IL SILENZIO DEGLI AMICI di Boris Biancheri

IL SILENZIO DEGLI AMICI IL SILENZIO DEGLI AMICI per allusioni finché i bambini non sono usciti dalla stanza e ora è un fatto di prima grandezza destinato, per un verso o per l'altro, ad influire sui destini del nostro tempo. Cosa ha prodotto questo cambiamento improvviso nello stato d'animo degli americani, ieri pronti a liquidare il tutto con un sorriso, oggi preoccupati da una crepa che si allarga ogni giorno di più nella coscienza del Paese? Non la natura del fatto che banale era e banale resta. Neppure, forse, il giudizio morale sulla menzogna, o mezza menzogna, detta durante l'interrogatorio sul caso Paula Jones. In questo mutamento d'umore, in questa improvvisa gravità che ha investito l'America si scorgono alcune cose singolari. La prima sta nel subitaneo, violenro attacco che la grande stampa americana e in prima linea il "Washington Post" e il pur liberale "New York Timeshanno fatto a Clinton dopo le mezze scuse delle sue dichiarazioni pubbliche del 17 agosto. Con il loro concorde giudizio i grandi commentatori americani hanno preceduto e influenzato i networks televisivi, e poi tutta l'opinione pubblica. A questo atteggiamento non e stata estranea, si e detto da qualche parte, l'influenza della componente ebraica cosi largamente presente nei media americani e soprattutto nei maggiori, che non ha mai perdonato la freddezza del Presidente verso la causa israeliana e ha colto una buona occasione per farglielo sentire. Difficile pronunciarsi su queste speculazioni. Forse i grandi nomi della stampa si sono sentiti investiti dal compito di dare un monito morale che il Paese sembrava incapace di sentire spontaneamente per ritrovare semplicemente una dignità perduta. Quel che è certo è che a un dato punto a essere giudicata non è più la liceità o no della marachella di Clinton, e neppure lo stile del suo comportamento, e neppure la sua inclinazione a dire e non dire, già d'altronde ben nota, ma il carattere stesso dell'uomo, i suoi tentennamenti, l'esitazione a farsi carico dei propri atti, la sua debolezza nel far fronte agli attacchi di Starr, con una presa di posizione precisa, cioè le qualità stesse che si chiedono a un Capo di Stato e dell'esecutivo della massima potenza mondiale. Ora la questione non e più giuridica ma politica; ed e sul piano politico che Clinton verrà giudicato. A dare il segnale della serietà della situazione sono stati gli stessi democratici: sia quelli che gli sono stati in passato più vicini, come Liebermann, sia quelli che nei suoi confronti hanno conservato un certo distacco come Moynahan. Ed è il loro comportamento che sarà decisivo: un Presidente azzoppato può anche andar bene ai repubblicani, ma non può andar bene ai democratici che hanno davanti a sé le difficili elezioni di novembre. E poi c'è l'atteggiamento di Hillary Clinton che dal 17 agosto in poi è restata in disparte ostentando dei segni di freddezza e che ha il difficile compito di apparire leale ma non complice, comprensiva ma non ingenua. Un suo intervento pubblico potrebbe essere risolutore, e infatti se ne parla. Ma chi è disposto a restare a bordo della nave se la falla è davvero cosi grande che c'è il rischio che affondi? Le settimane che seguono ci diranno se questo Presidente vacillante, questo grande comunicatore improvvisamente incapace di usare il tono giusto, ritroverà la sua credibilità. I tanti nemici che gli Stati Uniti hanno nel mondo tengono il fiato sospeso. Non saranno loro a decidere e forse nemmeno quelli interni. Per usare un'espressione di Martin Luther King, il verdetto non verrà dagli attacchi dei nemici ma dal silenzio degli amici. Boris Biancheri

Persone citate: Clinton, Hillary Clinton, Liebermann, Martin Luther King, Moynahan, Paula Jones, Starr

Luoghi citati: America, New York, Stati Uniti