Le Alpi in pericolo

Le Alpi in pericolo UN ECOSISTEMA AL BIVIO Le Alpi in pericolo Un Rapporto ha lanciato l'allarme UN territorio di 180 mila chilometri quadrati con 11 milioni di abitanti. Un ambiente naturale con riserve di animali e piante proprietà di 43 Regioni e 5800 Comuni che vogliono proteggerne le ricchezze naturali senza perdere di vista il tornaconto. Sono le Alpi, l'ecosistema naturale più vasto dell'Europa Centrale. Dal 1989, le sette nazioni che si affacciano sull'arco alpino - Germania, Francia, Italia, Liechtenstein, Austria, Slovenia e Svizzera - cercano di trovare insieme soluzioni per garantire la qualità di vita delle popolazioni e la salvaguardia delle loro risorse. La Convenzione delle Alpi, che ne è lo strumento per eccellenza, deve essere ancora ratificata da due nazioni: Italia e Svizzera. Rispetto a un centinaio di anni fa, molte zone/ una volta agricole, hanno perduto l'aspetto del paese alpino rurale e stanno pagando a caro prezzo lo sviluppo economico. Molte decisioni adottate dall'Unione Europea in materia di agricoltura, nel campo dell'energia, dei trasporti e del turismo si ripercuotono direttamente su queste regioni. Così, come gli alpeggi abbandonati e l'intensificazione delle pratiche agricole e zootecniche hanno inciso negativamente sul territorio, anche la rimozione dei corsi d'acqua dai loro alvei naturali, le deviazioni verso le grandi centrali idroelettriche e l'utilizzo di spazi sempre maggiori per le più svariate attività commerciali sono segni evidenti di un habitat alpino impoverito per mano dell'uomo. «Una correzione di rotta è possibile» dice Mario Broggi dell'Istituto governativo di ricerca sul bosco e sul paesaggio del Liechtenstein. «Ci riusciremo se faremo in modo che l'agricoltura di montagna, basata com'è su cicli economici e produttivi completi, divenga per tutta l'Europa un esempio da seguire per un uso delle risorse compatibile con le reali capacità di carico ambientali». La commissione internazionale per la protezione delle Alpi, Cipra, un organismo non governativo nato nel 1952, ha deciso di esaminare la situazione con uno studio centrato su tre grandi temi: il paesaggio,'il tempo libero, e i trasporti. Presentato di recente a Trento, il Rapporto sullo stato delle Alpi sottolinea come il territorio montano più industrializzato e antropizzato del mondo possa diventare un esempio di sviluppo sostenibile per tutto il pianeta e dimostrare nei fatti che ecologia ed economia sono collegate e interdipendenti. Infatti, sottolinea lo studio, l'imprenditoria può contribuire alla salvaguardia ambientale traendone anche beneficio economico. Il primo problema della montagna è l'uomo, o troppo presente o troppo assente. Tra l'esodo delle popolazioni montane e l'inurbamento dei fondovalle, a cavallo del secolo scorso, nel passaggio della società da agricola ad industriale, la distribuzione demografica dell'arco alpino ha subito numerosi cambiamenti, sostiene lo studio, ed il quadro generale è diversissimo. Tuttavia ci sono due regioni che offrono un panorama piuttosto omogeneo sull'incremento e sullo spopolamento delle regioni. La prima è la fascia occi¬ dentale delle Alpi Orientali (Baviera, Vorarlberg, Tirolo, Salisburgo ed Alto Adige), dove si registra un incremento della popolazione su tutto il territorio, grazie alle attività turistiche, con crescente urbanizzazione dei fondovalle e dei Comuni montani. La seconda è la fascia ideile.Alpi Sud Occidentali (Piemonte, Liguria e le Alpi francesi meridionali) dove si risente di uno spopolamento generalizzato. In mancanza di un vero e proprio sviluppo turistico montano anche i territori di fondovalle, i primi a crescere, qui