Giustizia, congelato il progetto-Flik di Fabio Martini

Giustizia, congelato il progetto-Flik Forse da Pds e Ppi arriva il via libera alla commissione su Tangentopoli «con alcuni paletti» Giustizia, congelato il progetto-Flik / leader dell'Ulivo: ci sono altre questioni più importanti ROMA. Una sequenza bruciante, più eloquente di tanti aggettivi: siamo al piano «nobile» di Palazzo Chigi, è in corso il vertice di maggioranza sulla Giustizia, Romano Prodi si alza, esce dallo studio, vi rientra dopo qualche minuto e annuncia: «Una bella notizia : hanno preso Gelli!». E a quel punto, la sorpresa: a parte una voce dal fondo che chiede «Dove era?», l'annuncio dell'arresto scorre come acqua sul vetro e quasi subito si riaccende la discussione sulla giustizia. E' stato un vertice nervoso quello di ieri, aperto da un Prodi inusualmente in tono minore: «Mi scuso per quelle anticipazioni di stampa, peraltro inesatte, sul progetto governativo: non doveva andare così...». Il vertice si è concluso due ore e mezzo dopo con uno stop al progetto di «normalizzazione politica» del ministro del- la Giustizia Flick, un progetto che nei giorni scorsi era stato apertamente sostenuto anche dal presidente del Consiglio e da Antonio Di Pietro. Nel piano del ministro, come ha spiegato ieri lo stesso Flick ai leader di maggioranza, non è previsto alcun indulto come invece aveva anticipato la Repubblica, ma questa precisazione non è bastata a cambiare il corso del summit: il vertice di Palazzo Chigi di fatto ha deciso che il progetto Flick-Prodi-Di Pietro viene recepito, ma momentaneamente congelato. Perché la vera questione prioritaria - ecco il senso del summit di ieri - è disinnescare la mina della Commissione di inchiesta su Tangentopoli, cercando di trovare un'intesa con il Polo. Il «calendario» deciso ieri dunque è questo: prima si cerca un accordo sulla Commissione e sulle nonne anti-corruzione col Polo e poi si discute del resto. Un itinerario diverso da quello caldeggiato da Prodi, Veltroni e Di Pietro. Che l'ordine delle priorità sia cambiato, lo ha detto con chiarezza (e anche con una certa brutalità verso Flick) il presidente dei senatori «ds» Cesare Salvi, uscendo da una riunione di «tecnici» dell'Ulivo sulla questione-giustizia: «Il ministro di Grazia e Giustizia ci ha consegnato le sue proposte: le approfondiremo in un altro momento, non è sicuramente questa la priorità... Ora dobbiamo discutere della commissione di inchiesta su Tangentopoli». E d'altra parte, c'è un'urgenza obiettiva: il 23 settembre la Camera è chiamata a votare sulla Commissione e, anche se nell'Ulivo nessuno lo dice chiaramente, comincia a serpeggiare un ti¬ more: che il centro-sinistra vada «sotto», oltretutto in una votazione che sarà a scrutinio segreto. E che il clima nelle ultime ore si sia appesantito lo dimostrano molti episodi. Anzitutto, l'asprezza di alcune dichiarazioni, a cominciare da quelle fatte da un personaggio di proverbiale prudenza come Franco Marini: «Questa - ha detto ieri il leader dei popolari - è una maggioranza che vive faticosamente e comunque momenti felicissimi non li abbiamo avuti mai...». Ma ancora più esplicito era stato Marini nel corso del summit di Palazzo Chigi: «Queste non sono questioni da affrontare con i blitz...», aveva detto il segretario del Ppi, con chiara allusione a Flick. E aveva spiegato il suo scetticismo sull'ipotesi di applicare una legislazione premiale ai reati di Tangentopoli: «Non vorremmo mica determinare la nascita di una nuova generazione di "pentiti": quelli di Tangentopoli...», avrebbe detto Marini. Questione scivolosa e densa di incognite quella di Tangentopoli, con quasi tutti i partiti e diversi leader che stanno con il fiato sospeso. Anche se in questo frangente sembra prevalere l'indicazione suggerita ieri a gran voce da Dini, Boselli, Manconi e Maccanico e cioè quel «sì alla commissione con tutti i paletti del caso», che alla fine è stato sostanzialmente fat- to proprio dagli «azionisti di maggioranza» dell'Ulivo: Massimo D'Alema e Franco Marini. Ha detto il leader di Botteghe Oscure: «C'è un problema politico molto serio: la prevista amnistia, per quanto limitata ai reati minori per essere approvata richiede comunque una maggioranza di due terzi e lo stesso dicasi per una legge di indulto quale che sia...» e dunque il coinvolgimento dell'opposizione è indispensabile. E oramai tutti lo sanno: per coinvolgere il Polo serve la com- missione su Tangentopoli, anche perché - come hanno ripetuto nel summit con toni diversi quasi tutti i leader dei «cespugli» - è difficile negare alla opposizione il diritto di chiedere l'istituzione di una commissione parlamentare. «Come facciamo a dirgli di no? Con quali argomenti?», è stato uno dei refrein della riunione. Tanto è vero che il vertice è stato chiuso da un Veltroni in tono minore, mentre Prodi non ha più preso la parola. In serata si sono visti capigruppo e tecnici dell'Ulivo e i democratici di sinistra Mussi e Folena hanno chiesto che «prima di ogni altra cosa siano approvate le norme anti-corruzione». Poi, al termine di una giornata difficile, il ministro Flick è tornato a Palazzo Chigi, per rivedere Prodi. Fabio Martini

Luoghi citati: Pds, Roma