Sapori italiani conquistano il tempio dei buongustai

Sapori italiani conquistano il tempio dei buongustai Da Chez Maxim's adesso si mangiano polenta e funghi, gnocchi e tiramisù Sapori italiani conquistano il tempio dei buongustai RIVOLUZIONE NEL MENU' DI RUE ROYALE PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Al tavolo 16, quello nell'angolo in fondo a sinistra, del «rang rovai», il canapé di fronte all'orchestra, si sono avvicendati negli anni Edoardo VII, Aristotele Onassis (prima con Maria Callas, poi con Jackie Kennedy) e Giovanni Agnelli, ad ascoltare Edith Piaf, Maurice Chevalier, Charles Aznavour. Non avevano mai mangiato, però, polenta e funghi, gnocchi, tiramisù. Tanto meno i pomodorini secchi alla calabrese. La cucina italiana conquista Chez Maxim's, il ristorante più famoso del mondo. «Ed è stata una mia scelta», ci dice, in italiano, il proprietario, Pierre Cardin, non dimentico delle origini venete. Quand'è a Parigi lo stilista passa tutte le mattine, verso le 11, nel suo gioiello della rue Royale, tra place de la Concorde e la Madeleine. Ha fatto rifare il baiin stile liberty al primo piano, ha seguito personalmente il restauro della sala al pianterreno datata 1899, monumento nazionale tutelato dalle Belle Arti (ma Cardin ha voluto sostituire il canapé dell'ingresso con tavoli rotondi, più comodi). Ora gira tra gli arredi, controlla i dettagli, saluta con affetto il suo nuovo chef: «L'ho voluto io, Bruno Stril. Era il cuoco del mio ristorante italiano, "Le 20 rue du Cirque", sugli Champs-Elysées. Un locale frequentato da banchieri e antiquari, i palati più difficili da soddisfare. Bruno si è impadronito di tutti i piatti della cucina mediterranea. Meritava la promozione. E' stato bravissimo». Anche perché Stril non è italiano, ma basco. Ha imparato a non scuocere gli spaghetti e a preferire l'olio d'oliva extravergine al burro da Rodolfo Rizzo, prima che lo chef di "Le 20 rue du Cirque" tornasse a Roma. Ora è pronto a introdurre i piatti piemontesi e napoletani da Maxim's. Bagna cauda al posto dell'anatra all'arancia, babà invece delle crépes al grand marnier? Non proprio. La tradizione francese non scompare. Gli gnocchi sono serviti con una costoletta di vitello in salsa di crostacei, la polenta e funghi con un carré d'agnello in crosta di pepe, la pancetta avvolge gli scampi. Ma la lezione della cucina italiana è presente ovunque, nelle materie prime come nelle cotture. Diamo un'occhiata alla carta in preparazione, che sarà sui tavoli tra qualche giorno. Cannelloni di astice e verdure con sugo al pomodoro e olio al sentore di tartufo bianco d'Alba (ma Stril promette che in stagione ci sarà il tartufo vero, magari da grattare sul risotto). Prosciutto crudo di Parma con melone. Orata al sale con caponata di melanzane, peperoni e cipolle. Triglie al basilico e olive nere. Insalata di astice all'olio d'oliva extravergine, basilico e pomodori secchi, che lo chef prepara personalmente secondo la ricetta delle massaie di Gioiosa Jonica, sostituendo l'essiccazione al sole con quattro ore di cottura in forno a temperatura molto bassa. «Il tiramisù - spiega - lo faccio con mascarpone, uova montate con zucchero e un po' di caffé. Niente liquore. Mi piacerebbe col tempo portare qualcun altro dei piatti italiani che ho imparato a fare: le fettuccine, le lasagne. Con i pinoli preparo una galletta che accompagna l'anatra di Quércy, con la rucola condisco la terrina d'interiora di coniglio. E con i semi di finocchio insaporisco una focaccia che servo con il carpaccio di branzino marinato con limone, scalogno e olio d'oliva. Ma da voi italiani ho imparato anche ad alleggerire le salse, semplificare i condimenti, ridurre le cotture: far saltare una verdura in padella è meglio che cuocerla per un'ora nell'acqua, come eravamo abituati in Francia. So che molti chef polemizzano con le influenze dall'estero. A me pare che arricchiscano la nostra cucina. E anche il più grande di noi, Alain Ducasse, la pensa così». Accanto alla polenta, in carta ci saranno i classici di Maxim's, quelli che hanno fatto la fortuna del ristorante negli Anni Trenta: il «Billy-By sur giace», una zuppa fredda di cozze, la «Vichyssoise», un potage con porri, patate e panna, il «Nido di Maxim's», con fagiolini e uo- va di quaglia, la sogliola «Albert» al vermouth, i tournedos alla Rossini con soufflé di patate, le crèpes «Vedova allegra» con crema pasticciere...Piatti datati, vestigia di un'altra era gastronomica, cui i clienti di oggi preferiranno probabilmente i ravioli di astice o le penne alla genovese, in carta a 95 franchi, 28 mila lire. Per la costoletta di vitello da latte con funghi gallinacci, il piatto più costoso del menu, investirete 350 franchi, più di centomila lire. Coperto e servizio inclusi, però. E non fatevi tentare da una discesa in cantina: bottiglie sensazionali, cuvée storiche, prezzi all'altezza. Inutile cercare chianti e neppure baroli: la carta dei vini continua a parlare solo francese. Parla francese adesso anche Pierre Cardin, e avverte uno dei camerieri: «Giovanni, d'ora in poi non dovrai più chiamarlo monsieur Francò, ma monsieur Rossetti...». Franco Rossetti è il nuovo direttore di Chez Maxim's. Romagnolo, tessera del club Pantani nel portafoglio («è del 1995, non ho aspettato che Marco vincesse il Tour per prenderla»), dopo ventun anni l'accento parigino prevale su quello di Cesenatico. «Lavoravo al Palace di Sant-Moritz. Sono venuto a Parigi per fermarmi tre mesi e perfezionare la lingua, mi hanno assunto da Maxim's e non me ne sono più an¬ dato. Chef de rang, maitre d'hotel, caposala, e ora direttore: ho percorso l'intero cursus honorum». Con Cardin e Rossetti sfogliamo il libro rosso del centenario: costa più della costoletta di vitello (385 franchi, 115 mila lire), ma è destinato a durare: ecco le foto della serata del 1906 in onore di Edmond Rostand, il padre di Cyrano, e di quella per Georges Feydeau, autore appunto della 'Dame de chez Maxim's'; i concerti della Bella Otero e di Josephine Baker; la festa per il matrimonio di Brigitte Bardot e Roger Vadim e quella organizzata nel 1954 da Marie-Hélène de Rothschild per Coco Chanel; la notte del 1909 in cui al tavolo 16 si sedette Mata Hari, e quella del 1969 quando, una colomba appollaiata sul bastone da passeggio, vi si accomodò Salvador Dalì. E nessun cameriere gli propose una seconda porzione di penne al pesto. Una scelta voluta dal proprietario Pierre Cardin Il cuoco è un basco: «Da voi italiani ho imparato segreti che arricchiscono la cucina d'Oltralpe» Ma la carta dei vini resta solo francese PARIGI ' MADOSINE PIACE ^ DE LA CONCORDE |É1 TtlllERIES Il cuoco Bruno Stril e il ristorante Chez Maxim's

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