sono troppo defilati rispetto ai grandi centri europei per poter registrare alcun incremento demografico. Così, tra l'abbandono dei campi o l'intensificazione degli allevamenti e le molteplici conversioni alle attività commerciali, il territorio alpino è messo a dura prova e, fatta eccezione delle zone isolate dove l'uomo continua a svolgere tradizionalmente la sua attività agricola, le pianure ed i pendii dell'arco alpino subiscono un uso sempre più prepotente ed irrazionale delle risorse. Prendiamo le acque. Oggi il 79 per cento dei corsi d'acqua ha subito interventi tali che praticamente non esistono più torrenti integri ojche non siano stati regimati, sottolinea lo studio. Sistemazione degli alvei e captazione delle acque fluviali per le centrali idroelettriche hanno pesantemente modificato il loro equilibrio naturale, modificandone anche la portata idrica. Per non parlare della qualità delle acque. Ormai l'82 per cento dei corsi d'acqua è di qualità scadente o pessima. Eppure gli habitat acquatici rappresentano la linfa vitale per la sopravvivenza di numerose specie vegetali ed animali... Lo sa bene Harald Platcher, che si occupa di salvaguardia ambientale all'Università di Marburg in Germania e che sta studiando gli ultimi torrenti naturali dell'Europa Centrale dove preziosissime specie dell'arco alpino esistono ancora. Egli sottolinea che, sebbene le specie più interessanti si trovino nei bacini idrografici del Tagliamento, del Lech, dell'Isar e del Piave, solo il Tagliamento, l'unico a disporre di quasi tutto lo spazio che le sue acque occupavano un tempo, può essere considerato il re dei fiumi alpini. Gli altri fiumi hanno subito mutamenti tali da vedere il loro equilibrio naturale gravemente compromesso. Ma l'uomo non devia soltanto le acque. Ha bisogno di nuove strade e di nuovi insediamenti per sfruttare economicamente meglio il territorio. Il benessere diffuso fa spostare più uomini, e anche più merci. Ecco quindi comparire il turismo di massa e la proliferazione di mezzi pesanti lanciati sulle grandi arterie di comunicazione. Come si fa a dire che il turismo è un male per le Alpi quando può vantare un apporto di 25,2 miliardi di dollari Usa all'economia di tutto il comprensorio alpino? Con 60 milioni di presenze annue, senza contare i turisti pendolari di giornata, è difficile sostenere che economicamente non sia un bene. Ma lo è anche per lo stato di salute delle Alpi? Intanto l'Unione Europea deve rispondere alla domanda crescente di trasporti e ha approvato un piano per la costruzione di ben 12 mila chilometri di nuove autostrade nei Paesi dell'arco alpino. Nel 1970, dice lo studio della Cipra, 24 milioni di tonnellate di merci sono transitate attraverso l'arco alpino centrale (tra il Moncenisio, il Fréjus e il Brennero). Di queste, il 79 per cento viaggiava su rotaia e il restante 21 per cento su strada. Nel 1996, la situazione si era capovolta: le merci trasportate erano salite a 85 milioni di tonnellate, e di queste, soltanto il 39 per cento viaggiava su rotaie^ mentre il restante 61 per cento era su strada. In ultima analisi, nel 1996 l'intero arco alpino - da Ventimiglia a Wechsel, a Sud di Vienna - è stato attraversato da 7,4 milioni di mezzi pesanti, che hanno trasportato 138 milioni di tonnellate di merci. Le merci viaggianti su strada rappresentavano il 63 per cento. Secondo gli esperti dell'Unione Europea nei prossimi 20 anni il trasporto merci attraverso le Alpi raddoppierà e quello delle persone dovrebbe aumentare del 50 per cento. E' inevitabile. Ma che ne sarà della flora e della fauna alpine? Francesca Steinman

Persone citate: Francesca Steinman, Harald Platcher, Mario Broggi