Il marito attacca i reporter «Fate piangere Alessandra»

Il marito attacca i reporter «Fate piangere Alessandra» Il marito attacca i reporter «Fate piangere Alessandra» MILANO. Sorrisi a denti stretti e ancora nervosismo. Non sarà «gelo», come dice il procuratore generale Vittorio Loi, ma la freddezza nei rapporti tra il procuratore Saverio Borrelli, il suo aggiunto Manlio Minale e il pm Alberto Nobili rimane, nonostante quella di ieri sia stata una giornata di «chiarimenti». Nel pomeriggio un incontro tra Nobili e il procuratore Borrelli, che ancora in mattinata rifiutava di fare commenti sulla liberazione di Alessandra Sgarella («Cosa fatta, capo ha»), ha contribuito per lo meno a rimettere in moto la macchina delle «comunicazioni interne» che sembrava essersi inceppata, nonostante le «deleghe» tra il capo e i suoi sostituti che da sempre governano l'armonia della procura. «Deleghe» che evidente- mente hanno funzionato fino all'arresto dei sette presunti rapitori del clan Lumbaca, salutato da Borrelli con grande entusiasmo, e che invece ora sembrano solo un lontano ricordo. L'incontro tra il pm e il massimo responsabile della procura è durato in tutto mezz'ora. Al termine nessun commento: «Ora so cosa è successo - si è limitato a dire Borrelli -. Ma non dico niente, sono privo di idee». . In mattinata il procuratore capo era stato più sferzante: «Non dò nessuna valutazione su quello che è successo. Perché ne dovrei dare? Non è rilevante ciò che penso. Non conta niente». E questo nonostante il procuratore generale Vittorio Loi (che sul caso sta preparando una relazione da inviare al mini¬ stro Flick), fin dal mattino, dopo la riunione dell'altra sera, avesse iniziato a gettare acqua sul fuoco: «Nessun gelo in procura tra Borrelli e Minale». E che lo stesso aggiunto Minale avess° fatto sapere «di avere bevuto il caffè con Borre'1!», come segno di distensione. Ostilità interne cessate dunque, sùt i-attutto in vista dell'incontro con la commissione Antimafia che Minale, e i sostituti che hanno coordinato le indagmi, Alberto Nobili e Alfredo Kobledo, dovranno sostenere venerdì per spiegare i termini della liberazione di Alessandra Sgarella. E mentre ieri Nobili è tornato a ribadire che non è con Domenico Papalia, considerato il vero capo dell'organizzazione criminale, che si sono avuti i contatti (il 21 agosto, quando il boss venne sentito in carcere da un ispettore di pohzia, le trattative erano già in corso), le illazioni di alcuni giornali circa il pagamento di un presunto riscatto hanno fatto andare su tutte le furie il marito dell'imprenditrice, Pietro Vavassori. Il quale, al termine dell'interrogatorio della moglie è sceso in strada per affrontare i giornalisti: «Il riscatto non era di 7 miliardi ma di 52. E non ho pagato ad Hong Kong ma a Bogotà. Siete dei coglioni e avete scritto stronzate», ha detto visibilmente irritato Vavassori. «Mia moglie ha pianto tutta la notte per le cose che avete scritto e ha pianto anche questa mattina. Questa polemica - ha proseguito l'uomo è nata per delle strumentalizzazioni di qualche forza politica. Come ve lo devo dire che non è stata pagata nemmeno una lira?». Identica, ed ennesima smentita, è arrivata anche dagli inquirenti. I quali anzi hanno spiegato di essere stati sempre al corrente degli spostamenti all'estero di Pietro Vavassori. Ogni volta che l'uomo doveva lasciare l'Italia per lavoro avvertiva personalmente i magistrati o gli investigatori, dicendo dove si sarebbe recato. Così l'uomo ha viaggiato non solo ad Hong Kong e in Germania, ma anche in Svizzera, Gran Bretagna, Stati Uniti. [p. col.) Il magistrato Alberto Nobili

Luoghi citati: Bogotà, Germania, Gran Bretagna, Hong Kong, Italia, Milano, Stati Uniti, Svizzera