La fortuna di avere 80 anni di Filippo Ceccarelli

La fortuna di avere 80 anni Oggi il compleanno di Scalfaro. Ma l'età non danneggia l'immagine del Presidente: anzi, sembra giocare a favore della sua rielezione al Quirinale La fortuna di avere 80 anni VROMA ECCHIO per vecchio - pur con tutto il rispetto, e gli auguri fervidissimi, e i meritati riconoscimenti per come sta l'illustre festeggiato - beh, tanto vale una bella cifra tonda. E ottant'anm, allora, sono il miglior regalo che Oscar Luigi Scalfaro poteva farsi in vista di una possibile rielezione. Questo al di là di qualsiasi futura strategia parlamentare e plausibile sofisticheria politica. In nessun caso come nel suo, l'età gioca a favore dell'attuale Presidente. Impossibile addirittura immaginarselo, più giovane. Già a 32 anni, d'altra parte, Scalfaro si distingueva per una severità di costumi (suoi, certo, ma anche di signore scollate incrociate in trattoria) che anche durante il Giubileo del 1950 parve a molti eccessivamente austera, senile. Su un piano di inevitabile semplificazione simbolica, in realtà egli fa parte di quella razza di leader che sono sempre stati o che sempre sono apparsi vecchi - come Spadolini, che Fortebraccio chiamava «il venerando bambino». A cominciare da come parla, da come si muove, dalla sciarpa bianca che indossa. Dal punto di vista di un'eventuale riconferma, perciò, ottant'anni sono per lui una vera e propria risorsa anagrafica, medaglia alla coerenza del personaggio. Completano l'immagine del galantuomo d'altri tempi; sanzionano la sua condizione di felice sopravvissuto; celebrano in lui l'ultimo democristiano, più longevo della stessa de. In evidente contrasto con l'accelerazione dei cicli di produzione e consumo delle leadership, un Capo dello Stato ambiziosamente ottuagenario deve per forza coltivare il proprio marchio anacronistico, magari addirittura sperando in cuor suo di avviarsi, con ineguagliabile esperienza, verso l'eternità... Ma anche senza esagerare è certo che un leader anziano funziona bene solo in tempi di crisi e di smarrimento. Tanto che uno dei segreti della presidenza Scalfaro sta in un modello d'autorità - paterno o, se si vuole, di Super-io politico-istituzionale - che ancora oggi placa e reprime le pulsioni collettive senza appagarle; che costantemente invita al superamento degli appetiti egoistici; e comunque esorta al sacrificio. A volte, infatti, l'età non solo si «vende», ma è anche un autentico sinonimo di saggezza, di inusitata resistenza e pure di energia. Vedi Cuccia (91), vedi De Martino (91), Fanfani (90), la Levi Montalcini (89), Leone (89), Valiani (89), Bobbio (88), Montanelli (88), Foa (88). Altre volte, però, il vento della storia soffia dall'altra parte. E così, anche in politica, la vecchiaia diventa un impaccio, un handicap. Si trova sempre un Craxi che attacca Fanfani con l'argomento che «non sempre il vino migliora invecchiando». O un Bossi che, con minore raffinatezza, dà del rimbambito al pro¬ fessor Miglio. Quando addirittura ad esempio durante le ultime elezioni per il Quirinale - l'anzianità di qualche aspirante non diviene un pretesto per crudeli insolenze a base di certificati anagrafici e bollettini sanitari, o bisbiglìi a base di problematiche neurovegetative, incontinenza, sopori, torpori e carnitina. Naturalmente l'oscillazione del pendolo è una questione che va avanti da qualche millennio. Né l'u¬ so dei farmaci allunga-vita, del resto, né la crisi del patriarcato l'hanno di molto spostata rispetto alle dispute delle letteratura filosofica ellenistica. Nel Calo maior, de senectute un Cicerone poco più che sessantenne respinge con una certa efficacia i soliti quattro argomenti che sconsiglierebbero l'elezione (o la conferma) di un ottuagenario o suppergiù - in corsa c'è anche Carlo Azeglio Ciampi, classe 1920 - sul Colle. La vecchiaia perciò non impedisce il compimento di opere degne; non porta malattie; non priva dei piaceri; non avvicina alla morte. Un codice da rispolverare in vista di una gara quirinalizia che qualche spiritoso ha già ribattezzato «2001, Odissea nell'ospizio». Se i vecchioni sono pochi, in effetti, i «mocciosi» non mancano mai. Quando, a 82 anni, fu eletto Sandro Pertini, pronosticarono: «Al primo presentat'arm gli casca la dentiera». Lui, futuro archetipo di Presidente vecchio, terribile e popolarissimo, rispose: «Bene, sette anni me li faccio tutti». E alla fine voleva pure fare il bis. Filippo Ceccarelli Sopra: il presidente Oscar Luigi Scalfaro Accanto, da sinistra: Marco Tullio Cicerone, l'ex presidente Sandro Pettini ed Enrico Cuccia