«Tradito» da uno dei figli di Giovanni Bianconi

«Tradito» da uno dei figli «Tradito» da uno dei figli Ha voluto vederlo per vendere una villa 14 MESI DI CACCIA AROMA fine giornata il telegiornale diffonde le reazioni politiche alla cattura di Gelli, con l'opposizione che ironizza sul coniglio saltato fuori dal cilindro governativo, e il poliziotto che per quattro mesi e mezzo ha seguito giorno per giorno le tracce dell'ex-Venerabile scuote la testa: «Ti pareva! Adesso chissà che cosa s'inventeranno». Qualche trattativa magari. «Ma quale trattativa! Noi abbiamo solo saputo che ogni tanto gli avvocati andavano al tribunale di sorveglianza di Firenze per proporre un po' di documentazione medica, ma senza ottenere nulla». E allora com'è andata? «E' andata come nelle indagini più tradizionali, quelle che si facevano negli Anni Settanta sul terrorismo, con pazienza e testardaggine». Pazienza per aspettare il pedinamento buono, testardaggine per non abbandonare mai la traccia principale, anche se per mesi non ti porta da nessuna parte. Ora che è finita, il poliziotto - che sempre attraverso la tv incassa i ringraziamenti di Napolitano - racconta com'è andata dal 4 m;.i>6'io fino ad oggi, da quando un suo collega bussò a villa Wanda per notificare un ordine di cattura al signor Licio Gelli, trovandola vuota. Adesso il ministro dell'Interno annuncia soddisfatto che «è stata chiusa una ferita grave per lo Stato, le forze di polizia e la giustizia», ma per tutti questi mesi ha spronato il capo della polizia a non mollare mai la presa. «E' quello che abbiamo fatto», dice ora l'investigatore. Appena scoperta la fuga i suoi uomini si sono concentrati sulla famiglia di Gelli, a cominciare dalle mosse dei figli Raffello, Maurizio e Maria Rosa, con annesse nuore, generi, nipoti e qualche amico. Una sorta di clan che sapeva bene di avere addosso gli occhi e le orecchie dei poliziotti, e utilizzava ogni discorso per depistarli. «In molte telefonate dicevano che prendevano mi aereo per l'Uruguay o per il Venezuela, davano indicazioni su Parigi, Roma o Milano assolutamente false, per metterci fuori strada. Noi lo sapevamo, ma bisognava sempre controllare tutto», spiega il poliziotto. Così come bisognava piantonare giorno e notte le case dei Gelh all'estero, l'appartamento di Montecarlo dove vive Raffello e la villa Espalmador, in Costa Azzurra, a Cap Ferrat. Appostamenti difficili e pedinamenti (in compagnia dei poliziotti francesi) altrettanto complicati. Perché gli uomini e le donne di casa Gelh sapevano come seminare gli inseguitori. Quasi sempre si muovevano ma con auto prese a nolo, che cambiavano spesso durante il percorso, e non sempre i pedinatori riuscivano a star dietro a questo turbinio di macchine. Oppure facevano giri viziosi, e c'è voluta molta tecnica ed esperienza per stare dietro agli «obiettivi». Con una certezza in testa: prima o poi sarebbero andati dal «vecchio», e in quel momento loro, i poliziotti, ci dovevano essere. Dai telefoni arrivava poco, ma una volta gli intercettatoli sono riusciti ad ascoltare un colloquio tra Maurizio, che stava in Italia, e una delle nipoti, figlia di Raffello, che parlava delle condizioni di salute del nonno. Era quasi la metà di giugno, e la ragazza chiamava dalla zona di Marsiglia. Gelli ha problemi di cuore, e immediatamente è cominciata una ricerca a tappeto sulle cliniche di quell'area. E' stato così che gli uomini della Polizia di prevenzione e della Criminalpol sono arrivati alla clinica Clairvail di Marsiglia, una casa di cura specializzata in malattie cardiovascolari con medici e personale che parlano italiano. Ma ormai era tardi: Gelli era stato ricoverato lì, dall'8 al 13 giugno, sotto il falso nome di Leopoldo Cappelletti, un signore che vive a Siena ed è il suocero della sorella di Serena, moglie di Maurizio Gelli. Se n'era andato in tutta fretta nonostante i medici gli avessero raccomandato altre cure, ma dalle testimonianze del personale della clinica è venuto fuori il nuovo identikit del Venerabile latitante, completo di barba e baffi. Anche la clinica è stata piantonata a lungo, nella speranza che prima o poi Gelli si ripresentasse. Ma ai primi d'agosto la notizia del blitz dei poliziotti è finita su un quotidiano, con grande stizza degli investigatori. «Io non so se l'obiettivo godeva ancora di protezioni, ma certo quella fuga di notizie, ovunque sia stata la falla, l'ha aiutato», commenta il poliziotto. A luglio gli spostamenti di Raffello gravitano ancora su Cannes, e in un'occasione i poliziotti hanno la sensazione che tutta la famiglia si sia riunita con l'«obiettivo»; riescono anche a individuare una delle auto noleggiate parcheggiata non lontano dal palazzo del cinema, ma non la casa dove avviene l'incontro. Il patriarca ci teneva a intervenire negli affari di famiglia, compresa la vendita di villa Espalmador, dalla quale i Gelli intendevano ricavare una quindicina di miliardi. In questi giorni ci stava Maria Rosa con la servitù, anche lei sotto costante osservazione come pure Maurizio, che in questi mesi è andato spesso in Svizzera, a Locamo e Ginevra, in varie banche. Ma la traccia decisiva, ieri, è arrivata dai movimenti di Raffello. Il funzionario da Cannes ha chiamato il suo dirigente a Roma e in un batter d'occhio la notizia è arrivata al capo della polizia, fino a Napolitano e Prodi che al Tg dichiara: «La cattura di Gelh rida credibilità all'Italia». E il poliziotto sorride, come chi s'è tolto un gran peso dallo stomaco. Giovanni Bianconi A giugno era riuscito a dileguarsi da una clinica di Marsiglia dove era stato individuato La polizia: nessuna trattativa è stata un'indagine tradizionale come quelle contro le Br Il ministro dell'Interno Giorgio Napolitano: è stato lui ieri a dare per primo la notizia