentemente dai salassi asiatici, russi o quant'altro, farà crollare drasticamente i profitti delle banche degli undici Paesi aggregati. Se questa visione è esatta, non solo chi non si è ancora aggregato in Italia dovrà affrettarsi a trovare un polo in cui cacciarsi, ma i quattro big italiani saranno a loro volta costretti a darsi da fare rapidamente, pena l'emarginazione all'interno della grande Europa. E chissà che, se le cose corrono così rapidamente, alla fine non si scopra che hanno avuto ragione coloro, tipo Montepaschi, che hanno camminato piano. Nel senso che, a quel punto, potranno scegliere senza fatica e senza ambascia con chi maritarsi. Gli isolati sono ancora parecchi. Basti pensare alla Comit che, stretta nell'abbraccio della Galassia del Nord, non riesce a diventare polo aggregante. C'è poi la Banca di Roma, pure lei alla ricerca di spalle amiche. Senza dimenticare potenti popolari come la Milano. In un certo senso essere troppo in buona salute non facilita le intese, mentre qualche problemuccio aiuta. Come dimostra la Popolare di Novara che, appena messi i conti in ordine, si è trovata un alleato che scoppia di salute: il Credito Emilia¬ no di Achille Maramotti. I problemi ce li hanno anche i grandi poli, obbligati a non fermarsi mai. Il più veloce è sempre il presidente di Intesa Giovanni Bazoli che, dopo Friuladria, ha già portato dalla sua la potente Cariparma. Ma se il boom di fusioni è una strada obbligata, essere numero uno in Italia non basta, bisogna essere numeri uno in Eurolandia, come conferma ogni giorno il presidente della potente Deutsche Bank, Rolf Breuer, anche lui alle prese con non piccoli grattacapi. Sostiene tuttavia Breuer che, per le vere fusioni, quelle cross border, vale a dire tra giganti di diversi Paesi, il tempo non è ancora maturo. Secondo Breuer la ragione sta nella diffidenza verso io straniero delle banche centrali che, ovunque, di fatto ostacolano questi processi. In Italia, il recente rifiuto del Tesoro ad ammettere in Bnl, insieme all'Ina, il Crédit Suisse First Boston, ne è una piccola dimostrazione. In Francia la dilesa del suolo patrio è all'ordine del giorno e anche la Germania, a dire il vero, non è certo un modello di porte aperte. Bisognerà dunque aspettare il via della Banca centrale europea. Sia come sia il processo di aggregazione (o di «cannibalismo» per dirla come Business Week) è ormai in moto, perfino nella periferica Italia, e non si può arrestare. Poiché esistono ragioni di fondo: il venir meno, con l'Euro, di fonti di reddito, la maggiore volatilità della clientela e la necessità di specializzarsi sempre più. Gli analisti hanno già quantificato il taglio di posti di lavoro conseguente alla costruzione dei mammuth: dai 200 mila al mezzo milione nella sola area europea. Valeria Sacchi

Persone citate: Achille Maramotti, Breuer, Carlo Azeglio Ciampi, Giovanni Bazoli, Rolf Breuer