L'oro di Celli era nei vasi dei fiori

L'oro di Celli era nei vasi dei fiori Arezzo, le ricerche con il metal detector nell'ambito delle indagini sul crack Di Nepi L'oro di Celli era nei vasi dei fiori Perquisizione a Villa Wanda, trovati 170 chili di lingotti AREZZO. Totò Riina nascondeva diamanti e perle sotto il pavimento, Duilio Poggiolini, il re Mida della sanità, riempiva di titoli di Stato i puff del salotto. lido Gelli, invece, aveva scelto alcune grandi fioriere in terracotta nel giardino di «Villa Wanda» per seppellire il suo tesoro, o almeno una parte di quella ricchezza a cui nessuno riesce ancora a dare una proporzione. Sì, nella storia dei segreti dell'ex Venerabile della P2 adesso spuntano anche lingotti d'oro per un peso complessivo di quasi 170 chili e per un valore di circa tre miliardi. Oro puro, raffinatissimo, degno di un caveau da Mille e una notte. I lingotti, del peso di un chilo ciascuno, erano stipati negli ultimi «scrigni» che gli investigatori della Digos di Arezzo e dell'Ucigos di Roma non avevano ancora aperto durante le loro perquisizioni a «Villa Wanda». Dai vasi, sotto il terriccio fertilizzato per gerani, rose e orchidee, è saltata fuori questa sorta di «tesoro di riserva», per usare un termine coniato per l'occasione dai funzionari della polizia spediti a Castiglion Fibocchi dalla procura cu Roma. La perquisizione, che risale a venerdì pomeriggio ed è già la trentacinquesima della serie nella casa di Gelli, è stata ordinata nell'ambito delle indagini sul crack Di Nepi. E' stata un'azione mirata, anche se non è chiaro se lo spunto sia venuto dalla scoperta di nuove carte a Cannes o sulla base di elementi già in mano agli inquirenti. Gli investigatori aretini e romani hanno setacciato da cima a fondo tutta la villa usando metal-detector e altre sofisticate apparecchiature. E' stato così, con il «fiuto elettronico», che si è arrivati alla scoperta dei lingotti, alcuni dei quali erano nascosti anche nelle fioriere sistemate ai piani alti della casa. Ma non è la prima volta che «Villa Wanda» riserva sorprese del genere. In precedenza, da una stanza segreta saltarono fuori libretti bancari per svariate centinaia di milioni. E ancora, in una casa di proprietà del figlio Maurizio furono trovate banconote estere e titoli per circa sette miliardi di lire. Ora è la volta dei lingotti d'o¬ ro, sulla cui provenienza non c'ò la minima traccia. Ovviamente. Del resto, per chi ha i mezzi, procurarsi il metallo prezioso è più facile ad Arezzo che in qualsiasi altra città di ogni continente. E' qui, infatti, che si lavora la maggior parte dell'oro che poi circola nel mondo e in questa attività non mancano certo canali con pagamento «in nero». Inoltre, a differenza dell'argento, con l'importazione dell'oro dall'estero non si configura il reato di contrabbando, bensì «soltanto» quello di frode fiscale. I lingotti sequestrati in quest'ultima perquisizione sono stati trasferiti ieri mattina nel caveau della sede aretina della Banca d'Italia, sotto sequestro. Che cosa rischia l'ex Venera¬ bile con questa nuova scoperta degli investigatori? L'avvocato Guido Dieci, che ha partecipato alla perquisizione, non crede che in questo caso si possa parlare di reato ma al massimo, sempre che ve ne fossero i presupposti, di illecito fiscale perseguibile con una multa salatissima. Il «fascino» che l'oro esercita su Lido Gelli sembra del resto di vecchia data. Già nel 1941, secondo la testimonianza riportata in un libro dal giornalista Gianfranco Piazzesi, l'ex capo della Loggia P2 con altri italiani avrebbe trasportato nel nostro Paese su un treno con le insegne della Croco Rossa 55 tonnellate di lingotti appartenenti al tesorojugoslavo. Alessandro Antico

Luoghi citati: Arezzo, Cannes, Castiglion Fibocchi, Roma