Un uomo e i suoi misteri

Un uomo e i suoi misteri una canzone lunga trent'anni, da «Balla Linda» a «Ancora tu», da «Perché no» a «Hegel» Un uomo e i suoi misteri Sapeva cantare Vanima di vite senza qualità MA se l'uomo con i suoi misteri non c'è più, l'artista e la sua musica accompagneranno ancora molte generazioni: con un legame però sempre sfuggente, controverso, perché la breve e magnifica stagione che ne ha segnato il successo infinito non gli appartiene interamente, e va divisa davvero ex aequo con l'autore dei testi delle canzoni, Giulio Rapetti in arte Mogol. Mogol/Battisti è stata un'accoppiata unica. Ha prodotto una sintesi perfetta fra musica e parole, come si trattasse di un'unica persona. Si ricordano pochissimi casi analoghi, tipo Elton John/Bernie Taupin che però ancora oggi (anche se a profilo più basso) lavorano insieme ma vivendo separati su due diverse sponde dell'Atlantico. E chissà se proprio questo dovere di dividere comunque il merito del successo sia stato uno dei crucci che hanno accompagnato la vita sempre più nascosta del musicista. Alla fine dei Settanta, Lucio Battisti aveva litigato, e rotto, con Mogol perché quest'ultimo pretendeva pari dignità anche economica nella divisione delle royalties delle canzoni: un atteggiamento di principio, quello di Battisti, che non si sa quanto avesse a che fare con la tradizionale parsimonia del personaggio, e quanto invece fosse un orgoglioso rivendicare il primato della musica sul testo. Dal 1980, quando «Una giornata uggiosa» chiuse per sempre il magico sodalizio, Battisti continuò a tentare di uccidere la parola che accompagnava le sue musiche: affidandosi prima, neli'82, alla penna della moglie Grazia Letizia Veronesi per il modestissimo «E già»; dal «Don Giovanni» in poi scritturò Pasquale Panella, uno che per lui ha giocato con le parole come con la cabala, assemblando assonanze in modo più o meno ironico. Fino alla perdizione linguistica. L'accoppiata si è consumata poi per sempre nel '94 con «Hegel», l'ultimo suo album. Con versi come «Il disco del discobolo è cromato.../ nelle piramidi continuamente scatta un otturatore...» Battisti ci confessava anche che non voleva mai più essere cantato. Prima dell'incontro con Mogol, nel '66, lui era stato soltanto un ex musicista dei «Campioni» di Tony Dallara, che poi aveva abbandonato per tentare l'avventura soli- sta. Un primo esperimento di testo & musica consegnato agli amici Dik Dik, «Se rimani con me», ebbe esito zero; la sua tecnica compositiva si accese solo dopo l'incontro con l'autore milanese, anch'egli in cerca di nuove emozioni. Già in «Dolce di giorno» o «Il vento» scritte con Mogol sempre per i Dik Dik, e in «29 settembre» affidata nel '67 all'Equipe '84, la scrittura complessiva si rivelò nuova, anzi rivoluzionaria. Un misto di rock, soul e melodia italiana, un ritmo incandescente e insieme pacato. Con soluzioni inattese e cambi che spezzavano all'improvviso l'atmosfera, aprendo sempre nuovi orizzonti. La coppia offrì i suoi pezzi ai grandi del tempo, Mina, Lauzi, la Patty Pravo; ma fu l'invito alle trasmissioni tv della Tigre di Cremona a liberare Battisti dai lacci dei Cantagiro e dei Dischi per l'Estate, e a farlo diventare un artista invece che un autore. Dai primi Settanta in poi, mentre scoppiava l'onda del rock progressivo, Battisti e Mogol lavorarono solamente in proprio, e piazzarono nei cuori e nelle classifiche tutti i loro album: «Lucio Battisti» del '69, «Emozioni» del '70, «Amore non amore» del '71 con «Dio mio no»; tra il '71 e il '72 nacquero «Lucio Battisti voi. IV», che conteneva «Mi ritorni in mente», «Umanamente uomo: il sogno» con «I giardini di marzo», e «Il mio canto libero»; del '73 è «Il mio caro angelo» con «La collina dei ciliegi»; del '74 «Anima latina» dove il ritmo si libera dall'ispirazione anglosassone; del '76 «La batteria il contrabbasso...» con «Ancora tu»; del '77 «Io noi tutti» che conteneva «Sì viaggiare»; del '78 «Una donna per amico». Sarebbe stata molto più malinconica la vita di tutti noi, senza le discese ardite e le risalite, senza le innocenti evasioni che queste canzoni raccontavano. In quella musica e in quelle parole filarono via storie di ordinaria quotidianità, storie di uomini e di donne ritratti nelle loro brucianti amarezze («Fiori rosa fiori di pesco/ C'ori tu/ Fiori nuovi stasera esco/ ho un anno di più...»). La poesia sapeva ritrovarsi come un messaggio insignificante negli spiccioli di vite senza qualità, fin nei banchi dei supermercati («in un grande magazzino una volta al mese....»), però il telefilm non è stato mai banale, e mai doppiato, e l'originalità non è sfuggita allo starsystem internazionale più attento: qualche tempo fa era stato David Bowie a confessarci di ascoltare spesso Battisti e di apprezzarlo molto. Dentro la musica poi, Lucio portava anche