LE PICCOLE FELICITA' DI TUTTI NOI di Edmondo Berselli

LE PICCOLE FELICITA' DI TUTTI NOI LE PICCOLE FELICITA' DI TUTTI NOI E invece no. Non è solo cosi. Dalla seconda metà degli Anni Sessanta e i Settanta, quello che sarebbe diventato per sua scelta «maestro solitario» ha dato voce agli innamoramenti, agli amori, alle leggerezze e alle disperazioni della società italiana. Era l'antipolitica? Certo che sì. L'antipolitica rispetto alle ideologie «rigorose», ai dogmatismi cupi, agli strenui rigori delle avanguardie presunte. Per questo lo disprezzavano, anche quelli che da qualche tempo hanno ripreso a considerarlo un genio pop. Nell'Italia postsessantottina Battisti non è progressivo, non fa tendenza. Divide, non c'è via di mezzo, o si è battistiani o antibanistiani. Quindi: preferibile arricciare il naso, e se il popolo lo ama, con un amore spudorato, seguire il consiglio ironico di-Brecht: chiedere Je dimissioni* del popolo, o di Battisti. Anche perche, sempre a dirla tutta, la musica, le parole delle canzoni battistiane sfuggono alla sfera della politica, ma sono sprofondate dentro la realtà, intrise di cose. Una parte dell'Italia di allora aveva preso il Sessantotto come l'avvio di una rivoluzione politica; molto più pragmaticamente, l'altra parte l'aveva frullato e assimilato dentro il cambiamento autogestito del costume. Dici MogolBattisti e non pensi, per carità, alla poesia: però pensi a echi, suggestioni, riverberi sentimentali, «emozioni» per l'appunto, che la spontaneità popolare accosta immediatamente ai propri desideri, facendoci magari sopra il proprio corso di educazione sentimentale. Sono gli anni in cui c'è poco Stato e molta società, come ha sempre ripetuto Giuseppe De Rita. E questa società canta e si fa cantare da Battisti. Amori fatali, passioni metropolitane, corse e appuntamenti in macchina, tra- dimeatic pentimenti furitjQndi, ricerca frustrata di una vita «luminosa e più fragrante», cioè di una genuinità perduta, mitologizzata e rimpianta. Tutto questo sullo sfondo del dinamismo di città pulsanti di attività, e per converso di campagne pacificate in un sogno idilliaco. Ci vuole poco per smontare quesri artefatti con le armi della critica: feticci sonori, «poeticità degradata». Soprattutto adesso, in pieno conformismo da necrologio, conviene non esporre troppo enfaticamente la propria vecchia confezione battistiana. Sarebbe bene argomentare la propria passione per Lucio come una modesta concessione al «popolare», allo stesso modo di certi magistrali intenditori che indulgono alle collezioni kitsch. Un peccatuccio innocuo, un vizietto trascurabile, «sono solo canzonette». E invece ancora no. Perché se si trattasse soltanto di un collezionismo della memoria, non si spiegherebbe perché le canzoni battistiane si so- no.fissate su generazifipi cfcprs&^| perché sono divenute patrimonio di tutti. Canzoni da gita scolastica, da vacanze, da nottata in spiaggia. Vedi un cerchio di ragazzini in un pomeriggio d'estate, che cantano ovviamente La canzone del sole, e ti rendi conto che quei tre-accordi-tre fanno sprizzare espressività e gioia. Come se verso quelle canzoni venga naturale sentire un'amicizia del cuore, una irresistibile consonanza del sentimento che si manifesta con ondate lente e implacabili, «o mare nero, o mare nero, o mare ne...». Sono solo canzonette, come no. Belle perché facili, facili perché belle. Ricordo che un bravo cantante, questo sì piuttosto progressivo, Eugenio Finardi, ha raccontato che dopo avere eseguito in sala di registrazione / giardini di marzo, lui e i musicisti del gruppo si sono abbracciati, presi da un'emozione molto prossima alla commozione. Ed è naturale commuoversi quando la musica finisce, quando una canzone otta via unjMÙ del no stro cinis'fffo, così come si porta via i momenti di felicità dei teenager di oggi. Porta via con sé un frammento di Italia moderna in cui oggi genitori e figli, canticchiando, si ritrovano sostanzialmente coetanei. Smarriti tutti gli ideali, collassate le utopie, svalutate la scuola e la carriera, forse tra generazioni si può condividere solo la sfera dei sentimenti: la gelosia, la speranza, la tenerezza, la delusione, il fanatico battere del cuore. Stati d'animo che è facile appiccicare a una canzone, soprattutto quando è fatta con quelle note così intense, soprattutto quando è fatta di quella voce così struggente che sembra ogni volta cantare anche per te, che non hai ancora vent'anni, per te, che li hai perduti, e per tutti noi, «maledetti gatti» che non rinunciano a giocare con se stessi, con un brivido in più, allorché la musica si spegne. Edmondo Berselli

Persone citate: Battisti, Eugenio Finardi, Giuseppe De Rita

Luoghi citati: Italia