Il Polo boccia la «commissione ulivista» di Alberto Rapisarda

Il Polo boccia la «commissione ulivista» Sul nodo di Tangentopoli fallisce la mediazione di Dini. Fini: faremo la conta in Parlamento Il Polo boccia la «commissione ulivista» // centrosinistra: allora le riforme le faremo da soli ROMA. L'Ulivo tende la mano al Polo che chiede una commissione di inchiesta su Tangentopoli e il Polo respinge coralmente e con sberleffi la proposta dei partiti di governo che è: si può approvare la commissione (rimane nel vago se di inchiesta o di indagine) a patto che il Polo accetti di riprendere il cammino delle riforme e a patto che la commissione si metta al lavoro solo dolio che sarà stato eletto il nuovo presidente della Repubblica. «L'Ulivo offre un'allodola ma chiede in cambio un cavallo - replica sarcastico il presidente dei deputati di Forza Italia, Pisanu -. Non è uno scambio paritario. Tanto più che il cavallo (le riforme) lo vuole subito mentre l'allodola (la commissione) promette di tenerla in gabbia in attesa di l'aria volare quando gli farà più comodo... Hanno fatto questa proposta solo per provocare un nostro rifiuto». Lo sbarramento del Polo è totale, da Forza Italia a Fini. Tutti a dire che cosi si va alla guerra e che ormai ci si conterà nelle aule del Parlamento il 23 settembre, quando sarà messa ai voti la loro proposta di una commissione parlamentare di inchiesta che indaghi sulle indagini su Tantentopoli. «Se la commissione l'Ulivo la vuole, la voti, se no voti contro. Ognuno si assuma le proprie responsabilità» dice Gianfranco Fini, presidente di An. A questo punto sembra che sia tallito l'estremo tentativo fatto dall'Ulivo per coinvolgere anche l'opposizione nelle riforme che, comun- que, dovranno essere realizzate. Parziali quanto si vuole, non organiche come quelle che sarebbero potute uscire dalla commissione Bicamerale, ma concrete e visibili per gli elettori. Perché tra due anni si vota e lo sfarfallio delle chiacchiere e delle polemiche a ruota libera rafforza l'opposizione ma stronca i partiti di governo, che saranno giudicati in base ai loro atti. Questa pare essere la convinzione maturata da Prodi e dall'Ulivo. I popolari, i dimani, i verdi e i socialisti faticano a rassegnarsi ad un destino che porta gli schieramenti a fronteggiarsi a muso duro. Ma ieri anche loro hanno dovuto prendere atto che il Polo ritiene, per sé, politicamente più utile evitare qualsiasi accordo, convinto come è che l'Ulivo, da solo, non riuscirà a realizzare su nessuna riforma accordi al suo interno. E' costretto a fare marcia indietro il «pontiere» Lamberto Dini, che ieri mattina (intervista al Messaggero) dava per probabile un suo voto assieme al Polo a favore della commissione di inchiesta. Nel pomeriggio, il vicepresidente dei deputati dimani doveva, però, prendere atto che «con questo clima e queste reazioni del Polo» l'istituzione della commissione di inchiesta «tende a farsi inopportuna se non impossibile». Delusi anche i verdi (Manconi è «sconcertato») e i popolari. Che inviano al Polo (lo fa Pietro Carotti) il messaggio che rende chiaro il senso di svolta, di giro di boa, che ha avuto il passaggio di ieri. Ovvero: il centro sinistra «si assumerà comunque le proprie responsabilità, a partire dai problemi della giustizia». Questo vuol dire che, dopo tante esitazioni, l'Ulivo è tornato dalle vacanze con la decisione di avviare le riforme possibili da approvare con la procedura costituzionale dell'articolo 138. Questo sembra segnare l'ennesimo appello del Presidente della Repubblica «fare uno sforzo comune per servire questo popolo» per affrontare riforme e giustizia. Questo dicono esplicitamente i presidenti delle Camere, Mancino e Violante. «Si può ripartire con l'art. 138», sostiene il presidente del Senato che esorta ad avere «ferma determinazione». E anche il presidente della Camera vede le riforme come «inevitabili e urgenti» («non resta che l'art. 138»), «perché agli italiani, quando finirà la legislatura, bisognerà andare a dire perché non si è fatta la riforma della Costituzione». I diessini, che hanno accettato, ormai poco convinti, l'estremo tentativo dell'Ulivo di raccordarsi col Polo, trovano sorprendenti (Mussi) le repliche poliste. Ma già si pensa a quando cominciare con l'art. 138. Sarà ad ottobre-novembre, in commissione. I temi: riforma della giustizia che riguarda i comuni cittadini, legge elettorale per evitare il referendum, forse riforma dell'elezione del Presidente della Repubblica. Alberto Rapisarda Sopra: il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini A sinistra: Lamberto Dini ministro degli Esteri e leader di Rinnovamento italiano Delusi anche verdi e popolari «Sulla giustizia ci assumeremo le nostre responsabilità» |

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