L'arbitro mediorientale di Fiamma Nirenstein

L'arbitro mediorientale L'arbitro mediorientale Un accordo per salvare il Presidente IL RITIRO ISRAELIANO LTEL AVIV O sfinite, paziente Dennis Ross, che da oggi è di nuovo in giro per il Medio Oriente (prima da Arafat, domani da Netanyahu) con la sua «missione impossibile» - ovvero fare la pace fra israeliani e palestinesi sulle ceneri del Trattato di Oslo - stavolta è giunto con un nuovo, enorme fardello: tentare il salvataggio di Clinton. In queste ore nell'ufficio del premier israeliano si enumerano sulle dita con un sorriso le varie mosse di questi giorni che dimostrano quanto sia cruciale per Bill che si arrivi finalmente a qualcosa di concreto. Ma proprio adesso, subito, non fra un mese, e neppure fra qualche giorno. Intanto, dopo il 18 di agosto, data dell'incontro fra Netanyahu e Abu Allah, il vice di Arafat, Clinton si era fatto naturalmente spiegare molto bene com'erano andate le cose, e aveva dato importanza alla sostanza positiva dei risultati. E il 2 di settembre, addirittura dal suo albergo a Mosca, all'improvviso, e senza che fosse accaduto niente di nuovo, ha telefonato sia a Netanyahu che ad Arafat; infine, il giorno dopo, dall'Irlanda, ha organizzato la repentina visita di Dennis Ross sia a Gaza che a Gerusalemme. Mosca, Irlanda, Israele... un disegno completo dell'immagine che Clinton ha un'urgenza mai vista di restaurare: quella del costruttore di pace, nel momento in cui sembra (ed è proprio a Mo¬ sca che Clinton è venuto a saperlo) che nei prossimi giorni Kenneth Starr presenterà le sue scoperte al Congresso. Dunque, non come Clinton aveva sperato dopo le elezioni, ma durante la campagna elettorale per il Congresso. E sarà un ulteriore, durissimo colpo alla sostanza stessa dell'immagine di Clinton, alla credibilità della sua presidenza. E' evidente che dall'attacco in Sudan e in Afghanistan, fino al ritorno dalle vacanze per dedicarsi alla grande politica internazionale, Clinton ha messo in moto una sorta di emergenza americana nel mondo, un urgentissimo lifting. Anche Thomas Friedman sul New York Times ha abbandonato la linea «lasciate in pace il Presidente perché ha problemi più importanti di Monica»; anzi, non lo vede più come un leader mondiale funzionante. Tuttavia Clinton fra tutti i presidenti americani, a parte la sua personale scarsa simpatia per Netanyahu, è quello che più di tutti ha un atteggiamento genuinamente affettuoso nei confronti di Israele. Non solo: Israele è in un certo senso un Paese in cui, almeno in termini immediati, è più facile ottenere risultati spettacolari sul proscenio politico mondiale. Netanyahu ultimamente è stato esplicito nel lasciar cadere ogni pregiudiziale ideologica sul famoso sgombero del 13 per cento, e ha anche smesso di insistere sull'impossibile estradizione dei terroristi da parte dell'Autonomia Palestinese. Ed è anche un po' venuta meno la sua richiesta che sia il Consiglio Nazionale Palestinese a modificare la Carta che ancora auspica la cacciata degli ebrei. Gli israeliani e anche i palestinesi sono dunque ben consapevoli che Clinton potrebbe in tempi brevi realizzare un prestigioso vertice con Netanyahu e Arafat sul prato della Casa Bianca: questo sarebbe per il Presidente americano davvero un colpo da maestro, alla faccia di chi gli vuole male. Invece, chi gli vuole bene (e questo si suggeriscono all'orecchio tutti i consiglieri dei leader israeliani e palestinesi) potrebbe contare in futuro sul suo largo sorriso pieno di gratitudine. Fiamma Nirenstein lina enorme responsabilità per il mediatore Usa: un vertice di pace tra Netanyahu e Arafat sul prato della Casa Bianca sarebbe un colpo da maestro