I VERI PECCATI CHE GRIDANO AL CIELO
I VERI PECCATI CHE GRIDANO AL CIELO I VERI PECCATI CHE GRIDANO AL CIELO VERAMENTE nauseabonde non sono le 445 pagine di Kenneth Starr sulle peripezie erotiche del Presidente americano, né i dettagli che frugano famelici i segreti di Bill Clinton e Monica Lewinsky. Neppure il mezzo scelto per disvelare il rapporto è di per sé nauseante: Internet mette mondialmente alla gogna la massima autorità statunitense, ma non erano meno feroci le liste di sospetti e le messe a morte al Colosseo, in Roma antica, o la simulata messa a morte della giovane peccatrice Hester Prynne nella Lettera Scarlatta di Nathaniel Hawthorne, o le più moderne tecniche di messa a morte di una carriera politica, come nel Citizen Kane giudicato colpevole di avventure extraconiugali in Orson Welles. Ben altro è radicalmente nauseabondo: è la complicità eccitata dei giornalisti americani che seguono l'affare Lewinsky e che attendono ebbri il rapporto Starr sul proprio computer; è l'estasi zelante di radio e televisioni; è l'atteggiamento corrivo di uomini politici d'ogni colore, d'ogni provenienza, non solo repubblicani ma anche democratici. L'America si rinchiude in una sua asfissiante prigione fintamente moralizzatrice - abitata da fantasmi del proprio passato puritano, custodita da magistrati integralisti ossessionati dal sesso e dalla vita privata degli uomini politici - e son rare, quasi inesistenti, le voci che nel tifone mantengono un equilibrio, rifiutano di stare al gioco, rammentano che gli Stati Uniti non sono soli nel mondo e sono guardati con apprensione o sprezzo oltre gli Oceani. Sono quasi inudibili le voci che prendono le distanze, che rifiutano l'hybris che sommerge la nazione: l'hybris prepolitica dell'insolenza invidiosa; della smisurata totalizzante Verità, del potere di giudici inquisitori che usano la vita biologico-privata dei governanti come ingrediente novissimo della lotta politica, e che hanno perso ogni senso di responsabilità, delle proporzioni, dell'ironia. Non c'è proporzione tra quel che è accaduto in un'anticamera della Casa Bianca e la simultanea epocale ricaduta della Russia di Eltsin nel neocomunismo, e nelle mani del vecchio Kgb impersonato da Primakov. Non c'è proporzione tra i peccadigli di Clinton e le gole sgozzate dall'integralismo islamico in Algeria o tra un toccamento amoroso e l'ennesimo genocidio dei musulmani in Kosovo, complici europei e americani. Ma nessun giornalista Usa che rifiuti le oscene equiparazioni, che denunci la truffa di queste grottesche Mani Pulite destinate a immobilizzare l'unica e ultima superpotenza mondiale. Nessun giornalista, nessun politico americano che nauseato chieda di smettere - per pietà! - l'immondo rituale d'un Presidente che da giorni batte ininterrottamente il mea culpa, chiede scusa, promette espiazioni, pentimenti. Qualche tempo fa, durante un viaggio in Ruanda, Clinton ebbe la saggezza tardiva di domandare perdono per non aver saputo subito chiamare col suo nome il genocidio dei tutsi dell'estate '94 (quasi un milione di trucidati, in 3 mesi). Durante il genocidio, egli negò l'esistenza d'uno sterminio programmato, perché ancora non erano sufficienti i seicento, poi settecentomila ammazzati. Ma quelle scuse non impressionarono, non si insistette perché venissero reiterate e servissero da lezione nel futuro. Invece per Monica è necessaria una preghiera di contriBarbara Spinelli CONTINUA A PAG. 8 PRIMA COLONNA
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