«C'è un collegamento con l'Umbria» di Daniela Daniele

«C'è un collegamento con l'Umbria» «C'è un collegamento con l'Umbria» Boschi: ma credo che non ci saranno altre scosse ROMA. L'allarme all'Istituto Nazionale di Geofisica ha il suono del centralino che trilla in continuazione. Le domande sono tutte per il direttore, Enzo Boschi. A lui si chiede una risposta certa che, purtroppo, la scienza non è ancora in grado di dare. Dottor Boschi, si ricomincia? «Tutti domandano la stessa cosa, ma io non posso fare previsioni». Non può neppure dirci se questo nuovo terremoto può dirsi concluso o se dovremo aspettarci una coda, più o meno lunga? «Credo che sia concluso. Ma, ripoto, non è un'affermazione che si possa garantire al cento per cento». C'è un legame tra questo sisma e quello che ha fatto tremare l'Umbria per mesi? «Non è la stessa cosa, anche se la struttura interessata, ovvero tutto l'Appennino, è la stessa. Purtroppo non siamo ancora riusciti a scoprire quale sia la logica che collega questi fatti: perché prima l'Umbria e adesso la Calabria? Ma siamo certi che una logica ci dev'essere. In fondo, si è incominciato a studiare i terremoti soltanto di recente, da venti, trent'amù». Lei parla di logica. Vuole spiegarci meglio? «Ogni terremoto andrebbe visto in collegamento con il resto della Tena: non è mi fatto a sé. Purtroppo, sappiamo ancora così poco di certe dinamiche all'interno del pianeta. Inoltre, fino a pochi anni or sono, erano pochissimi i centri di osservazione e soltanto in zone storicamente sismiche: Italia, California e Giappone». Ma qualche passo avanti si sarà pur fatto? «Sì, molti passi avanti. Non così clamorosi come potrebbero essere quelli della medicina, ma sufficienti a farci fare parecchia strada, a farci raccogliere dati importanti». Tuttavia, non sufficienti a prevedere se un terremoto si manifesterà e quando. Per ora, insomma, la sorveglianza riguarda soltanto l'evento già in atto? «Sì, tuttavia non è certo cosa di poco conto l'essere riusciti a stabilire, ad esempio, l'entità di un sisma». Ma si potrà pur far qualcosa per prevenire danni alle persone e alle cose? «Certo. In pruno luogo ci vorrebbe un'educazione di massa, con adeguata informazione». Cosa che non avviene. Secondo lei, perché? «Perché non c'è tradizione in tal senso». Ma come? Il nostro è un Paese che trema con allarmante frequenza. «Vero, però è l'atteggiamento nazionale, fatalista, a deternùnare uno scarso interesse per il problema non appena il problema stesso ò passato. Tant'è vero che, negli Stati Uniti e in Giappone, dove il modo di affrontare queste cose ò ben diverso, si riescono a con¬ tenere i danni». Chissà se sono fatalisti anche coloro che, ancora oggi, vivono nei containers? Ma, educazione di massa a parte, che altro si può fare? «Sono utili certi ùiterventi, non particolarmente costosi, nelle abitazioni. Si tratta di sistemi atti a impedire danni irreversibili. Ma soltanto adesso s'incomincia a parlarne, su proposta del sottosegretario Barberi. In ogni caso, lo ripeto, l'atteggiamento fatalistico frena, in qualche modo, l'iniziativa su questi eventi». I sindaci dei Comuni interessati dal nuovo sisma hanno chiesto tende e roulottes. Una richiesta che ritiene giustificata? «Sì. E' dettata dalla paura, quando non addirittura dal panico. E la paura deve avere tutta la nostra attenzione e il nostro rispetto». Daniela Daniele

Persone citate: Barberi, Enzo Boschi, Tena

Luoghi citati: Calabria, California, Giappone, Italia, Roma, Stati Uniti, Umbria