La Borsa frena Unicredito di Valeria Sacchi
La Borsa frena Unicredito Le Fondazioni rinviano il passaggio al mercato delle quote di partecipazione La Borsa frena Unicredito Per Bnl si studia un «nocciolo a tre» MILANO. Incalzati dalla bufera dei listini e dal ribasso del titolo Credit, alla fine anche le fondazioni azioniste di Unicredito hanno gettato la spugna rinviando la cessione al mercato di quel 18% che si erano impegnate a vendere entro il Duemila, ma che avevano deciso di collocare subito, complice l'allora inarrestabile rialzo del titolo Credit. Lo hanno reso noto la Fondazione Cariverona, la Fondazione Crt e la Fondazione Cassamarca che, dopo l'operazione di aggregazione delle rispettive banche al Credito Italiano, detengono complessivamente il 36% del capitale Credit-Unicredito. Un 18% il cui valore, ai primi di agosto, era stato stimato intorno a 8500-9000 miliardi. Poi è arrivata la crisi russa e quella della presidenza statunitense, il crollo degli ultimi giorni che ha penalizzato soprattutto i titoli bancari, quelli che avevano corso maggiormente (anche ieri il Credit ha perso il 2,87%). Assurdo quindi vendere oggi. Non solo perché si realizzerebbe un controvalore drasticamente ridotto, ma perché il collocamento avrebbe l'effetto di deprimere ulteriormente la quotazione. Recita il comunicato delle tre fondazioni: «Alla luce dell'attuale instabilità dei mercati il preannunciato collocamento di parte delle quote di partecipazione delle fondazioni in Unicredito Italiano è, per il momento, rinviato». Il comunicato informa però che il progetto di aggregazione tra Unicredito e Credito Italiano va avanti e «sarà completato nella prima decade di ottobre, secondo i termini già approvati». Solo per il collocamento, si aspetteranno tempi migliori. Giornata campale anche per il nocciolo duro di Bnl. Il presidente della Popolare Vicentina Gianni Zonin è sceso agguerritissimo a Roma per mettere sul tavolo del Tesoro mille miliardi per il 10% di Bnl e una posizione di «capofila degli azionisti italiani». Per tutto il pomeriggio e fino a sera la trattativa è andata avanti al Tesoro, presente Zonin, i rappresentanti del Bilbao e quelli dell'Ina. E l'impressione è che la discussione andrà avanti anche nel week-end. Non è facile infatti far quadrare il cerchio sulla costruzione del nocciolo duro, mettendo d'accordo le parti in corsa che, del resto, non sono ancora tutte note. Se¬ condo fonti del mercato, il Tesoro starebbe ora trattando l'ipotesi di un «nocciolo a tre» composto da uno straniero: il Bilbao, e due partner italiani: Vicentina e Ina. Al Bilbao verrebbe confermata la quota del 10% mentre i due italiani dovrebbero spartirsi il restante 15%. Oltre alla definizione delle percentuali (che teoricamente dovrebbero vedere Vicentina e Ina in posizione paritetica), i punti più delicati concernono la suddivisione dei poteri nel gruppo degli azionisti di riferimento. Una questione difficile da comporre. La terza operazione della giornata riguarda la Comit che rileverà entro il Duemila il 50% di Genercomit detenuto dalle Generali. Si tratta di una logica razionalizzazione dal momento che, in Genercomit (40 mila miliardi di risparmio gestito), la Comit ha, oltre all'altro 50% del capitale, anche la responsabilità della gestione. E d'altra parte Generali ultimamente si era a sua volta rafforzata nel risparmio gestito acquistando dall'Ifi la Prime. Valeria Sacchi
Persone citate: Gianni Zonin, Zonin
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