quella straordinaria voce rauca e nera, così diversa dalla nostra tradizione canora delle ugole comunque morbide. Una voce che si apriva e si chiudeva e si spezzava all'improvviso. Sensuale, ironica, disperata e indifferente insieme, questa voce esaltava con il falsetto il suo canto libero oppure urlava a pieni polmoni la disperazione solitaria e collettiva di un «Voglio Anna». Con le sue canzoni, Lucio Battisti ha acceso dibattiti che non si sono mai placati. Si disse che la gente di sinistra lo ascoltasse di nascosto (perché in quegli anni la si supponeva dedita solo ai pugni in tasca e alla canzone d'impegno), e un suo disco fu trovato perfino in un covo delle Brigate Rosse a Roma, durante una perquisizione. Ma all'esplodere della sua malattia lo scontro delle ideologie si è ripreso il campo, come se gli anni non fossero nemmeno passati: Michele Serra su «Repubblica» lo ha definito un canzonettaro plebeo, re della spiaggia, e il «Secolo d'Italia» lo ha rivendicato come eroe della sua parte politica. Ieri, in silenzio com'era vissuto per trent'anni, lui se n'è andato portandosi via con sé il mistero di questi suoi tormentati segreti; ma dietro la sua spigolosa storia d'uomo resterà comunque sempre l'eco di quella musica inconfondibile e facile, il suono che la gente comune, i ragazzi con la chitarra e quattro accordi, ricorderanno come la colonna sonora delle loro emozioni più profonde. Marinella Venegoni Dall'esordio incolore con i «Campioni» alla tv con Mina alla vita blindata degli ultimi anni I suoi dischi nelle camere di tutti e in un covo Br Sensuale e ironica disperata e indifferente rauca e nera la sua voce portò una ventata di novità nella nostra tradizione di ugole morbide lslcvqdrn Lucio Battisti negli ultimi tempi, quando veniva assediato dai fan e dai conduttori di giochi in tv ORGOGLIO E DIGNITÀ'. Siamo all'epilogo della grande avventura: 'Una giornata uggiosa», disco plumbeo fin da titolo e copertina, segna la fine del sodalizio tra battisti e Mogol. E' il 1980, nulla sarà più come prima: gli ultimi guizzi d'una vena creativa che forse si sta comunque incrinando sono «Il monolocale», «Una vita viva», «Gelosa cara», «Una giornata uggiosa». Poi, ognuno per la sua strada: una strada mai più in discesa per nessuno dei due. ■ //fondo marino, [giocar da terzino la spiaggia al mattino (presto, la fedeltà Entrare nel bosco e fermarsi a dormire [sul ìnuschio scordarsi un po'il [rischio e la slealtà Se è il caso lottare, più [spesso lasciare Saper aspettare chi [viene e chi va e non affondare, se si [può in nessuna passione [Una vita viva] DON GIOVANNI E PAN ELLA. Intanto, Battisti è scomparso: dal mondo, e dalle copertine dei suoi dischi, che d'ora in poi diventeranno pura grafica. Dopo l'addio a Mogol e uno sfortunato tentativo di scrivere in coppia con la moglie Grazia Letizia, nel 1985 ha inizio il sodalizio con il filosofo paroliere Carlo Panella: il primo frutto di questa controversa collaborazione è «Don Giovanni», un disco che allarma non poco - a ragione, come si vedrà - i fans di Battisti. ■ Non penso quindi tu [sei questo mi conquista L'artista non sono io [sono Usuo fumista Son santo, mi illumino [ho tanto di stimmate Segna e depenna [Ben-Hur sono [ Don Giovanni Rivesto quello che vuoi [son l'attaccapanni Poi penso che t'amo no anzi che strazio [Don Giovanni] IN APPARENZA. Copertina bianca, con solo il disegno a matita d'un armadio a due ante. Testi inarrivabili: se una delle ragioni del divorzio da Mogol fu la convinzione di Battisti che la musica avesse un indiscutibile primato sulle parole, la logica conseguenza è l'annullamento non tanto delle parole, pur sempre musicali e quindi necess?rie, quanto dei significati. «L'apparenza» è un disco difficile e poco orecchiabile: neppure i canzonieri più completi ne riportano gli accordi. ——-J ■ Quindi facendo [finta che non sai [parlare Ti metti un dito in [bocca e l'anulare Dirigi una Quinta [qualsiasi Sposti Ire passi come le [tre carte Mi metti a parte di una [confidenza Senza vocali e senza [consonatiti [L'apparenza] LUCIO E HEGEL. Pare che Battisti, da anni rinchiuso tra quattro mura, s'interessi davvero di filosofia. Il suo ultimo disco con Panella, nel 94, è «Hegel»: contiene versi raccapriccianti e bellissimi nella loro musicalità, del genere: «E ci contrastavamo amabilmente / su verde e rosa e viola del pensiero / su mente giudicante su lampo e riflessione / sul limpido, il cupo e il commovente», e rime surreali come estetica/allodola. Provocazioni per pochi intimi, ormai. E II ■ Da qualche tempo è recente anche [l'antico Il disco del discobolo è [cromato Nella testa di Seneca si [sente il motorino di un [frullatore Nelle piramidi [continuamente scatta un otturatore E in te Tubinga in te [non c'è un juke-box e non un tosta pane [Tubinga]

Luoghi citati: Cremona, Italia, Roma