« Non sono l'assassino di Marta » di Flavia Amabile
« Non sono l'assassino di Marta » Il principale imputato per la morte della studentessa: è la peggior calunnia della mia vita « Non sono l'assassino di Marta » Scattone si difende, ma i genitori di lei: recita ROMA. «Dottor Scattane, fino alla fine del processo non è certa la condanna di nessuno, ma le devo dire che io credo che lei sia l'assassino di Marta Russo e ora dirò cose che la inchioderanno e dirò anche il motivo per cui lei non ha potuto confessare il 9 maggio». E' mezzogiorno in punto quando Oreste Flammini Minuto, l'avvocato dei genitori di Marta Russo, la studentessa uccisa il 9 maggio del '97 all'Università inizia il suo interrogatorio e appare subito chiaro che in questa fase è tutto fra parte civile e difesa lo scontro in atto. La trentunesima udienza è la prima in cui viene interrogato Giovanni Scattone, principale accusato dell'omicidio. Uno dei protagonisti dell'accusa, il pm Carlo Lasperanza, è ufficialmente malato. L'altro protagonista dell'accusa, il sostituto procuratore Italo Ormarmi, si accontenta di porre poche, generiche domande. Scattone risponde con disinvoltura. L'agitazione appare soltanto a chi osservi le sue mani, il loro tormentare il polsino sinistro della camicia. Dopo due ore di interrogatori, dunque, soltanto quando si alza l'avvocato Flammini Minuto, Scattone si trova di fronte a un avversario deciso a metterlo in difficoltà. Questo ò almeno quanto annuncia l'avvocato. Le sue domande si concentrano innanzitutto sulle quattro persone che hanno affermato di aver visto Scattone all'università la mattina del 9 maggio. Su Gabriella Alletto, la supertestimone che lo ha visto sparare, Scattone afferma: «Non credo che abbia responsabilità nell'omicidio, ma penso che sarebbe stata arrestata per concorso in omicidio se non mi avesse chiamato in causa. Risulta che lei era nella stanza con Liparota e l'ignoto sparatore, questo è quanto ho letto su un'informativa del 12 giugno». Anche su Francesco Liparota, l'usciere che lo accusò e poi ritrattò, rivelando di essere stato minacciato, Scattone afferma: «Credo che si sia trovato nella necessità di dover e voler uscire dal carcere. Lo ha spiegato lui stesso nella ritrattazione, è una persona debole. Mi è simpatico, ma è una persona emotivamente instabile. Ci sono almeno 20 testimoni che possono riferire dei rapporti cordiali che Francesco ha mantenuto con me e con Ferrara dopo il 9 maggio. Nessuno di noi 10 ha mai minacciato. In quel periodo mi sembrava più spaventato dalla polizia». La terza persona ad accusarlo è Maria Chiara Lipari, ma Scattone obietta che la ragazza il suo nome «non l'ha mai fatto, se non dopo il mio arresto». Infine, Giuliana Olzai: «Lei dice che la fissavo ma io l'ho vista per la prima volta qui in quest'aula. Mi ha accusato un mese dopo e sono sicuro che avrebbe accusato chiunque. Se avesse visto realmente qualcuno allontanarsi sarebbe andata immediatamente alla polizia e avrebbe fatto fare l'identikit». Terminato l'interrogatorio dell'avvocato Flammini Minuto, il suo obiettivo è riuscito soltanto in parte. Scattone non è stato «inchiodato», ma messo in difficoltà, quello sì: continua a tormentare 11 polsino sinistro della camicia e inizia a fare altrettanto con il microfono, agitandolo senza motivo. Ha il via il secondo round dell'incontro: la parola passa all'altro avvocato di parte civile, Luca Petrucci. Le domande si fanno anche più serrate, fino a una posta a bruciapelo: «Quando le fu affidata l'arma, le fu detto che era scarica?». Scattone non si lascia sorprendere: «Io non ho ucciso Marta Russo. Non ho mai impugnato un'arma», risponde scan- dendo con calma le parole. La parte civile ha una tesi su quanto è accaduto e cerca di provocare l'assistente, ma anche Scattone ha la sua tesi: «Secondo me c'è stata una persona isolata che ha sparato nei bagni. Che poi si sia trovata disgraziatamente della polvere da sparo sulla finèstra della stanza 6 degli assistenti non lo so spiegare». L'interrogatorio si è chiuso intorno alle 13,30, tre ore e mezzo dopo il suo inizio, av¬ venuto con una breve dichiarazione spontanea: «Ho vissuto tredici anni della mia vita all'università: essere accusato di aver ucciso una studentessa è la peggiore calunnia che mi poteva capitare di subire nella vita. Se avessi avuto qualche responsabilità l'avrei ammessa subito. Sto in carcero da 15 mesi per un delitto che non ho commesso e sono stato condannato anche prima che fossero concluse le indagini preliminari. Trovo questo incivile». I Come il collega Salvatore Ferra- I ro, le sue parale, i «non so», le giù- ' stificazioni, non hanno convinto i genitori di Marta Russo: «Recita un copione». Ma non hanno nemmeno impresso al processo una svolta decisiva. A questo punto l'unica svolta prima della sentenza potrebbe arrivare da Gabriella Alletto. La supertestimone ieri ha accettato di «sottoporsi àWéàaiAe della Corte di Assise e delle altre parti processuali». Flavia Amabile | L'avvocato di parte civile lo attacca: «Io credo che lei abbia ucciso Marta Ma non ha confessato perché minacciato»
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