«Non sarà un colpo di spugna» di Giovanni Bianconi

«Non sarà un colpo di spugna» LA GIORNATA PIÙ' LUNGA «Non sarà un colpo di spugna» La soffiata prende in contropiede Palazzo Chigi ROMA OMANO Prodi e Giovanni Maria Flick erano pronti alla loro prima, vera-uscita «politica» in materia di giustizia. Ci tenevano molto, in particolare il Guardasigilli tante volte criticato e perfino irriso per il suo eccessivo «tecnicismo»: un piano articolato per chiudere i conti di Tangentopoli senza colpi di spugna, sul quale tenere compatta la maggioranza e, se possibile, raccogliere consensi anche nel campo dell'opposizione. Il giorno fissato era oggi, con la riunione tra Flick e i responsabili dei partiti dell'Ulivo, ma le anticipazioni uscite su La Repubblica della proposta ProdiFlick hanno rovinato il programma e rischiato di far naufragare il piano prima ancora che vedesse la luce. Perché contenevano una parola - indulto che ha scatenato una ridda di critiche e polemiche dentro la stessa maggioranza. In realtà il termine «indulto» assicurano a via Arenula e a palazzo Chigi - non compare mai nella proposta governativa, ma il solo leggerlo su un quotidiano è bastato per far dire ad alcuni (leggi ds e verdi) che loro sono contrari e non se ne parla nemmeno, e ad altri (leggi ppi) che sì, insomma, alla fine è lì che bisogna arrivare. Col risultato di esporre ancora una volta al tiro incrociato il ministro della Giustizia senza partito. A cercare di raddrizzare la situazione s'è impegnato Prodi in persona, convocando per stamane i segretari dei partiti che lo sostengono, e per adesso Flick può continuare sulla sua strada. Che fino a ieri sera era descritta in un appunto di appena quattro pagine, ma che oggi pomeriggio potrebbe diventare un più corposo documento da sottoporre ai capigruppo dell'Ulivo. Non è ancora un articolato con rimandi a norme di legge e articoli del codice, la proposta del Guardasigilli, ma l'elencazione di una serie di optional da cui attingere per «uscire da Tangentopoli» e rendere più efficaci le norme anti-corruzione per il futuro. Per il passato, dunque, niente indulto, ma il potenziamento di alcuni istituti e meccanismi processuali per evitare il carcere ai condannati, riducendo al tempo stesso i tempi del processo. Qualcuno dirà che è la riedizione del «patteggiamento allargato» già ipotizzato da Flick un anno e mezzo fa, qualcun altro che si tratta della vecchia idea del pool Mani Pulite (quando c'era ancora Di Pietro) illustrata a Cernobbio nel 1994, depurata dal requisito della delazione: fatto sta che Flick suggerisce la concessione di nuove attenuanti speciali per chi ammette le proprie responsabilità o comunque contribuisce all'accertamento dei fatti contestati. Contestualmente bisognerà pagare qualcosa. Non tanto con la «restituzione del maltolto», fonnula che dice tutto e niente, quanto attraverso una sorta di multa. Così se le caverà chi ha commesso il reato non per arricchirsi personalmente, ma per la «causa» del partito o di altro. Chi invece ha corrotto o concusso per intascare direttamente i soldi non potrà limitarsi alla multa, perché scatterà la confisca dei beni. Altra pena accessoria: l'interdizione anche temporale dal pubblico ufficiò o dalla carica sociale dalla quale si proviene. Tutto questo viene chiamato in gergo tecnico «sanzione ridotta e non detentiva» che - spiegano gli esperti del ministro della Giustizia - non ha nulla a che vedere con l'indulto, istituto che peraltro si potrebbe applicare solo alle pene definitive, e quindi finirebbe per incidere su pochissime persone. L'ulteriore «guadagno» garantito da queste norme sarebbe invece quello di evitare i tempi lunghi di appelli e ricorsi in Cassazione che portano inesorabilmente alla prescrizione, il «vero colpo di spugna» paventato dai magistrati. Per quanto riguarda il futuro, le strade aperte restano molte. Si ipotizza l'unificazione dei reati di corruzione e concussione, materia sulla quale c'è già una proposta in discussione al Senato, mentre non si parla della depenalizzazione sul finanziamento pubblico dei partiti, ipotesi alla quale il governo non è comunque pregiudizialemnte contrario. Infine si propone una mini-amnistia, che però sarebbe di carattere esclusivamente tecnico: riguarderebbe reati minori (pene fino a 3 o 4 anni) con l'esclusione di alcuni considerati ancora gravi (compresi quelli contro la pubblica amministrazione), allo scopo di togliere di mezzo qualche milione di fascicoli per reati che comunque cadrebbero in prescrizione, e di snellire il lavoro degli uffici in vista della riforma sul giudice unico che entrerà in vigore a giugno prossimo. Nella testa di Prodi e del Flick «politico» c'è l'idea che se si riesce a sciogliere in questo modo il nodo di Tangentopoli, ogni ali ra discussione in materia di riforme sulla giustizia (dalla distinzione delle funzioni alle norme sulle dichiarazioni sui pentiti) sarà più facile, anche con l'opposizione. Ma c'è di mezzo il problema della commissione d'inchiesta su Tangentopoli; per Prodi la proposta Flick finirebbe per renderla superflua, e su questo presupposto ha già incassato il «sì» di Di Pietro, ina dall'altra parte Berlusconi insiste: «Sulla commissione non si tratta, e il 23 settembre (giorno della discussione alla Camera, ndr) si misurerà la buona volontà dell'Ulivo». Giovanni Bianconi Attenuanti speciali per chi ammette le responsabilità o contribuisce a chiarire i fatti Una mini-amnistia per i reati minori esclusi quelli contro la pubblica amministrazione Il ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick Il senatore dell'Ulivo Antonio Di Pietro

Luoghi citati: Cernobbio, Roma, Tangentopoli