Il falso pentito inguaia i giudici di Fabio Albanese

Il falso pentito inguaia i giudici Sono di Messina e Reggio Calabria. Coinvolti dall'esposto di un legale secondo cui il boss non aveva smesso di gestire la cosca Il falso pentito inguaia i giudici In quattro indagati per abuso d'ufficio CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La mattina dopo che la notizia è diventata di dominio pubblico, i magistrati di Messina e Reggio Calabria finiti nel registro degli indagati della procura di Catania non parlano o fanno solo commenti misurati. La gestione del pentito Luigi Sparacio, fatto arrestare dai giudici catanesi dopo le denunce di un penalista messinese, e le conferme arrivate da investigatori e pentiti, coinvolgono il sostituto della Direzione Nazionale Antimafia Giovanni Lembo, in servizio a Messina, il sostituto procuratore Carmelo Marino e, dall'altra parte dello Stretto, il procuratore di Reggio Calabria Antonino Catanese e il suo sostituto Francesco Mollace. Per tutti, l'accusa è di abuso d'ufficio aggravato; un quinto magistrato è stato accusato da pentiti della cosca Sparacio di aver chiesto l'uccisione di un avvocato messinese. Ma su di lui non ci sarebbe allo stato alcun provvedimento. Nell'inchiesta, che rischia di aprire una nuova stagione di conflitti tra le procure di Catania, Messina e Reggio Calabria i cui magistrati da tempo si indagano a vicenda, ci sono anche i nomi di investigatori delle forze dell'ordine. Lembo, Marino e Mollace, già interrogati in gran segreto dai magistrati catanesi, avrebbero responsabilità dirette nella singolare gestione del pentito Sparacio, ritenuto ora un falso pentito che godeva di ogni favore e che continuava a gestire gli affari della cosca a spese dello Stato. L'inchiesta vuole accertare se a Sparacio siano stati concessi «favori particolari». Il procuratore Catanese avrebbe invece la responsabilità del provvedimento di sospensione dell'ordine di custodia cautelare nei confronti di Vincenza Settineri, suocera di Sparacio, una delle persone che il pentito aveva sempre tenuto fuori dalle sue dichiarazioni e che, a pieno titolo, avrebbe invece gestito la cosca. Il giudice Catanese diceva ieri che parlerà solo nelle sedi opportune; il suo avvocato, Giuseppe Amendolia, giura che «non ha mai subito alcuna contestazione, non è mai stato interrogato, non ha mai ricevuto alcun avviso di garanzia». Lembo, dal canto suo, promette: «Quando finirà questo putiferio, si saprà la verità». E il sostituto Marino si spinge ad ipotizzare una strumentalizzazione nell'inchiesta sul delitto Bottali, il medico messinese ucciso a gennaio e la cui vicenda ha innescato il caso Messina con l'arrivo della commissione Antimafia. Marino, che di quell'inchiesta era il titolare, è preoccupato perché già in quei giorni caldi gli erano piovute addosso accuse e polemiche. Ieri mattina, nessuno dei magistrati catanesi titolari dell'inchiesta era in procura. Per loro ha parlato brevemente il capo, Mario Busacca, che chiede di «lasciarci lavora¬ re» e quasi minimizzando avverte: «Di magistrati indagati sono pieni i registri delle procure. Certo, di fronte a un esposto dettagliato come quello dell'avvocato Colonna, l'attenzione da porre è maggiore». In serata, fonti della procura catanese hanno ribadito che sono soli quattro i magistrati indagati e che «alcune posizioni sono più defilate rispetto ad altre». La commissione Antimafia ha già annunciato un suo imminente ritorno a Messina. Nel Palazzo di Giustizia messinese, dove in seguito alle indagini dei commissari Antimafia il procuratore Antonino Zumbo si è dimesso, lunedì al suo posto si insedierà Luigi Croce, che avrà il compito di riportare ordine e prestigio ad una procura finita nell'occhio del ciclone. Il grande accusatore l'avvocato dei pentiti, Ugo Colonna, è sparito dal suo studio di Messina e ha spento il telefonino. Ai suoi colleghi d'ufficio ha dato l'incombenza di dire ai giornalisti che «preferisco non parlare adesso perché voglio far lavorare in serenità i magistrati». Dopo aver consegnato ai giudici di Catania un esposto, Colonna il 22 novembre dello scorso anno si è presentato in procura e ha cominciato a raccontare cosa aveva scoperto o soltanto intuito sui comportamenti di Sparacio. Accuse gravi e precise. Adesso starebbe pensando a lasciare definitivamente Messina. Fabio Albanese Uno degli accusati, Giovanni Lembo «Sono falsità» R&jViV;: A. Giovanni Lembo e il palazzo di giustizia di Messina