Ritorna Forlani: la Dc non è finita di Filippo Ceccarelli

Ritorna Forlani: la Dc non è finita In pubblico alla festa del Ccd dopo la bufera-Tangentopoli: Cossiga? Utopistico Ritorna Forlani: la Dc non è finita AFORMIA CCIDENTI, com'è uguale, Forlani... Lo attendono ormai da più di un'ora, sotto un capannone al porto, dove il Ccd festeggia la vela, che è il suo simbolo. Arriva con macchinona e scorta, impeccabile completo chiaro, saluta con la mano il pubblico, sorride, dentatura persino sfavillante sotto i flash, applausi contenuti da questo pezzetto di popolo ex democristiano che riaccoglie l'ultimo vero segretario dello scudo crociato. Si siede dietro il tavolone, parla del traffico, delle code che ha incontrato sull'autostrada e con il medesimo tono di voce, senza fare una piega, liquida l'aspetto più scabroso della sua presenza con la freddezza di sempre: «Per come sono state utilizzate, le vicende giudiziarie che hanno portato a colpevolizzare alcuni partiti e assolverne altri non devono mortificare chi le ha subite, ma chi le ha condotte». Sarebbe qui, in realtà, per dibattere con Giamii Baget Bozzo sul libro del presidente ccd Sandro Fontana (moderatore Pierluigi Battista), «La riscossa dei lombardi». Ma il pubblico post-Dc di Formia si aspetta piuttosto la riscossa di Forlani, che invece assicura che preferirebbe pacatamente affrontare i problemi dei campagnoli lombardi, o degli industriali della Brianza, o di Miglioli, di Grandi e di altri del Pantheon cattolico impegnato nel sociale. «Le mie storie personali - insiste - contano poco». Cita il Vangelo: «Mille anni sono agli occhi del Signore come un turno di veglia nella notte». Insomma, uno pensa, l'antico Va¬ lium, l'arte sottile della più moderata reticenza e di un'imperturbabilità perfino ascetica, per quanto terribilmente soporifera. Ammirevole, comunque, considerato il massacro dell'Enimont, la saliva agli angoli della bocca, il «rituale di degradazione» (come l'hanno definito due studiosi in un saggio per il Mulino). E poi lo stillicidio mediatico-giudiziario, i giudici che volevano sapere della casa, della piscina, della rete attorno a casa, della Sme, della Federconsorzi. Un «Calvario», l'ha definito lui, a un certo punto pure il cane avvelenato e, per assurdo, la follia di un coinvolgimento nella storia del Merolone... E adesso quest'uomo saggio e umile che cita il Vangelo. Questo leader che per 29 voti non è diventato presidente della Repubblica e che di qui a poco, affidato dai giudici a qualche servizio sociale, finirà custode in un museo, o palestra, o biblioteca. Verrebbe quasi da mettergli una mano sulla spalla... Poi, di colpo, cambia registro: «Qui va tutto male, ma Prodi ride quasi sempre. Forse pensa di incutere coraggio con l'ilarità, ma se lui ride, molti piangono. Piange la scuola, la sanità, piangono i trasporti». Riattacca con la giustizia, e con una classe politica che ha lasciato mettere «in uno stesso calderone i criminali e il povero Citaristi». La vera «questione morale» non riguarda il passato, ma il presente. Il passato, per quello che riguarda la sua direzione, è salvo. Gli errori politici vengono dopo. Bisognava difendersi meglio, difendere la proporzionale. Tutti i partiti ex de devono ritro¬ varsi «attorno a un tavolo». Devono diventare «il lievito» di una De «che non è finita». Dà consigli, dispensa ricordi (Dossetti al castello di Rossena), insiste auspicando una ricomposizione degli spezzoni ex De. Definisce il progetto di Cossiga «utopistico», loda la moderazione di Berlusconi, richiama la necessità di ritrovarsi sulla concretezza. Dopo un'oretta ha conquistato totalmente la platea. «La De è destinata a risorgere, probabilmente ispù-ando nuovi soggetti politici». Ha tutta l'aria di uno che non sta esattamente preparandosi a una mesta corvée di rieducazione. Sia pure con i modi impersonali che da sempre predilige ritorna sulla giustizia rovesciando il senso comune. Mani pulite è servita a far fuori ((personaggi che se ci fossero ancora renderebbero la vita più difficile a quelli che hanno conquistato il potere». E più che l'elogio postumo del Caf, sembra l'apoteosi di un professionismo politico che potrebbe perfino ritornare. Filippo Ceccarelli Arnaldo Forlani Arnaldo Forlani

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