Fini: niente riferme nella legislatura di Maria Grazia Bruzzone

Fini: niente riferme nella legislatura Il leader An: non ci sono le condizioni per riprendere il dialogo. Casini: accordiamoci per il dopo-Scalfaro Fini: niente riferme nella legislatura Marini: sì, questo governo va avanti a fatica FORMIA DAL NOSTRO INVIATO Alla fine di un dibattito che ha riproposto per l'ennesima volta il muro contro muro fra maggioranza e opposizione, Pier Ferdinando Casini se ne esce con una domanda secca ai presenti: «Che facciamo? Cominciamo a dialogare fra i due poli dopo le elezioni del Presidente della Repubblica? Non so se Fini la pensi come me, ma io credo che bisognerebbe riuscire a riannodare le fila prima». Così il rospo infine esce da una bocca. E si comincia ad intuire che, al di là delle posizioni ormai irrigidite, col Polo trincerato sulla linea «prima la commissione d'inchiesta su Tangentopoli» e l'Ulivo che per eluderla rilancia a tutto campo sulle riforme, fino a offrire una soluzione politica che cancelli il passato, il vero nocciolo della questione è forse questo: la scelta - come spiega Casini - fra il «metodo Leone», che fu eletto col 51 per cento e il «metodo Cossiga», che fu scelto col 90 per cento dei consensi. «Altrimenti il rischio è che il Parlamento si trasformi in un luogo di compravendita», aggiunge l'ospite del Ccd. Franco Marini è il primo a concordare: non c'è dubbio che sarebbe meglio che il Parlamento italiano fosse in grado di convergere su una personalità. Ma - aggiunge il segretario del Ppi - questo dipende dal clima che ci sarà, e perché allora non ti adoperi per sdrammatizzare la situazione?». Marco Minniti, il braccio destro di D'Alema, che ha sostituito il segretario dei Ds al dibattito, replica rilanciando la convergenza che era già stata trovata fra i due poli sull'elezione diretta del Capo dello Stato: una riforma che si potrebbe fare con il 138, suggerisce Minniti dopo aver dichiara- to di «non essere un nostalgico della Bicamerale, ma un sostenitore delle riforme». «Se ci fosse un percorso aperto, allora si potrebbe anche pensare che un Presidente di tutti possa essere il preludio a un Capo dello Stato eletto dal popolo», dice. Ma si mostra scettico: «Ogni volta che facciamo un tentativo di apertura ci sbattete la porta in faccia». Gianfranco Fini è il più freddo. «Certo sarebbe preferibile un apporto di tutti per un Presidente che dovrebbe avere un ruolo di garante (anche se gli ultimi due - smettiamo di fingere - più che garanti sono stati protagonisti)», premette. Ma a suo giudizio «è una discussione prematura». Alla vigilia del vertice del Polo (che si tiene oggi) il leader di An tiene a precisare la sua posizione. Liquida la Bicamerale, bocciando implicitamente le proposte avanzate qui da Violante di una riconvocazione dell'Ufficio di Presidenza per decretarne almeno la morte ufficiale: «A me sembrava già un viottolo, ma dopo due tentativi falliti, riproporne un terzo mi pare senza senso». Fini parla di As¬ semblea Costituente, giudica «impossibile fare le riforme in questa legislatura», «per il prevalere dell'asse Prodi-Veltroni» e considera «un bluff» quello del presidente del Consiglio, che ha detto di poter avviare le riforme con il 138: «Fateci vedere come», replica ironico ricordando i dissensi nella maggioranza su questioni centrali come presidenzialismo e federalismo. Ma ci tiene, Fini, a distinguere «differenti piani tra i quali non va fatta confusione»: le riforme istituzionali, appunto, quelle della giustizia, per le quali si dice disponibile «nelle sedi e nelle Commissioni parlamentari o in aula». E la Commissione d'inchiesta su Tangentopoli «non per fare processi ad alcuno, ma per stabilire una verità storico-politica». E su questa invita la maggioranza a decidersi se votarla o no, avvisando che «il Polo non ha intenzione di dare degli alibi alla maggioranza ogni volta che si parla di giustizia: sarebbe autolesionista». Maria Grazia Bruzzone Qui accanto il segretario del Partito popolare Franco Marini Sopra il presidente di An Gianfranco Fini

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