Mal di montagna

Mal di montagna Mal di montagna Prima ricerca fatta su grande scala ■ MPROWISO affaticamento, I nausea, difficoltà di respiro I e forte mal di testa. Talvolta vomito. In casi fortunatamente rari, coma ed edema polmonare. E' il «mal di montagna». Colpisce una persona su due sopra i 2500 metri di quota. In Italia ogni anno almeno venti persone muoiono per le conseguenze di un edema polmonare in alta montagna. I primi sintomi, dicono gli esperti, si presentano qualche ora dopo l'arrivo in quota, non durante lo sforzo. Un segnale inconfondibile è la tosse secca. Se curata in tempo, la patologia può essere debellata. Un altro dato: l'incidenza sulle Alpi è del 5,2 per cento, rispetto alle altre zone montuose italiane ed europee. Il mal di montagna, insomma, diventa oggetto di un'indagine epidemiologica. Due équipe di medici sono salite per quindici giorni nel rifugio più alto d'Europa, la Capanna Regina Margherita, a 4600 metri sul Monte Rosa, per monitora¬ re oltre trecento fra alpinisti ed escursionisti. Tutte cavie volontarie, arruolate sul posto, che si sono messe a disposizione degli esperti dell'Università di California (San Diego) e della Clinica del Lavoro e riabilitazione Fondazione Maugeri di Veruno (Novara). Con loro hanno collaborato tecnici del club alpino. L'indagine è partita da un'ipotesi precisa: i soggetti che a livello del mare presentano volumi polmonari più piccoli, per quanto nella norma, sarebbero maggiormente disposti allo sviluppo dell'edema polmonare d'alta quota di coloro che hanno invece volumi polmonari più ampi. Lo studio è stato compiuto in tre momenti : all'arrivo alla stazione della funivia di Alagna, in Valsesia, all'arrivo al Regina Margherita e dopo 24 ore di permanenza, il giorno successivo per coloro che hanno pernottato in questo albergo alpino tra i ghiacciai. Esami non invasivi, comprendenti anamnesi cardiorespiratoria e farmacologica, prove spirometriche, determinazione del fattore di transfer per il monossido di carbonio, radiografia del torace, elettrocardiogramma. Il 60 per cento delle «cavie» erano italiani, gli altri svizzeri, francesi, tedeschi, inglesi e anche due americani. Lo «screening», come spiega il dottor George Cremona, uno dei ricercatori dell'istituto scientifico di Veruno diretto dal dottor Claudio Donnei-, non è fine a sé stesso ma ha una finalità preventiva: «La diagnosi precoce e la terapia cui viene sottoposto un numero sempre più elevato di persone in vacanza in alta montagna non basta ad evitare i malori e gli incidenti rilevati, sovente con gravi conseguenze. Significa, insomma, che l'edema polmonare in montagna continuerà ad essere un problema sanitario nell'immediato futuro», i Primi risultati indicativi: nessuno dei pazienti esaminati presentava patologie particola¬ ri né rientrava tra i soggetti a rischio. Soltanto al termine dell'elaborazione dei dati si avrà un quadro completo del «campione». Non è la prima volta che l'ambiente dell'alta quota è utilizzato dall'Istituto scientifico di Veruno come laboratorio di indagine per studiare i meccanismi di adattamento dell'organismo alle condizioni estreme. In collaborazione con l'Istituto di fisiopatologia respiratoria del Cnr di Palermo alcuni anni fa si erano spinti sino ai 5050 metri della piramide del Cnr a Lobuche (Nepal), quasi ai piedi dell'Everest. Dopo quattro settimane di test, i risultati dimostrarono che la funzione cardiaca e il controllo della pressione arteriosa non procedono di pari passo e che sono influenzate dall'attività respiratoria. Ed è proprio la respirazione ad alta quota, con interruzioni e riprese, che frammenta la continuità del sonno causando disturbi e disagi. Gianfranco Quaglia Sul Monte Rosa, nel rifugio più alto d'Europa, 300 alpinisti sotto controllo Sopra, l'arco delle Alpi, un ecosistema minacciato da uno sviluppo economico o eccessivo o insufficiente Qui accanto, la Capanna Regina Margherita sul Monte Rosa dove si è svolto lo studio sul mal di montagna

Persone citate: Claudio Donnei, George Cremona, Gianfranco Quaglia