Il rapporto Starr al Congresso

Il rapporto Starr al Congresso 136 dossier in una cassaforte, forse domani si decide l'iter che potrebbe portare all'impeachment Il rapporto Starr al Congresso Mentre Clinton torna a chiedere scusa WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il rapporto Starr è finalmente arrivato al Congresso: trentasei scatole zeppe di documenti sono state trasferite ieri pomeriggio dagli uffici del procuratore alla Camera dei rappresentanti e lì sono state chiuse in una stanza blindata sotto scorta annata per evitare fughe di notizie. E' stato lo sviluppo più drammatico di mia giornata piena di colpi di scena, che ha visto il Presidente tornare a far campagna elettorale per scacciare le ombre che si allungano sulla Casa Bianca. Ieri mattina Clinton si è recato in Florida per un comizio in cui ancora una volta ha mostrato al Paese il volto della contrizione e del rammarico. «Questi sono i giorni più difficili della mia vita», ha detto. «Ma sono deciso a riscattare la fiducia degli americani. E' vero, vi ho delusi, ho deluso mia moglie, ho deluso il Paese. Ora sto cercando di aggiustare le cose perché tutto questo non succeda mai più». Ma le parole del Presidente sono state sopraffatte dalla notizia che il rapporto di Starr sulla vicenda Lewinsky era finalemente concluso e che le scatole stavano già arrivando alla Camera a bordo di due furgoni. Nella capitale il clima si è fatto subito solenne, «lugubre» per dirla con il New York Times. E' stato il Sergeant of the Arms, il capo delle guardie della Camera dei rappresentanti, a ricevere le casse e a metterle subito sotto custodia. Nessuno potià consultarle prima che la Camera non avrà approvato (forse già domani) la risoluzione sulle complesse procedure da seguire per l'esame delle carte. Oltre al rapporto completo, Starr ha preparato un estratto di 220 pagine in cui descrive i fatti e altre 440 pagine in cui spiega perché ritiene che le accuse raccolte giustifichino un procedimento di impeachment, cioè di messa sotto acclùsa del Presidente. Ed è possibile che quell'estratto venga reso pubblico nei prossimi giorni. Il grosso del rapporto, che contiene dettagli intimi e pruriginosi la cui divulgazione potrebbe rovinare la reputazione di persone innocenti, sarà invece tenuto segreto. Toccherà alla Camera vagliare quel materiale e decidere se U Presidente ha effettivamente commesso «crimini e misfatti» tali da giustificare la sua incriminazione. In caso affermativo, sarà il Senato a giudicare il Presidente e consegnare il verdetto. Tutto questo richiederà molti mesi. Ma gli sviluppi di ieri hanno già cambiato il clima nella capitale in maniera drammatica. «Questo è un compito tremendo e qualcuno deve assolverlo», ha dichiarato il deputato repubblicano Henry Hyde, il presidente della commissione Giustizia che svolgerà un ruolo-chiave nei lavori. «Nessuno può contemplare a cuor leggero il viaggio traumatico che stiamo per cominciare». Richard Gephardt, leader dei democratici alla Camera, ha aggiunto con tono severo: «Solo una dichiarazione di guerra è più importante di quello che ci accingiamo a fare». E il numero due dei repubblicani Dick Armey, visibilmente scosso: «Il momento è spaventoso». Alla Casa Bianca l'atmosfera è decisamente cupa. Ieri di primo mattino, in una riunione molto emotiva con i leader democratici della Camera dei rappresentanti, il Presidente aveva chiesto scusa per il suo comportamento e per il danno che ha fatto al Paese. E li aveva implorati di stargli vicino in. queste settimane, di non mollarlo. «E' un uomo che capisce chiaramente il dolore che ha provocato», ha detto David Bonior, deputato del Michigan u numero due dei de¬ mocratici alla Camera, uscendo dalla Casa Bianca. «Noi lo abbiamo perdonato ma gli abbiamo anche detto che nelle prossime settimane dovrà tornare a parlare al Paese con la stessa contrizione, con la stesso sentimento di rammarico che ha mostrato a noi questa mattina». Il Presidente, non si è fatto pregare. Quattro ore più tardi era in Florida, dove ha sguainato l'arma della contrizione appena arrivato. Ma i suoi più stretti collaboratori alla Casa Bianca ritengono che altre scuse, altre parole di contrizione, pur necessarie, non bastano più. E che a questo punto anche Hillary Clinton deve uscire dal suo silenzio per dire al Paese che ha perdonato il marito. La First Lady, dicono, ha sempre sostenuto il Presidente nei momenti più difficili e il suo aiuto è assolutamente fondamentale in questa fase. Senza di lei, il Presidente rischia di non trovare la forza per andare avanti. [a. d. r.] Per il presidente Clinton un nuovo atto di contrizione di fronte ai leader del partito democratico

Luoghi citati: Florida, Michigan, Washington