L'America stordita dal rapporto Starr

L'America stordita dal rapporto Starr Contrastanti ma non disastrosi i primi sondaggi a caldo, mentre il Paes< L'America stordita dal rapporto Starr / legali di Clinton: un mare di oscenità afinipolitic WASHINGTON DAL NÒSTRO CORRISPONDENTE E' decisamente un weekend diverso. Davanti al televisore, al barbecue, al parco giochi, alla partita di baseball, milioni di americani sono alle prese con le 44 5 pagine del Rapporto Starr, il devastante atto d'accusa a luci rosse che potrebbe segnare la fine del presidente Bill Clinton. Come gli americani reagiranno alla lettura del rapporto - ai particolari intimi, alla dissacrazione dell'Ufficio ovale, all'immagine del Presidente che ne vien fuori - avrà un peso determinante sulla direzione che prenderà il dibattito alla Camera dei rappresentanti, e dunque sull'esito di tutta questa vicenda. I primi sondaggi pubblicati a 24 ore dalla diffusione del Rapporto Starr sono per forza di cose contrastanti: l'opinione pubblica ha appena cominciato a «digerire» la valanga di materiale accumulato dal procuratore Starr in otto mesi di indagine (ieri tutti i principali quotidiani americani hanno pubblicato il rapporto per intero). Per ora, comunque, la popolarità del Presidente sembra resistere all'urto. E tra oggi e domani, dicono molti analisti politici, sarà già possibile cominciare ad avere un'idea più precisa sul verdetto che gli americani daranno. Ma la Casa Bianca non ha alcuna intenzione di rimanere con le mani in mano in attesa del giudizio popolare. Ieri gli avvocati del Presidente, dopo aver trascorso la notte passando al setaccio centinaia di pagine del Rapporto Starr, sono tornati all'attacco con un secondo contro-documento di 42 pagine - il primo l'avevano diffuso venerdì - denunciando ancora una volta, e questa volta in maniera più specifica, il durissimo j'accuse del procuratore. David Rendali, che guida la difesa del Presidente, ha attaccato il procuratore Starr per aver messo insieme «una massa di dettagli lascivi e del tutto irrilevanti semplicemente allo scopo di danneggiare» Bill Clinton. Ha insistito che non c'è prova di spergiuro, occultamento delle prove, ostruzione di giustizia, abuso d'ufficio - i quattro capi d'accusa elencati da Starr. «E' un'indagine a sfondo sessuale ed è sorprendente quanto poco abbia rivelato». Lo speaker della Camera Newt Gingrich, attento a mostrarsi equilibrato in questa delicatissima vicenda, ha risposto dicendo che «non è possibile dare un giudizio prima che il Presidente abbia potuto rispondere» alle accuse. «Certo, sarebbe stato meglio se ci avesse detto la verità sin dall'inizio, rispar¬ Ss*. Il Presiden miandoci la lettura di tutto questo materiale». Il presidente Clinton non è comparso in pubblico, ma ha fatto sapere di essere tornato al lavoro, di aver parlato con Boris Eltsin. E nel suo consueto discorso radiofonico del sabato ha detto: «E' stata una settimana difficile e stancante, non solo per me ma per tanta altra gente. Adesso dobbiamo rimanere concentrati sulle questioni che siamo stati chiamati a risolvere». Ma come sottolinea Robert Dallek, storico della presidenza, Clinton può cercare di cambiare il tema della discussione, può cercare di tornare al lavoro come se niente fosse «ma non controlla più gli eventi. Ormai il Rapporto Starr è stato consegnato al Congresso. Si è innescata una dinamica sulla quale non ha alcun potere. Saranno gli americani a decidere dove andiamo di qui in poi». Un primo sondaggio Gallup diffuso ieri dalla Cnn indicava che l'indice di approvazione nei confronti di Clinton (riflette il giudizio sul suo operato, non sulla persona) rimane molto alto nono- stante le rivelazioni delle ultime 48 ore: 62 per cento, praticamente identico a quello registrato la settimana scorsa (anzi, due punti percentuali in più). Spiega Dallek: «E' merito dell'economia, l'economia, l'economia». Ma un sondaggio della rete Abc suggerisce invece che il gradimento del suo operato è già in calo - 56 per cento, dieci punti in meno rispetto al mese scorso. E sempre l'Abc sostiene che il 59 per cento degli americani dicono che il Presidente va messo sotto accusa (impeachment) se davvero incoraggiò Monica Lewinsky a mentire (un aumento del 14 per cento rispetto ad agosto). Molti americani appaiono sempre più scettici sulle scuse e le dichiarazioni di pentimento che il Presidente va ripetendo ormai come una litania. Il 48 per cento, dice Newsweek, pensa che le sue «confessioni» siano in realtà «politiche» e tutt'altro che genuine. E secondo la Gallup un terzo degli americani ha deciso che Clinton se ne deve andare, tramite impeachment o dimissioni. Il 58 per cento - una chiara maggioranza - è invece favorevole ad una mozione di censura del Congresso nei confronti del Presidente. Ma William Schneider, politologo dell'American Enterprise Institute e analista della Cnn, invita a non trarre conclusioni troppo rapide da queste prime rilevazioni. «E' troppo presto per raccogliere una tendenza generale. Non abbiamo ancora la risposta. Potrebbe andare in un senso o nell'altro». [a. d. r.] Il Presidente alla radio: è stata una settimana stancante. I repubblicani: «Lui ha il diritto di rispondere»

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