L'uomo di Gorbaciov riassunto da Eltsin

L'uomo di Gorbaciov riassunto da Eltsin L'uomo di Gorbaciov riassunto da Eltsin L'EX MINISTRO DEGÙ ESTERI MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' come quando si ritorna a casa, barcollanti e sotto choc, dopo un incidente stradale, o dopo essere stati aggrediti e derubati da una banda di criminali. Con Evghenij Primakov alla testa del governo tutta la Russia respira come alla vista di un porto dopo la bufera. Purtroppo le cose non saranno comunque facili, ma il paradosso della faccenda è che l'uomo - chiamato a portare il Paese verso il futuro - è il prodotto più tipico del passato. Ricordo ancora la nostra prima conversazione in un grande albergo di New Delhi, dove lui era arrivato, in qualità di consigliere di Gorbaciov, in visita ufficiale in India. Primakov era allora direttore dell'Istituto di Economia Mondiale e delle Relazioni Internazionali. Riuscì a non dire nulla che potesse servirmi a qualcosa in un'ora intera di cordiale conversazione costellata di battute. Era un macigno di apparato, una serratura di cassaforte. Oggi, a 68 anni, non è cambiato di una virgola. La sua regola è sempre stata che è meglio dire una parola in meno che una in più. Diminuiscono gli errori e aumenta la curiosità di quelli che ti circondano. Ma chi ti confida un segreto può stare certo che è ben custodito. Per questo, probabilmente, Eltsin lo conservò vicino al vertice - anche se era stato un uomo della perestrojka gorbacioviana - giungendo ad affidargli la direzione dello spionaggio estero, dopo che, con Gorbaciov ancora al potere, era stato primo vicepresidente del Kgb dell'Urss e poi «capo spia» del Paese. Una sorte che toccò a pochissimi, da contare sulla punta delle dita di una sola mano, quella di resistere al tifone che divideva il presidente dell'Urss da quello della Russia. Lo si potrebbe paragonare a un animale che si mimetizza nel panorama. Il che spiega la sua straordinaria capacità di adattarsi a panorami diversi. Cosa che, tuttavia, non implica mancanza di idee proprie. Anzi, si tratta di un predatore dal guizzo fulmineo. Gorbaciov lo volle con sé perché, come esperto di cose orientali, non era stato entusiasta dell'intervento m Afghanistan. Il che significa che sa dire dei no, anche se solo in udienze molto riservate. Quando, nel gennaio 1996, Eltsin lo nominò ministro degli Esteri al posto di Andrej Kozyrev - che aveva abituato male gli occidentali dicendo di sì a tutte le loro richieste, anche quando non erano ancora state formulate - molti scrissero che era una vittoria dei comunisti e previdero una brusca svolta in politica estera. Ma Evgenij Primakov ha il volante delicato. Ed è un generale che sa fare ritirate accorte. Non gli piaceva l'allargamento della Nato e lo fece sapere, ma mai parlando prima di Eltsin. Ogni volta, però ag¬ giungeva qualcosa di suo. Alla fine firmò la resa che il Presidente gli aveva dettato, ma non sorrise. Del resto sorride di rado. E parla senza aprire la bocca, anche se ha denti buoni. Ma non gli piacerebbe che si dicesse che sono d'acciaio, perché porta sfortuna Quando diventò capo dello spionaggio estero smise di parlare del tutto, ma si prese come portavoce Tatiana Samolis, una giornalista della Pravda che, all'inizio della perestrojka, era stata messa quasi alla porta dopo aver scritto qualche verità. Primakov taceva, ma Tatiana era un megafono. Se «Desert Stomi» numero due non c'è stata, una discreta quota di successo spetterebbe a lui, senza il minimo dubbio. Kofi Annan dovrebbe fargli un monumento, anche se piccolo, in un angolo del giardino del Palazzo di Vetro. E permettere che sul piedistallo mettano la loro finna due presidenti in declino: Boris e Bill ringraziano. Grigorij Javlinskij l'ha tirato fuori a sorpresa, con motivazioni che dimostrano quanto l'abbia studiato e capito. Sarà Primakov, se ci riesce, a creare il compromesso della salvezza per la Russia, mettendo insieme praticamente tutto lo schieramento della Duma, con la sola eccezione di Zhirinovskij, il che gli fa onore al quadrato. E - ha detto Javlinskij - sarà lui a garantire nuove elezioni democratiche, quando sarà il momento, anche perché nessuno si aspetta da lui che si candidi per le future Presidenziali. Quando gli hanno chiesto se accettava la candidatura la ricusò subito, quasi con sdegno. Aspettava, come avrebbe fatto un membro del Politburò, la designazione del Presidente. Al quale ha dato tutte le garanzie che si dovevano a un anziano che si appresta ad andare in pensione. Valgono per lui almeno due aforismi che Robert Musil coniò per il personaggio di Arnheim. L'uno riguarda il «suo talento di capire il tempo presente, di non offenderlo mai e di servirsene sempre». L'altro spiega perché lo schieramento che lo sostiene sarà oggi così ampio: «Quel che ha da dire uno che ha saputo provvedere molto bene a se stesso deve contenere una certa dose di verità». Nessuno potrà chiamarlo «riformatore», ma sarà lui, forse, a fare la riforma in Russia. Senza gridare a ogni pie sospinto che è favorevole al mercato. Giuliette Chiesa Dal Kgb dell'Urss a capo dello spionaggio estero e poi della diplomazia della Russia: ha evitato la seconda Guerra del Golfo e ha firmato a malincuore l'allargamento Nato