«Patto sociale e manovra insieme» di Roberto Ippolito
«Patto sociale e manovra insieme» L#INDUSTRIA E LE REGOLE DEL FUTURO «Patto sociale e manovra insieme» Callieri: dobbiamo chiudere entro settembre AROMA L più presto. «Sbrighiamoci!» esorta Carlo Callieri, vicepresidente della Confindustria. Callieri spera che diventi rapidamente realtà il patto sociale tra governo, imprese e sindacati immaginato da Ciampi. Ma dottor Callieri, cosa vuol dire per lei sbrigarsi? «Vuol dire cercare di definire il patto sociale entro settembre». Così da abbinarlo alla legge finanziaria? «Sarebbe certamente utile avere insieme il patto sociale e la Finanziaria. La logge finanziaria potrebbe dare un segnale forte e chiaro che si lavora in direzione dello sviluppo». Crede a un'intesa rapida? «Il tempo è poco, occorre lavorare molto». A parole il patto è fatto, visto che governo, Confindustria, sindacati e Banca d'Italia anche se con toni diversi lo vogliono. Che cosa serve per dare sostanza alle parole? «Ci sono scogli molto rilevanti da superare. Devono essere affrontate alcune questioni di contenuto della politica dei redditi che deve essere riaffermata, con il rafforzamento della concertazione, il dialogo tra governo, industria e sindacati». Per consolidare la politica dei redditi è in corso la verifica dell'intesa del '93. State per incontrare (oggi alle 18) il ministro del Lavoro Treu. «Vedremo come sarà formalizzato il nuovo sistema di regole per le procedure della concertazione, finora molto aperte e affidate alla buona volontà. Le regole daranno vita a procedure più vincolanti per tutti, governo compreso. Il passo successivo è definire il sistema contrattuale e un coerente sistema di rappresentanza sindacale». A che cosa pensa? «Si devono definire le regole per eventuali più livelli contrattuali che non si devono sovrapporre per i contenuti e i tempi, né devono generare dinamiche salariali incompatibili con la competitività». Conferma il sì ai due livelli contrattuali? «Ci vuole una forte specializzazione dei due livelli». Ci sono ipotesi d'accordo? «L'accordo è tutto da trovare, come è da trovare per le rappresentanze che devono assicurare coerenza tra obiettivi generali e specifici, avere un forte collegamento con le centrali sindacali senza avviarsi su logiche e derive spontaneistiche». E' difficile la soluzione? «Alcune parti sindacali sono disposte a seguire questa deriva. Ed è in discussione in Parlamento una proposta di legge in contraddizione con l'esigenza che ho ricordato». Quale il punto d'arrivo? «Si può immaginare un sistema misto: associativo e elettivo. La rappresentanza aziendale sarebbe sia nominata dal sindacato che eletta dalla base: il cosiddetto doppio canale». Da queste premesse sulla politica dei redditi nascerà il nuovo patto sociale? «Il tema del patto è tutto da esplorare. Si deve capire cosa può significare lo scambio proposto da Ciampi fra investimenti e flessibilità, per stimolare l'occupazione, ferma restando la libertà di profitti». Cofferati, segretario della Cgil, offre un freno ai salari. «Mi sembra che Cofferati ripercorra la strada della politica dei redditi la quale non è il contenimento dei salari, ma la salvaguardia del potere d'acquisto reale con un'ulteriore crescita legata alla produttività. Strada servita a difendere, non a far crescere l'occupazione». Non vede proprio nulla di nuovo nelle idee di Cofferati? «Nulla di nuovo. Se Cofferati condivide la valutazione che la flessibilità è correlata a investimenti e occupazione, si possono trovare soluzioni efficaci». Più che alle lire sembrate interessati oggi alle regole dell'occupazione: è così? «Il costo del lavoro è un aspetto rilevante. Però sono anche importanti le questioni legate all'utilizzo del la- voro: entrata in azienda, condizioni delle prestazione (orari, turni, rendimenti, modalità), condizioni di uscita (cioè la possibilità dell'alleggerimento dell'organico in caso di necessità). Esistono margini cospicui per miglioramenti rispetto alla situazione attuale senza intaccare i diritti dei lavoratori». Più in concreto? «Esistono una ventina di tipi di contratti di assunzione: a termine, di formazione, week-end e così via. Ognuno definisce una modalità specifica. Questa non è flessibilità: è articolazione dirigista, con fattispecie, controlli, tempi di realizzazione e sanzioni anche estreme come la trasformazione di un contratto a tempo in uno a tempo indeterminato. Così facciamo la ricchezza dei consulenti del lavoro e degli avvocati e diamo tanto lavoro ai giudici. In Toscana viene finanziato dall'Ile un corso per esperti della flessibilità: se servono gli esperti non c'è flessibilità. Questo vale anche per le uscite». Cioè per i licenziamenti? «In Italia non è impossibile licenziare, ma è previsto un gioco dell'oca con trabocchetti e tranelli che non fa bene a nessuno. Garantita la salvaguardia dagli arbìtri, tutto deve diventare più agile». In che modo, secondo la Confindustria? «Con poche regole: l'azienda che sbaglia a licenziare, deve pagare una sanzione. Le tipologie dei possibili licenziamenti esistono: però la loro applicazione è aleatoria, lunga, complicata e soggetta alla discrezionalità dei giudici. Oggi si dispone spesso l'obbligo di riassunzione polii licenziamento errato, cioè la reintegrazione: non è sopportabile». Quindi invece... «...invece della reintegrazione, deve essere prevista una sanzione pecuniaria, un risarcimento del danno a chi è licenziato ingiustamente». E al governo che cosa chiedete? «Gli altri temi di fondo del confronto sul patto sociale sono il trattamento fiscale degli investimenti e quello previdenziale per i giovani neoassunti». Due operazioni costose. «La Finanziaria dovrebbe imporre un corrispondente taglio delle spese. Ritorna perciò alla ribalta la questione della revisiono dello Stato sociale, con maggiori garanzie per le generazioni future». La Confindustria che cosa offre? «Diamo in cambio la disponibilità ad assumerci il rischio dell'investimento in condizioni difficili. Scommettiamo sullo sviluppo del Paese». Ma questo non è normale? «In un mondo globalizzato si può investire dovunque: l'impegno è di ac¬ centuare l'attenzione alla crescita del Paese». Chi garantisce che gli investimenti saranno avviati? «L'interesse, che è una molla potente. Già oggi rispetto al '97 gli investimenti sono cresciuti del 7%. La vocazione delle imprese è crescere: creiamo le condizioni per consentirlo». Roberto Ippolito «Ma ci sono scogli rilevanti da superare» «Sì ai licenziamenti, chi sbaglia deve pagare» Carlo Callieri, vicepresidente di Confindustria LNdRerrcttI I Carlo Callieri, vicepresidente di Confindustria
Luoghi citati: Confindustria, Italia, Toscana
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