Scrittore ti voglio parlare di Giuseppe Culicchia di Giuseppe Culicchia

Scrittore ti voglio parlare di Giuseppe Culicchia Scrittore ti voglio parlare di Giuseppe Culicchia SCRITTORE, TI VOGLIO PARLARE: ecco, nel titolo dei questa nuova rubrica, un altro esempio - ammesso che ce ne fosse ancora bisogno - dei noti legami esistenti tra la giovane narrativa italiana (ovvero, in questo caso, io) e il rock, il pop, la mazurka o il cha-chacha. Non so se anche voi ve la ricordate, quella canzone. A me l'avevano fatta imparare alle elementari: soltanto che, al posto di SCRITTORE, faceva PITTORE. PITTORE TI VOGLIO PARLARE era l'attacco del primo verso, che poi proseguiva con SONO SOLO UN POVERO NEGRO. Tra la fine degli Anni Sessanta e l'inizio degli Anni Settanta, si arguisce, il cosiddetto politically correct non aveva ancora preso il sopravvento: altrimenti non si spiegherebbe quella G messa proprio al centro della parola NERO. Si potrebbe obiettare che nel frattempo la G è (quasi) sparita, ma che abbastanza singolarmente il nostro Paese si è scoperto suo malgrado assai più portato al razzismo di quanto non fosse possibile immaginare quando quella lettera compariva al centro della parola NERO. Il politically correct, del resto, gioca strani scherzi: fino ad un certo punto, ad esempio, pareva fosse corretto - per rimanere in tema - adoperare la definizione para-burocratica «extra-comunitario»; ora, invece, non lo è più. Ma, deontologia lessicale a parte, il titolo SCRITTORE TI VOGLIO PARLARE non vuol significare nient'altro di quello che apparentemente significa; ossia, che attraverso queste righe sarà possibile rivolgere al tenutario della presente rubrica qualsiasi quesito, a cui chissà se verrà mai data risposta. Le numerosissime lettere ricevute nei mesi scorsi (soprattutto da parte dei calorosi amici juventini, che dopo quel pezzo di Monopoli dal Santiago Bernabeu, la settimana successiva alla vittoria del Real Madrid in Coppa dei Campioni, sembravano letteralmente ansiosi di conoscermi di persona, forse per ribadire con ancora più entusiasmo gli apprezzamenti rivoltimi per lettera), mi hanno convinto ad instaurare questa specie di «filo diretto» (si dice così) con i lettori: se la Tamaro rispondeva alle lettere che le arrivavano a Famiglia Cristiana, d'altronde, non vedo perché io non dovrei fare altrettanto su TorinoSette. Chi crede, potrà inviarmi una foto: sia formato tessera che a figura intera. Naturalmente, avranno le stesse chances di ottenere risposta sia le missive di sinuose liceali che quelle di obesi camionisti (nota bene: la figu- ra della «liceale» è quella del «camionista» sono da intendersi quale dotta citazione tratta dai cosiddetti B-Movies prodotti in Italia da maestri del Cinema a cavallo, di nuovo, dei Sessanta e degli Ottanta, passando quindi più che altro dai Settanta: nelle scorse settimane un noto settimanale ne regalava - più o meno - le videocassette, in un trionfo di Alvari Vitali e Glorie Guida; e poi c'è anche chi ha stroncato l'ultimo Moretti); come usa dire in questi casi, il materiale ricevuto non potrà essere restituito. Ma, è logico domandarsi, che cosa chiedere al sottoscritto? Come sottolineavo in precedenza, di tutto: a patto che questo tutto abbia a che vedere con Torino. Potrà sembrare limitante, in realtà non lo è: se vorrete sapere qualcosa di più sugli alligatori, ad esempio, basterà formulare la richiesta in modo da farci stare anche Torino (tipo: qual è la lunghezza media di un alligatore TORINESE? Al che io potrò rispondervi: se scrivessi su BruxellesSette, naturalmente, sarebbe diverso, ma non troppo); del fatto poi che io sia o meno un esperto di alligatori, non preoccupatevi. In Italia basta pubblicare un libro per veni¬ re interrogati su ogni genere di cose, dal Viagra alla caduta del rublo al classico quesito che suona: scusi, ma Lei che cosa ne pensa dell'edizione di quest'anno del Festival di Sanremo? Ci si abitua così a rispondere a qualsiasi curiosità, e sebbene il bagaglio delle proprie conoscenze rimanga inalterato, quello delle risposte prét-à-porter ingigantisce giorno dopo giorno, inesorabile. Una volta, a Firenze, in una scuola, mi hanno chiesto come mai, secondo me, gli intellettuali italiani di questi nostri giorni abbiano un ruolo tanto meno importante nei confronti della società in cui viviamo rispetto a quello avuto dagli intellettuali francesi all'epoca della Rivoluzione Francese. Francamente non ricordo che cosa mi sia uscito di bocca, ma sono sicuro di aver pronunciato una serie di suoni in cui le consonanti si alternavano alle vocali, intervallate da brevi pause e segni di interpunzione. Per fortuna la domanda successiva riguardava i noti rapporti tra le giovani leve della narrativa italiana e la musica rock, pop, mazurka o chacha-cha, e lì ho davvero dato il meglio di me. Appuntamento, dunque, alla prossima settimana: ricordatevi solo di iniziare le vostre missive con la frase «Scrittore, ti voglio parlare», in modo che mi sia possibile distinguerle dalla corrispondenza privata.

Persone citate: Moretti, Sono, Tamaro

Luoghi citati: Firenze, Italia, Madrid, Monopoli, Sanremo, Torino