Lucio, un santo nel cielo della New Age

Lucio, un santo nel cielo della New Age Lucio, un santo nel cielo della New Age Come Lady Diana, l'idolo caduto è divorato dai media FURIA CELEBRATIVA U NA angosciosa creatura si aggira sull'orizzonte di questo secolo ormai ai tempi supplementari: la santificazione e imbalsamazione di idoli caduti, o semplicemente estinti dopo lungo e decente silenzio. La prima santa spedita nel cielo di questa nuova era, per l'appunto New Age, è stata la signora Diana Spencer, Lady D, furiosamente divorata e consumata secondo il rito revisionato orfico-televisivo-dionisiaco e altrettanto subito furiosamente obliata, resettata, cancellata come un volo di linea esploso in Nova Scotia e presto sostituita da un carnevale. Seguì madre Teresa con minor successo, anche perché a Calcutta faceva troppo caldo e la sua piccola salma si disfaceva in maniera fisica così da contrastare con il suo gas il disfacimento mediatico programmato dagli officianti planetari. Siamo ora di fronte ad un fenomeno neo-meta-funerario in occasione della morte di Lucio Battisti il quale del resto non fu l'autore delle parole per le quali viene ricordato e celebrato (gli autori sono ignorati e fuori dalla processione), i quali peraltro non praticavano la metrica, ma accendevano come piromani folate di emozioni usa e getta (le uniche disponibili) per secondare la secrezione di endorfine, con uno spreco di combustibile indecifrabile del genere di quello che si può trovare nelle lettere enfatiche alla fidanzata fuori città, e di tutti coloro che si contentano di un sistema poetico che produca deboli effetti speciali, tuttavia omologati per effetti di massa. Quel che è successo ieri l'altro in Italia, sui giornali, nei telegiornali, nei palinsesti televisivi rifletteva questo torbido andazzo e risultava imbarazzante, inap- propriato, eccessivo, furbastro e complessivamente angoscioso per quanto conteneva di commerciale nella sua furiosa rincorsa. Chi ha vinto poi?, è la domanda incalzante del giorno dopo. Qualcuno ha scritto che nel '68 la gente si divideva fra chi cantava Battisti e chi cantava «Contessa». Beh, bisogna dire che «Contessa» era una marsigliese, una canzone per sempre. Quelli che preferivano Battisti allora erano invece considerati soggetti deboli, impasticciati, talvolta impasticcati, non si capiva che volevano e neanche da che parte stavano perché non erano da nessuna parte. Forse questa non-collocazione spiega la risibile pole- mica sulla destra e la sinistra in Battisti, che riecheggia analoghi quesiti anche sugli oggetti e gli abbigliamenti. Quelle canzoni avevano la funzione di cullare le onde beta del cervello, usando versi spesso astuti ma poco impegnativi che attingevano alla lingua dei diari adolescenziali: la donna ideale, la morte ideale, la purezza ideale, i sentimenti ideali in cui si formano miti Frimirivi, anche se di queluniverso si può dire che ci siamo passati tutti, per scroprire poi che l'acqua è meno azzurra e chiara di quel che sembrava. Meno di un anno fa la Francia ha seppellito Barbara - «Dis, quand reviendra tu?» - e «le Nouvel Observateur» le ha dedicato una soberrima copertina in nero (molto) e bianco (poco) dedicando alla sua memoria un lutto grato, tenero, composto. Di quella dolorosa compostezza che è il vero appannaggio dei poeti, quando se ne celebra la morte. E la Francia ha seppellito Yves Montand, Georges Brassens, Jacques Brel (d'accordo, lo so, era belga). E ognuno di questo grandi poeti cantori ha inondato la Francia e l'Europa di testi di altissimo rango e altamente popolari (spesso plagiati e scopiazzati in Italia senza avvertirne il consumatore). Le loro parole, le loro poesie, sono e saranno sempre cantate e canticchiate per gli incontri, gli abbandoni, i talami, le morti. Ma in quel Paese nessuno ha trasformato il senso di perdita collettivo, dunque culturale, in una chiamata alle armi dei luoghi comuni e delle interviste indecenti a sconosciuti che pronunciano moncherini disarticolati di parole insensate, su domanda senza domanda di intervistatori mugolanti. Questo trionfo dell'afonia in una furia del celebrare ci sembra insomma una degradazione comune, una piagnucolenza invadente che non sa parlare di se stessa, un po' come le poesie di Battisti che non erano di Battisti. Quel che conta, soltanto, è il sedimento. Un sedimento comune che sostituisce e scimmiotta . il sentimento comune, perché la nuova religione si presenta appunto così: come una ccndivisione di sedimenti stagnazioni nella superficie della memoria. Paolo Guzzantì Un gran dispendio di endorfìne collettive per produrre soltanto deboli effetti speciali

Luoghi citati: Calcutta, Europa, Francia, Italia