LE STESSE COSE RITORNANO di Paolo Ferrari
LE STESSE COSE RITORNANO LE STESSE COSE RITORNANO L'ultimo exploit di Giaccone compositore e cantante anarchico A più di vent'anni Stefano Giaccone è un tassello imprescindibile della musica radicale italiana. Fondatore dei Franti, ha militato negli Issi, ha assunto le sembianze di Tiro Fisso, si è cimentato con il teatro, ha collaborato con un'infinità d'altri gruppi e progetti. Al momento di pubblicare il primo vero album solista a proprio nome, il rocker torinese ha ancora una volta spiazzato tutti. «Le stesse cose ritornano», realizzato con Lalli e componenti di Perturbazione e Bandamanera, è pubblicato dall'etichetta ligure On/Off a firma Tony Buddenbrook, ennesimo, inatteso alter ego del trentanovenne compositore, sassofonista, chitarrista e cantante anarchico. Perché uno pseudonimo e perché proprio questo? «Il nome, nella nostra società, è un po' tutto, serve per vendere, per identificare. Così io lo cambio sempre, magari per sfuggire anche a me stesso -spiega Giaccone- In questo caso, quando il lavoro era finito mi è sembrato che fosse troppo dentro me stesso. Firmarlo con un altro nome mi ha aiutato a ristabilire un certo distacco. C'è anche disillusione, in quasi quattro anni dedicati interamente alla musica non tutte le cose sono andate bene. Tony Buddenbrook è una piccola storpiatura, ho messo la ipsilon al nome per farlo sembrare un cantautore italo americano, di quelli che trovi nei ristoranti di Little Italy. In realtà è un personaggio de "I Buddenbrook" di Thomas Mann. Una donna che si sposa due volte, con due fallimenti, ma alla fine resta l'ultima in famiglia, ne detiene la memoria». E tu che memoria detieni? «Non è che mi voglia prendere sulle spalle il peso di una memoria collettiva, è soltanto il mio mòdo di stare nelle cose, una maniera per non sentirmi solo. Mi piacerebbe che l'album per qualcuno rappresentasse ciò che per me sono stati altri dischi o libri, cose che ti fanno sentire parte del genere umano. O meglio, della parte di esso che ha una certa visione della vita. Occorre un certo distacco, per cui ho cambiato il nome. E una certa ironia, possibilmente». Però nel disco prevale la malinconia... «Uso spesso la parola ironia proprio perché mi manca. Le cose che mi piacciono hanno un taglio molto blues, malinconico, che viene fuori in ciò che poi faccio. Animiro molto chi, come Paolo Conte e Tom Waits, sa essere malinconico ma anche ironico. Io non ci riesco, almeno nella musica. Eppure, nella vita non sono certo uno che si prende troppo sul serio. Mi piace vivere, non ho uno sguardo depressivo sulle cose». C'è una breve traccia nel ed che si intitola «19 marzo 1977 ore 8,30». Cosa capitò quel giorno, a quell'ora? «E' appena uscito un libro che racconta la storia dei Cangaceiros, il circolo del proletariato giovanile di cui facevo parte allora. Nella ricostruzione del libro è il momento in cui av venne l'occupazione della palazzina di corso Orbassano». Paolo Ferrari
Persone citate: Giaccone, Lalli, Paolo Conte, Stefano Giaccone, Thomas Mann, Tom Waits, Tony Buddenbrook
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