Che storia!
Che storia! Sfortunato grillo parlante Che storia! IL 27 febbraio del 1960 moriva Adriano Olivetti. In quel momento la Olivetti stava già producendo da un paio d'anni l'Elea 9000. L'Elea 9000 era un computer. Non un personal computer come quelli di oggi, all'epoca ci voleva uno stanzone grande come una palestra e pieno di valvole e transistor e nastri, per fare cose che i nostri portatili contengono in un micro-chip, ma per quel momento l'Elea 9000 era roba d'avanguardia. Se chiedete agli olivettiani vi diranno che all'Ibm non erano così avanti... Forse alla fine degli Anni Cinquanta, proprio nel campo dell'avvenire, l'elettronica, facevamo mangiare polvere alle multinazionali americane, producevamo computer migliori dei giapponesi. E tutto questo accadeva ad Ivrea, una piccola città ai piedi delle Alpi, una periferia... I centri erano altrove: il centro era Torino, era corso Marconi, no? Infatti tutti correvano verso il centro... Erano anni, quelli, in cui arrivavano migliaia di persone dal Sud, secondo un modello di sviluppo pazzesco. A Ivrea no. A Ivrea, Olivetti parlava di equilibrio città-campagna, di una fabbrica al servizio della città piuttosto che di una città al servizio della fabbrica, parlava di elettronica, di computer. Ci sono molte ragioni per cui si fa uno spettacolo su un argomento piuttosto che su un altro. Di sicuro, sempre, parliamo di quello che ci sta accadendo. E quello che ci accade sono grandi istituzioni prepotenti che monopolizzano le risorse, e dall'altra parte costellazioni complesse di piccole realtà vivaci che devono cavarsela da sole. Ed è così dappertutto, dall'industria agli enti culturali. Così il rischio è di avere per le mani il futuro e di ucciderlo a colpi di indifferenza. E' che i centri non sono più le grandi istituzioni e che bisognerebbe fare dei progetti per capire dove sono, oggi, i centri, e dargli spazio. Adriano Olivetti era un fanatico del progetto. La cultura del progetto... Per lui progettare era qualcosa di spontaneo, fisiologico. Per Adriano progettare voleva dire, semplicemente, che prima di fare qualcosa bisogna prepararsi bene. E per prepararsi bene bisogna guardarsi intorno, sentire e vedere quello che succede... Guardare e ascoltare con pazienza... Per i progetti ci vuole pazienza, ci Vuole tempo... A Torino ci sono molti progetti in corso da tempo, situazioni di cui è già possibile cogliere non solo potenzialità, ma risultati concreti. Queste esperienze sono nate fuori dalle grandi istituzioni. E spesso hanno continuato ad essere emarginate anche dopo che avevano dimostrato di avere buone idee, di saper inventare e produrre. In questo momento il progetto potrebbe essere: rompere questo circolo vizioso. Ecco: la cultura del progetto, potrebbe essere, prima di tutto, ristabilire degli equilibri: questione di pari opportunità, in fondo. Ci sono molte ragioni per cui si sceglie quell'argomento per farci uno spettacolo. Nel caso di Olivetti una ragione è che non sempre vince chi ha ragione. Adriano Olivetti andava a costruire una fabbrica a Pozzuoli nel 1954, spendeva su ricerche pazzesche come i cervelli elettronici, per i suoi operai chiamava giovani architetti che sarebbero diventati maestri, come Ludovico Quaroni, a progettare e costruire un villaggio a Matera. Un grillo parlante che ha perso. Ma, adesso possiamo dirlo, no? Ha perso, ma forse aveva ragione lui. C'è un sacco di ragioni per fare uno spettacolo, ma alla fine la ragione è: raccontare una storia. E quella di uno che perde tutto perché aveva ragione è sempre una gran bella storia. Gabriele Vacis
Persone citate: Adriano Olivetti, Gabriele Vacis, Ludovico Quaroni
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