«L'emergenza è la nostra condanna»

«L'emergenza è la nostra condanna» «L'emergenza è la nostra condanna» a Muro Lucano in 700 vivono nei prefabbricati dalV80 una ferita sempre aperta MURO LUCANO (Potenza) DAL NOSTRO INVIATO Per loro il terremoto dura da diciotto anni, è come se un destino maligno li avesse condannati a vivere per sempre il day after del sisma che il 23 novembre dell'80 stracciò la collina su cui sono arroccate le case del centro storico. Le ferite nei cuori di questa gente tornano a sanguinare soprattutto al mattino, quando gli occhi si spalancano sullo squallore di un prefabbricato con le pareti ammuffite, gelido d'inverno e troppo caldo d'estate. La scossa dell'altro ieri è stata sentita eccome a Muro Lucano, 6400 anime e 700 senzatetto «storici». Ha fatto tremare anche le casupole senza fondamenta dei tre campi che qui chiamano pomposamente villaggi. C'è stata tanta paura, ma nessun danno: l'epicentro era lontano da qui, più a Sud, verso 0 monte Pollino. Eppure, nei paesi della Basilicata in cui il sisma ha dilaniato gli edifici e fatto crollare intonaci, tutti hanno pensato con inquietudine a questo luogo che sembra fermo nel tempo, come cristallizzato in un'emergenza cominciata diciotto armi fa, testimone muto e quasi rassegnato di ritardi burocratici, di incapacità politica, m qualche caso di colpevole indifferenza. Muro Lucano ha rischiato quasi di affogare nel mare dei finanziamenti piovuti dopo il sisma dell'80. Ha ottenuto 243 miliardi e cinquecento milioni: 165 fra l'81 e l'89, 78 e mezzo nel '94. Nonostante ciò, trecentocinquanta dei settecento senzatetto per il terremoto vivono ancora nei prefabbricati che ormai sono parte integrante del paesaggio, quasi assurti a dignità di quartieri periferici. Perché? E' la domanda che da quasi vent'anni si pone inutilmente Angelo Melucci, 68 anni, 17 dei quali trascorsi in America, Germania, Svizzera. Glielo leggi, quel quesito così semplice eppure privo di risposta, nello sguardo a tratti stupefatto, mentre racconta la sua storia davanti alla «casa» del «Villaggio Giardini»: una costruzione bassa e tozza, con il tetto spiovente e le pareti corrose dall'umidità, circondata da minuscolo orto. «Ho sudato sangue all'estero, facevo l'edile - racconta Angelo -. Nel '72 sono tornato qui e con i risparmi ho comprato la casa nel centro storico: era poco più che mi rudere, ma con il tempo e la fatica l'ho messa a posto. Insomma, mi ero sistemato, con un lavoro e un tetto per me e mia moglie Rosa nel paese in cui sono nato. Ma nell'80 il sogno è finito, la casa se l'è ingoiata il terremoto. Mi assicurano che prima o poi ne avrò un'altra, ma quando? Io chiedo: quando potrò vivere sotto un tetto vero, fra muri veri, su un pavimento vero? Nessuno mi sa rispondere, non so più a chi rivolgermi». L'architetto Francesco Cristiano, responsabile dell'ufficio tecnico del Comune, è convinto che passerà molto tempo prima che il vecchio Angelo e quelli come lui possano realizzare 11 loro sogno: «Ci vorranno quattro, cinque anni prima che la ricostruzione del centro storico sia completata», dice, e aggiunge che nonostante tutto è stato fatto già molto. In fondo ha ragione, se consideriamo la tormentata storia politica di Muro Lucano nell'ultimo ventennio e la ragnatela di leggi, vincoli e ritardi burocratici con cui i governi che si sono succeduti negli anni del dopoterremoto hanno avvolto i paesi devastati dal sisma dell'80. Il geometra Michele Mangone, funzionario del Comune, sgrana il suo rosario di cifre: «I primi 165 miliardi, stanziati fra 1*81 e l'89, sono stati interamente spesi: 135 sono stati impiegati nell'edilizia abitativa prevalentemente rurale, 30 nelle opere pubbliche. Per 5 anni c'è stata una battuta d'arresto: si è perso del tempo prezioso fino al '94, quando il governo ha fi- nalmente erogato gli altri fondi: 78 miliardi e mezzo contro i 134 che ci servono per completare il risanamento». I lavori nel cuore del centro storico devastato dal terremoto, però, non decollano. Manca ancora la definizione dei piani di recupero e poi, spiega l'architetto Cristiano, «c'è la spada di Damocle dei vincoli imposti dalle sovrintendenze». Il Comune ha le mani legate, aggiunge il capo dell'ufficio tecnico. Ma poi finisce con l'ammettere che le responsabilità nella ricostruzione infinita di Muro Lucano bisogna cercarle anche in Municipio. Dall'80 in poi c'è stato un valzer di giunte dalla vita breve e stentata, tutte soffocate sotto il peso di un'emergenza mai risolta, di decisioni mai prese. L'elenco delle amministrazioni che si sono succedute in questi diciotto anni sembra tratto da un bollettino di guerra. 1980: giunta di sinistra formata da pei, psi e psdi; '83: bicolore dc-psi; '84: commissario prefettizio; !86-'93: arnministraziohe 'ffc-psi-psaj' "guidata da quattro sindaci; '93: monocolore de; '97: giunta nata all'ombra dell'Ulivo e guidata da Gennaro Napodano, del ppi. Ma è difficile spiegare tutto questo a Pina Zarriello, una ragazzina di tredici anni che chiacchiera con un'amichetta davanti al suo prefabbricato. E' nata e cresciuta lì dentro, non sa cosa vuol dire vivere in ima casa vera. Il padre Vito, ex emigrante ed oggi disoccupato, aveva un appartamento che ora non esiste più: l'opera devastatrice del terremoto è.stata completata dalle ruspe, che hanno raso al suolo la palazzina per fare posto a una strada. «Non l'ho mai vista, ma la conosco alla perfezione grazie ai racconti di mia nonna - dice Pina con un sorriso triste -. A lei piace ricordare ad alta voce, e io non mi stanco mai di ascoltarla». Fulvio Mìlone «Sono tornato qui dopo 17 anni vissuti all'estero Avevo comprato la casa Ora vivo nel container» In Comune: dopo il sisma abbiamo ricevuto oltre 243 miliardi ma abbiamo le mani legate La chiesa del Carmine a Castelluccio Superiore lesionata dal terremoto I

Persone citate: Angelo Melucci, Fulvio Mìlone, Gennaro Napodano, Michele Mangone, Pina Zarriello, Pollino, Sono