CANZONI A RACCOLTA

CANZONI A RACCOLTA IVANO FOSSATI AL LINGOTTO CANZONI A RACCOLTA La ricerca continua della magica alchimia Ivano Fossati sarà al Lingotto 1*8 settembre alle 21 col figlio Claudio, Mario Arcari, Srefano Melone e Beppe Quirici. OUELLA di Ivano Fossati mi è sempre parsa ima storia di accanita, puntigliosa «diversità» molto ligure. Un ragazzo che cresce a Genova negli Anni 60 con 'sto, mito della «scuola genovese dei cantautori» e che nelle corde avrebbe magari qualche pensiero di quelli, qualche «poesia» da musicare fra Brel e Bob Dylan ma se ne guarda bene, non sia mai confondersi nel mucchio e diventare bersaglio delle freccette dei «luoghi comuni». Così si butta sul rock, fra il curio- so e l'eccitato, ma anche lì non sceglie la musica spataccosa e hard progressive che va di moda (siamo nei 70) ma annusa, sceglie, mescola, incidendo molto ma (il moto è apparente) muovendosi in realtà con molta circospezione. Insomma, se «la costruzione di un amore» è opera lenta e faticosa, altrettanto «la costruzione di uno stile». Per non sbagliare, per non dar adito a equivoci, per non essere troppo «facile» o «solito», Fossati interpreta i primi quindici, facciano quasi vent'anni della sua carriera come una sorta di lunga «prova generale», buttando h qualche grande idea e grande spunto ma lasciandoli come in sospeso, in un guscio che non è mai forma definitiva. Poi, succede qualcosa. Non saprei dire di preciso quando, se con «La pianta del tè», il disco dell'88, o con «Discanto», quello del '90. Io ricordo solo lo stupore, e l'emozione di quel bellissimo tour del '92-'93, da cui per fortuna vennero tratti non uno ma due CD dal vivo. Lì trovai un altro Fossati, e non solo per le canzoni nuove (e nel frattempo era uscito «Lindbergh»). Era proprio tutta la musica che respirava diversamente, erano brani vecchi e gloriosi che avevano preso un bagno di luce, colori e profumi e da Genova, dalla sua città ritrovata infine come «una moglie ossuta, metodica e musona», erano salpati verso il Real World di Peter Gabriel o la Graceland di Paul Simon, seguendo l'idea più che il percorso del «cugino» De André di Creuza de Ma'. In quei concerti splendidi la «fusione calda» di Fossati poteva dirsi compiuta; si vedevano i fumi dei suoi grandi amori, dai cantautori americani come Randy Newman a Chico Barque e ai «tropicali», dal soft jazz alla più nobile chanson francese, ma tutto era puntigliosamente, risolutamente originale, in equilibrio fra gli umori e le passioni, i tormenti e le delusioni dì un tipo «per niente facile» che, come si diceva all'inizio, ha fatto della «specialità» il suo punto d'onore. Non piacquero solo a me quei dischi, credo che Fossati stesso capì che era scattato qualcosa; ma chi immagina che quello potesse essere un «punto d'arrivo», magari un modello a cui adeguarsi, be', non conosce 0 tipo. Così sono tornate le prove, è riemerso il gusto di rifare e rimodellare; e «Macramè», per dire l'ultimo disco, si è spostato verso qualcosa di meno arioso e felice, una musica più filosofa, introversa, più pelle e ossa. Insomma, mi sembra chiaro che alla fine tutta questa vicenda vada vista come un grande, mutevole, incerto work in progress. In parole povere: Ivano Fossati non ha ancora inciso il suo grande disco decisivo e ogni giorno in studio, ogni sera in scena è sempre una prova alla ricerca di quella magica alchimia che un giorno verrà. Magari è un limite ma è più facile che sia una benedizione, e un complimento: verso i 50 in musica di solito è il contrario, si comincia a vivere di rendita e si spargono incensi sul «grande avvenire dietro le spalle». Riccardo Bertoncelli Appuntamento con Ivano Fossati all'Auditorium del Lingotto

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